Emilia Pérez dimostra come si fa un musical
Altro che Joker: Folie à Deux, la vera sorpresa è il film di Jacques Audiard
23 Ottobre 2024
Il musical del 2024 sarebbe dovuto essere Joker: Folie à Deux. E invece, quatto quatto, è arrivato di soppiatto un drama-gangster-melodramma-musicale in lingua spagnola ambientato a Città del Messico con un trio di attrici da Palma d’oro: Karla Sofía Gascón, Zoe Saldana e Selena Gomez. Il regista e sceneggiatore è il francese Jacques Audiard e il suo Emilia Pérez ha ricevuto anche il Premio della giuria al festival di Cannes, dove è stato presentato in anteprima. Sebbene non siano paragonabili - non per la riuscita, ma per gli intenti - è da notare come mentre il sequel del cinecomic di Todd Phillips abbia fallito nel suo potere intrattenitivo, l’esplorazione del genere danzerino e canoro d’autore viene del tutto centrato dal cineasta de Il profeta e Un sapore di ruggine e ossa. Rivelando ancora una volta il superpotere camaleontico di Audiard, passando con una piroetta e l’altra dal prison drama, al western, alla commedia romantica fino ad arrivare ora al musical, sempre con la stessa leggiadria e agilità. Con la storia di Emilia Pérez, il regista fa un ulteriore rimescolamento del genere aggiungendo un background malavitoso, per un debutto cantato che ha l’irriverenza dei cult di Broadway, spesso in grado di sonorizzare e mettere in versi anche i temi e i racconti più improbabili da musicare. Se, però, l’industria dello spettacolo dal vivo è riuscito a rendere di punta uno show sulla schiavitù e il razzismo come Il colore viola (musical del 2005 tratto dal romanzo premio Pulitzer di Alice Walker e già adattato per il cinema nel 1985 per la regia di Steven Spielberg), non deve certo essere stato d’impedimento il voler raccontare il cambio di sesso di un trafficante del cartello messicano che diventa una donna.
@hollywoodreporter netflix released the full trailer for the upcoming film #emiliaperez, starring #selenagomez, #zoesaldana and #karlasofiagascon original sound - The Hollywood Reporter
Ad aiutare il boss Juan "Manitas" Del Monte, destinato a diventare l’Emilia Pérez (Gascón) del titolo, è l’avvocatessa di Saldana. Stanca, sfiduciata, mastino da tribunale ancora costretta a scrivere le arringhe per altri molto meno bravi, la sua Rita Moro Castro accetta una proposta impossibile da rifiutare, da vero padrino cinematografico. Deve fare ricerche, informarsi, viaggiare per il mondo per cercare il migliore medico e le migliori cure per la transizione del criminale, ricevendo un ingente somma di denaro e rimanendo per sempre legata alla vita del vecchio delinquente, anche quando sarà finalmente Emilia. Ma nonostante la sua esistenza subirà un inevitabile cambio di rotta, passando dal far sparire le persone al volerle ritrovare, la novella signora Pérez è decisa a non rinunciare al suo amore più grande, i figli, ricongiungendosi seppur in incognito con la moglie Jessi (Gomez). Ricevuta una chiamata in un bagno da uno sconosciuto, che la porterà ad accettare il ruolo di confidente e ponte tra la vecchia e la nuova vita di Juan/Emilia, il personaggio di Rita/Saldana fa una considerazione lucidissima: «Ho tutto da guadagnare» (mentre, come spesso avverrà nel corso del film, inizia a ballare e a cantare). La posta in gioco è alta, Manitas è il più sanguinoso dei capi del cartello, ma la terra che Audiard inquadra pulsa “di amore e di violenza”, un binomio che spingere chiunque a salvarsi, come un intero coro intona nella frenetica e scattosa scena iniziale. La massa si muove, avanza e si sposta per i vicoli e le strade della capitale latina, che restituisce fin dal primo impatto il fervore che vedremo sullo schermo e che sentiremo con la colonna sonora di Clément Ducol e Camille. Calda, psichedelica, dirompente. La musica detta le atmosfere di Emilia Pérez, mentre la regia si adatta di volta in volta ai numeri musicali e alle sue protagoniste. Come due dei momenti trascinati da Selena Gomez, con un’estetica da videoclip che si abbina al portato culturale e pop di un’icona generazionale che ha frequentato anche l’industria discografica.
Il dualismo alla base di Emilia Pérez, che esplode al punto di trasformarsi in una moltitudine, va dall’uomo che diventa donna al criminale che diventa benefattrice, mentre l’assurdo e l’umano, il grottesco e i rapporti umani si alternano mantenendo saldo il nucleo della pellicola: le sue attrici. Di cui è da lodarne l’intuizione di aver accettato una sceneggiatura inusuale, insolita, con testi in cui si canta di vaginoplatiche. C’è del genio anche nel riconoscere il genio stesso e loro lo hanno fatto. Basta vedere Édgar Ramírez, che seppur per una parte minuscola non ha voluto rinunciare alla possibilità di partecipare ad uno dei film dell’anno. Nel tripudio di diramazioni che Emilia Pérez apre, Jacques Audiard realizza un’opera audace, barocca, le cui deflagrazioni scoppiano con imprevedibilità nel film, che si interroga su cosa significa cambiare corpo, e se comporti un cambiamento anche dell’anima e della società. Come la mente debba conformarsi all’involucro esterno, con i sentimenti primordiali - l’amore, la genitorialità, anche l’amicizia - che restano lì, pronti, con la mano sul detonatore. E che i musical d’autore (il cui lavoro più vicino, pur distantissimo per confezione e tematiche, è l’estenuante e magnifico Annette di Leos Carax) possono stimolare l’immaginazione di un regista che, nel caso di Audiard, ha l’abilità di tenere con attenzione, ma mai con rigidezza, le fila di una narrazione difficile da contenere, ma che si può solo guardare, ascoltare, ammirare. Una pellicola che osa e ama osare.