
La Thailandia sta diventando la nuova powerhouse asiatica
Sorpassando persino la Corea del Sud
10 Febbraio 2025
Quando una nazione riesce a raggiungere un’egemonia culturale, riesce a far parlare di sé anche nel polo opposto e si addentra sempre più facilmente in spazi storici, diventa una powerhouse. Nel continente asiatico, negli ultimi dieci anni, dopo una grande influenza cinese, tutti i riflettori erano puntati sulla Corea del Sud: l’avevano chiamato “hallyu” (k-wave o in italiano “ondata coreana”), quel fenomeno che ha visto la penisola coreana addentrarsi in qualsivoglia settore della moda, del beauty e dell’intrattenimento. Stagione dopo stagione, i K-pop idol sono diventati habitué delle più grandi sfilate del calendario della moda, la skincare coreana ha raggiunto livelli di viralità senza precedenti e Seoul è diventata la nuova Hollywood – tra i K-drama in cima ad ogni classifica delle piattaforme streaming e le produzioni cinematografiche che sono arrivate persino a vincere la statuetta più ambita del cinema. Nell’ultimo anno, però, tra una sovrasaturazione del mercato e le crisi socio-culturali delle industrie, sembra che l’interesse verso il mondo coreano si stia affievolendo. Nel mentre, un’altra nazione del continente asiatico sembra ottenere sempre più trazione, la Thailandia. Una volta considerata solo un paradiso turistico, il Paese del sud-est asiatico sta diventando la nuova Mecca del lusso e le celebrità thai stanno accumulando lo stesso zeitgeist degli idol e degli attori coreani. Potrà il 2025 consolidare questa powerhouse emergente?
L’ascesa della Thailandia nei cuori del pubblico generale è stata fortemente influenzata dal successo dei BL (Boy’s Love) thailandesi, un nuovo tipo di serie che ha ottenuto un enorme riscontro internazionale negli ultimi anni. I BL – come suggerisce il nome – sono drama televisivi incentrati sulle storie d’amore tra due uomini, spesso caratterizzate da trame lunghe e travagliate, con un susseguirsi di vicissitudini che impediscono ai protagonisti di trovare pace e felicità. Secondo il quotidiano thailandese The Nation, l’industria dei BL ha rappresentato un punto di svolta per l’export culturale del Paese, tanto che, secondo le stime di SCB EIC, il mercato delle serie BL genererà oltre 4,9 miliardi di baht (circa 130 milioni di dollari) di ricavi entro il 2025. Il segmento, che nel 2019 costituiva appena lo 0,7% del valore della produzione mediatica thailandese, è destinato a crescere fino al 3,9% nel 2025, con un incremento medio annuo del 17%. La domanda per questo tipo di produzioni ha reso i BL una delle forze trainanti dell’industria dell’intrattenimento in Thailandia, spingendo il governo e le istituzioni locali a considerare strategie di supporto per consolidare la posizione del Paese nel mercato internazionale. Se la Corea del Sud ha costruito il proprio soft power con il K-pop e i K-drama, la Thailandia sembra aver trovato nei BL il suo cavallo di battaglia per conquistare l’immaginario globale. Le ragioni sono diverse, ma in primis c’è l’attenzione per il pubblico femminile, target principale di questi media, insieme all’opportunità colta dall’industria thailandese di coprire un genere poco rappresentato nei media di massa.
Il successo è stato tale che, negli ultimi due anni, le front row dei più grandi show della fashion season si sono pian piano riempite della nuova generazione di global ambassador thailandesi. Tra i principali ci sono Apo Nattawin (protagonista del BL cult KinnPorsche), che durante la stagione SS25 è riuscito persino a eclissare Jisoo delle Blackpink per l’EMV (earned media value) più alto della sfilata di Dior; mentre Gucci ha scelto Gulf Kanawut Traipipattanapong come star della campagna FW24, intitolata proprio “Seize the Day with Gulf”. Più recentemente, a fine 2024, Valentino ha annunciato l’attore-cantante Jeff Satur come nuovo ambassador della Maison, rendendolo il primo sud-est asiatico nella storia del brand a ricoprire questo ruolo. Dopo il mese della moda di settembre, i dati di Launchmetrics per la stagione SS25 avevano confermato l’ascesa delle celebrità thai. A livello di impatto mediatico generato dalle celebrity (MIV, Media Impact Value), le star thailandesi e filippine si sono classificate rispettivamente al primo e secondo posto. Nel complesso, la quota di MIV derivante dal coinvolgimento di celebrity è passata dal 8,6% della stagione SS23 al 18% negli ultimi due anni, mentre quella degli influencer è scesa dal 18,9% al 15%. Hanno beneficiato anche i media tradizionali, passati dal 55,5% per la SS23 al 58% per la SS25. Le sole celebrità thailandesi hanno generato oltre il 30% del MIV globale trainato dalle performance di Apo Nattawin, Freen Sarocha e Rebecca Patricia Armstrong, che con la sua prima sfilata da guest di Chanel aveva sorclassato Jennie, membro delle Blackpink e musa della Maison.
Per quanto riguarda la moda, non è solo il “front-end” ad aprire sempre di più le porte alla Thailandia. Se la Shanghai Fashion Week continua ad avvicinarsi alle Big 4 stagione dopo stagione e i designer coreani aumentano a dismisura nei calendari principali (basti pensare al recente debutto di Miss Sohee nell’Haute Couture), anche i creativi thailandesi si stanno affermando sulla scena internazionale. Secondo quanto riportato da WWD, infatti, nella prossima New York Fashion Week si terrà un evento intitolato “One Night in Bangkok”: una serata prevista per l’11 febbraio presso l’Ideal Glass Studios interamente dedicata a quattro designer thailandesi. L’iniziativa, presentata dal Thai Trade Center New York, dal Ministry of Commerce Thailand e da Future Treasure, vedrà la presenza dei brand Vinn Patararin, Matter Makers, Merge e Victeerut e sarà curata da Tan Sawaddichai e style-curated da Sarunrat Panchiracharoen. I dati riportati da WWD indicano un mercato in forte espansione, si stima che nel 2023 le vendite di e-commerce per la moda thailandese raggiungeranno i 276,4 miliardi di dollari, con la maggior parte di questi ricavi generati in Cina. Entro il 2029, poi, il numero di utenti interessati al settore fashion in Thailandia dovrebbe raggiungere i 18,1 milioni di persone. L’obiettivo dichiarato dell’evento di New York è proprio quello di ampliare il giro d’affari anche verso gli Stati Uniti, mostrando la versatilità e il potenziale creativo dei designer thailandesi a un pubblico più vasto e internazionale.
We have K-pop & K-drama in books, now I wanna see the Thai wave coming strong in stories and YES MARK MY WORDS ILL WRITE ONE SOMEDAY!!
— J-Nike is writing/querying (@Jnike9393) February 15, 2024
Se prima era solo speculazione, ora è un dato di fatto: la Thailandia non è più un mercato secondario e, anzi, sta mettendo in piedi le fondamenta di quella che molti definiscono la “T-Wave”. Un po’ come è successo alla Corea del Sud all’indomani della crisi del 1997, anche la Thailandia ha colto il momento di incertezza economica del continente asiatico del 2024 per puntare con decisione sulle industrie creative e culturali, individuando nella promozione del soft power una strada cruciale per la crescita. La nomina di Srettha Thavisin a primo ministro nel 2023 ha dato ulteriore impulso a questa visione. La rivista accedemica East Asia Forum ha riportato che il governo punta a creare 20 milioni di posti di lavoro in quattro anni e a generare ricavi annui per circa 4 trilioni di baht (oltre 100 miliardi di dollari), destinando 5,1 miliardi di baht a 11 settori culturali, tra cui cucina, sport e festival. L’idea di fondo è semplice, trasformare l’economia creativa in un asse portante per l’intero Paese, proprio come ha fatto la Corea del Sud con la “K-wave”. D’altro canto, c’è il rischio di confondere fin dall’inizio l’obiettivo di valorizzare il soft power con il mero sviluppo delle industrie culturali. Alcune iniziative governative, come il progetto “One Family One Soft Power” (OFOS), mirano a formare e potenziare ben 20 milioni di cittadini affinché possano diventare “ambasciatori” della cultura thailandese e raggiungere un determinato reddito annuo. Ma simili progetti rischiano di essere troppo ambiziosi senza linee guida chiare su come verrà svolta la formazione o su quali capacità creative specifiche andranno davvero incentivate.
Sul versante del lusso e del lifestyle, la Thailandia sta vivendo una vera e propria “luxuryfication”. È stato solo lo scorso dicembre, quando Dior ha inaugurato il nuovo concept store a Bangkok, soprannominato “Gold House” per l’imponente facciata di 300 false finestre tutte ricoperte d’oro. Secondo JingDaily, la Thailandia potrebbe persino essere “il nuovo K-Pop”, anche se, per ora, non ha ancora raggiunto il livello di minaccia reale alla supremazia coreana — specie se si considera l’attenzione strategica della clientela cinese, cruciale per decretare un autentico cambio di gerarchie nella regione asiatica. Il governo di Bangkok, dal canto suo, si muove per consolidare quanto costruito. L’attenzione è alle stelle, ma resta da vedere se le il binomio politico ed economico riuscirà a sostenere i settori culturali in modo coerente e, soprattutto, a lungo termine. La Thailandia, oggi, si trova a un bivio: da un lato, la possibilità di compiere il salto di qualità globale e completare la transizione in vera powerhouse culturale; dall’altro, il rischio di disperdere la propria energia in tante iniziative scollegate fra loro. Resta il fatto che la “T-Wave” è in moto e sembra piuttosto difficile fermarla.