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"The Day of the Jackal" raccontato da Eddie Redmayne e Lashana Lynch

Due chiacchiere con i due attori e produttori sulle riprese di una serie realizzata senza mai incontrarsi

The Day of the Jackal raccontato da Eddie Redmayne e Lashana Lynch Due chiacchiere con i due attori e produttori sulle riprese di una serie realizzata senza mai incontrarsi

Se Lashana Lynch aveva già avuto a che vedere con operazioni sotto copertura e affari interni all’MI6, per il premio Oscar Eddie Redmayne era la prima volta. È stato un mago che ha studiato alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e ha scritto un libro su degli animali fantastici, un uomo che si sentiva una donna negli anni Trenta in The Danish Girl e, recentemente a teatro, un performer claunesco per il musical di successo Cabaret. «Non c’è strategia», racconta il vincitore della statuetta per aver interpretato Stephen Hawking ne La teoria del tutto del 2015 e ora protagonista insieme alla collega Lynch della miniserie The Day of the Jackal. «Quando scelgo un copione è l’istinto a guidarmi. Se leggendo una sceneggiatura ti viene una sorta di nodo allo stomaco allora capisci che devi accettare. Nella mia carriera, ad oggi, ho fatto molti drammi d’epoca arrivando recentemente agli anni Novanta con The Good Nurse e con The Day of the Jackal sono finalmente giunto alla contemporaneità. Non sapete quanto ero contento di non dover indossare un colletto rigido.»

@hellosky From Eddie to enigma. How prosthetics bring The Jackal to life. #thedayofthejackal #eddieredmayne #bts #transformation original sound - Sky

Nato a Londra, formatosi all’Eton College e studiata storia dell’arte al Trinity College di Cambridge, per Redmayne lo show ideato da Ronan Bennett è qualcosa di lontano dal suo trascorso, a differenza della collega Lynch che aveva già avuto a che fare con il genere spy. Classe ’87, origini giamaicane e riconosciuta dai BAFTA nel 2022 come miglior stella emergente, l’attrice era una pilota e miglior amica di Brie Larson in Captain Marvel, mentre è stata una 007 per il capitolo conclusivo della saga degli James Bond capitanati da Daniel Craig con No Time to Die. Stavolta l’interprete veste i panni di Bianca, un’agente dei servizi segreti britannici alla ricerca di un criminale che si guadagna da vivere uccidendo le persone su commissione. «Abbiamo lavorato su Bianca cercando di renderla appetibile per il pubblico, ma non ne volevamo intaccare l’ambiguità. Serviva mantenere un interrogativo costante sulla sua morale, metterla continuamente in dubbio, come ho cercato di fare con tanti dei personaggi che ho interpretato in questi anni», spiega Lashana Lynch, che insieme a Redmayne è anche tra i produttori della serie. E aggiunge: «Con Eddie abbiamo un approccio produttivo molto simile, dovuto alle conversazioni che abbiamo avuto con registi, team e altri produttori nel corso del tempo. Mi sono immersa in un lavoro di scoperta, sia quando dovevo studiare il personaggio di Bianca, che osservando la strada che Eddie stava tracciando per il suo sciacallo». Una vera caccia alla gatto col topo in cui gli attori non si incrociavano mai, costruendo due strade parallele e narrative messe però in comunicazione. Una costante presenza in una così evidente assenza. 

@nowit Qualcuno ha detto “talpa”?

«È stata una delle esperienze più strane della mia vita», ha commentato Redmayne. «Non ci siamo mai visti. Ci siamo incontrati in palestra circa tre mesi prima di iniziare le riprese, poi per il resto dello show quando Lashana era a Londra, io ero in Croazia, quando io ero a Budapest, allora Lashana era in Croazia. La nostra amicizia si è formata attraverso gli elementi in ballo per la produzione. Siamo entrambe persone a proprio modo ossessive, meticolose, abbiamo instaurato un dialogo continuo che andava dai copioni al montaggio, fino agli effetti e alla musica». Due personaggi, ognuno col proprio obiettivo, inseriti all’interno di un racconto che è stato prima un romanzo nel 1971 scritto da Frederick Forsyth, poi un'opera per il grande schermo prodotta da Fred Zinnemann nel ’73 e ancora diventato  The Jackal nel ’97, per la regia di Michael Caton-Jones«Sono cresciuto guardando l’originale - racconta l’attore - Quando è arrivata la proposta di Ronan ero in trepidazione perché non volevo massacrare qualcosa che amo, ma non potevo nemmeno ignorare quanto fosse fresca la storia proposta, in grado di mantenere il DNA del testo di partenza, molto vecchia scuola, con un pizzico di eleganza e raffinatezza che si unisce quasi casualmente alla spietatezza dello sciacallo. Una forza propulsiva di cui con Lashana abbiamo voluto esplorare le zone grigie che, per me, sono le più intriganti». E, nel mezzo, non manca qualche scena più movimentata per cui Lynch ha attinto dal suo bagaglio di esperienze. «Con Eddie abbiamo avuto una guida che ci addestrasse su come si usano i riflessi delle finestre e degli specchi per non farti vedere o come filmare qualcuno senza farti notare - continua l’attrice - Sono abilità che potrebbero non servirmi più, ma mi piace l’idea di accumulare competenze acquisite in carriera che possono riversarsi in altri progetti. Ad esempio le armi che ho usato per lo show erano simili a quelle per James Bond, seppure la maniera con cui si approcciano i personaggi è completamente diversa».