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«L'alta moda spesso fa sentire i consumatori inferiori», l’intervista a Kyoichi Tsuzuki

Il fenomeno virale di Happy Victims dopo 15 anni

«L'alta moda spesso fa sentire i consumatori inferiori», l’intervista a Kyoichi Tsuzuki  Il fenomeno virale di Happy Victims dopo 15 anni

Dal 1999 al 2004, il fotografo giapponese Kyoichi Tsuzuki ha visitato trenta appartamenti minuscoli sparsi per Tokyo, immortalando i proprietari circondati dai loro vasti archivi di moda personale. Il libro Happy Victims, pubblicato nel 2008, torna puntualmente rilevante ogni anno grazie ai social media, dove le foto tratte dall’opera riescono sempre a guadagnare migliaia di like. Il libro fotografico, composto da 85 immagini, cattura la giustapposizione tra il caos delle collezioni personali di questi appassionati e il minimalismo estremo degli appartamenti in cui vivevano: spazi spesso spogli, privi di decorazioni, quasi asettici, ma pieni di moda. Dopo 15 anni, questo libro continua a riemergere dagli angoli del web e a conquistare rilevanza sui social media, perché? Secondo lo stesso Tsuzuki: «Se ci sono ancora persone a cui piacciono i “fashion victims”, credo sia perché il giornalismo di moda, anche dopo 15 anni, non ha ancora rivolto la sua attenzione alla realtà. Il progetto consisteva in una serie di racconti a puntate per la rivista Fashion News, una delle pubblicazioni di alta moda più popolari in Giappone all’epoca».  Ricordando le reazioni al progetto, e in particolare quelle del mondo del lusso, il fotografo racconta come inizialmente pensasse che i brand avrebbero accolto l’opera con entusiasmo. Invece, sorprendentemente, il responso fu negativo: «Mi resi conto allora che i brand volevano nascondere i veri consumatori, perché non corrispondevano all'immagine che volevano proiettare».

@offbrandlibrary

Happy Victims - Kyoichi Tsuzuki (2008)

100 - Dean Blunt

In molti dei suoi lavori, Kyoichi Tsuzuki rappresenta il quotidiano, il lato mondano delle cose. Una delle caratteristiche più interessanti e affascinanti di Happy Victims è proprio la demistificazione della moda, che in quegli anni era profondamente legata al glamour. «Dopo aver passato molto tempo a osservare i media della moda, ho capito che l’alta moda tende spesso a creare un’immagine idealizzata, una sorta di fantasia, che può far sentire i lettori insoddisfatti o inadeguati, alimentando così il ciclo del consumo. L’idea alla base di questo progetto nasceva dal desiderio di mostrare a quante più persone possibile che “sono queste le persone che lo indossano davvero”, piuttosto che trasmettere il messaggio: “noi (i brand) vogliamo che siano queste persone a indossarlo”». Happy Victims è, in tutta la sua essenza, una critica al capitalismo e al consumismo, ma riesce anche a offrire uno spaccato sul fanatismo per la moda, rafforzando l’immaginario delle subculture giapponesi di quegli anni. Del resto, anche Nana – l’anime e manga cult dei primi anni 2000 – rappresentava una gioventù disposta a vivere in appartamenti minuscoli e modesti nella periferia di Tokyo pur di avere un guardaroba firmato Vivienne Westwood

Nonostante il passare del tempo, il libro continua a catturare l’attenzione delle nuove generazioni. Evoca una nostalgia per un tempo e un luogo che molti non hanno vissuto, un immaginario distante dalla realtà della maggior parte dei lettori e degli utenti che regolarmente fanno diventare virali gli scatti di questa opera sui social. Una distanza non solo geografica, ma anche culturale: nel 2024 è quasi impensabile che un giovane fashion victim riesca a costruire un archivio così ampio del proprio brand preferito. Anche per questo motivo, il fotografo stesso ha ammesso che difficilmente riprenderebbe il progetto: «Dopo la pubblicazione del libro, ho realizzato alcuni servizi fotografici di follow-up, ma potrebbe essere difficile riprendere quel progetto al giorno d’oggi. Questo perché, mentre vent’anni fa il lusso e lo streetwear erano espressioni chiaramente distinte, oggi il "misticismo" dell’alta moda sembra essere scomparso, avvicinandosi sempre più alle subculture. Penso che l’elemento di desiderio che un tempo esisteva, semplicemente grazie al prezzo elevato, stia svanendo dall’alta moda contemporanea». In un panorama del lusso dove le nuove generazioni possono permettersi al massimo di fare window-shopping a causa dei prezzi proibitivi, Happy Victims rappresenta un mondo alternativo, una realtà perfetta dove un ventenne può essere circondato felicemente da cinque relle di capi d’archivio di Margiela, seppur vivendo in  un appartamento minuscolo.