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Cosa cambierà per la moda dopo la vittoria di Trump?

Il nuovo assetto politico potrebbe avere un impatto duraturo – e non sempre positivo

Cosa cambierà per la moda dopo la vittoria di Trump? Il nuovo assetto politico potrebbe avere un impatto duraturo – e non sempre positivo

La vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi ha aperto un nuovo capitolo per l'industria della moda, che si prepara a un nuovo assetto politico dominato da politiche più restrittive in materia commerciale, un potenziale ritorno al «Made in America» e l’abbandono di diverse policy sulla sostenibilità delle imprese. Con un Congresso, un Senato e una Corte Suprema a maggioranza repubblicana, l'amministrazione Trump avrà un grado di potere politico che, come fatto notare dagli analisti di Al Jazeera, non si vedeva dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Per il suo secondo mandato, infatti, il presidente USA avrà la possibilità di attuare politiche fiscali e commerciali che avranno ricadute sull'industria della moda nazionale e mondiale, tra nuovi dazi, incentivi alla produzione interna e un allentamento delle norme sulla sostenibilità. Al di là della policy, poi, che è un argomento più chiaramente analizzabile, va anche considerato il vasto impatto che la nuova presidenza avrà sul teatro internazionale che in questo momento vede due conflitti infuriare in Ucraina e Medio Oriente e una tensione sempre più alta che circonda Taiwan, il cui controllo è conteso tra Cina e USA. Ecco però cosa possiamo prevedere che cambierà con il secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca.

Politiche Commerciali 

@mogulmindsetmetaverse MAGA Tariffs Talk with Walt Masterson – What’s the Real Deal? Your thoughts? Description: "I’m Michelle Merriwether, your Democratic nominee for Chesterfield Township, Michigan. Walt Masterson is taking to the streets to break down tariffs and their impact on our community. Let’s dive into how these economic policies shape our local jobs, prices, and economy. Your voice matters, and so does staying informed! #ChesterfieldTownship #TariffsExplained #Vote2024 original sound - Mogul Mindset Metaverse/AI

Il commercio internazionale è una priorità per l’amministrazione Trump, che ha confermato l’intenzione di introdurre una tariffa universale tra il 10 e il 20% su tutte le importazioni, con una pesante maggiorazione per i beni provenienti dalla Cina, i cui dazi potrebbero arrivare fino al 60-100% inasprendo la wage war che è stata combattuta negli ultimi anni. Questi cambiamenti avranno un impatto diretto sull'industria della moda dato che il costo di molte materie prime e prodotti finiti importati aumenterà, spingendo molti brand americani a riconsiderare le loro supply chain e a guardare verso produzioni più nazionali o regionali. Nel caso dei brand europei, l’aumento dei dazi sulle importazioni potrebbe influire sul prezzo finale di abbigliamento e accessori prodotti in Italia, Francia e Portogallo sbilanciando l’equilibrio dei prezzi a favore dei brand USA. Se Harris avesse vinto, invece, avrebbe forse evitato l’imposizione di un dazio generalizzato, che considera una “tassa aggiuntiva” sulle famiglie americane. Nella sua analisi politica, WWD ha scritto: «Lunedì, la National Retail Federation ha dichiarato che il piano tariffario di Trump ridurrebbe la capacità di spesa degli americani di 46-78 miliardi di dollari all'anno, con i consumatori che pagherebbero fino a 13,9-24 miliardi di dollari in più per l'abbigliamento per coprire i dazi».

Le tasse sui ricchi

Durante la campagna elettorale, Trump ha promesso di mantenere ed estendere molte delle disposizioni del Tax Cuts & Jobs Act del 2017, in scadenza alla fine del 2025, introducendo al contempo nuovi tagli fiscali. La sua proposta include una riduzione dell'aliquota fiscale per le imprese dal 21% al 15%, un cambiamento che, secondo l’analisi di Tax Foundation riportata da CBS, rappresenterebbe il sesto taglio fiscale più grande dalla Seconda Guerra Mondiale. Le sue proposte di taglio delle tasse tendono a favorire proprio i redditi più alti e le grandi imprese. La riduzione delle tasse sulle imprese avvantaggerebbero in particolare le grandi aziende e i loro investitori, che spesso appartengono a fasce di reddito elevate. Anche sul piano delle imposte personali, i maggiori beneficiari dei tagli promessi sarebbero i contribuenti ad alto reddito. E anche se le tariffe sulle importazioni potrebbero colpire indirettamente anche i ricchi, non lo farebbero in modo significativo considerati i benefici dei tagli fiscali. Le tariffe agirebbero come una sorta di tassa indiretta per tutti i consumatori, aumentando il costo dei beni importati, e quindi il costo della vita, per tutti. Sebbene questa "tassa nascosta" influenzi anche le persone benestanti, l'impatto percentuale sarebbe maggiore per i redditi medio-bassi, mentre i redditi alti, che beneficerebbero dei tagli diretti, ne risentirebbero in misura minore. Harris, invece, ha proposto un piano fiscale che si concentra sull'incremento delle tasse per le imprese e per i redditi più alti, senza aumentare il carico fiscale per chi guadagna meno di 400.000 dollari. Harris prevedeva di aumentare l'aliquota fiscale per le imprese dal 21% al 28%, una mossa mirata a finanziare programmi sociali e ambientali. Il suo piano includeva anche un credito d'imposta di 6.000 dollari per i genitori di neonati e un nuovo credito di 25.000 dollari per l'acquisto della prima casa, beneficiando soprattutto le famiglie a basso e medio reddito. Secondo il Penn Wharton Budget Model, le famiglie con redditi elevati, in particolare il top 0,1% che guadagna oltre 14 milioni di dollari annui, vedrebbero le proprie tasse aumentare di circa 167.000 dollari all'anno.

La Sostenibilità

La sostenibilità è un aspetto cruciale per l’industria della moda, ma sotto Trump la spinta verso pratiche sostenibili potrebbe rallentare. Le politiche da lui proposte prevedono meno regolamentazioni e nessuna imposizione stringente per l’adozione di materiali e processi ecologici. Un dato potenzialmente interessante, invece, potrebbero essere i potenziali incentivi per i marchi che riportano la produzione negli Stati Uniti, spingendo una "sostenibilità locale" legata più alla riduzione delle importazioni che alla sostenibilità in senso ambientale. Paradossalmente però potrebbe verificarsi un effetto opposto sul fast fashion: durante l’ultima amministrazione Trump infatti Shein aveva trovato una scappatoia legale riuscendo a eludere il 24% delle tasse, come spiega qui Wired. Trump ha promesso di intervenire su questa scappatoia con una riforma del “de minimis”, una norma commerciale che consente l’ingresso duty-free negli Stati Uniti per beni di valore inferiore a $800. Questa esenzione, utilizzata da giganti del fast fashion come Shein e Temu per importare prodotti a basso costo, potrebbe essere ridimensionata sotto l’amministrazione Trump, limitando il vantaggio competitivo di queste aziende estere a favore della produzione nazionale. La proposta del “FIGHTING for America Act” potrebbe diventare realtà, vietando l’utilizzo della norma “de minimis” per prodotti sensibili come tessuti e pellami. Con Trump alla Casa Bianca, le politiche climatiche stringenti saranno probabilmente marginalizzate. L’amministrazione ha indicato che non ci saranno nuove regole rigide in merito alle emissioni, lasciando ampia libertà all’industria della moda di scegliere se e come adottare pratiche a basso impatto ambientale. Sebbene un meccanismo di adeguamento del carbonio potrebbe ancora essere considerato per proteggere la competitività americana, l’obiettivo principale sarà garantire la produzione a costi più bassi.

Il Made in USA

Trump ha promesso di rilanciare la produzione interna negli Stati Uniti, puntando a incrementare il "Made in USA" per rendere l'economia americana meno dipendente dalle importazioni, in particolare da quelle cinesi. Parallelamente, Trump ha anche promesso incentivi per le aziende che investono nella produzione domestica. Durante la sua presidenza, aveva già introdotto agevolazioni fiscali per le imprese manifatturiere, con un credito d'imposta del 20% per i nuovi investimenti negli Stati Uniti. Con la sua seconda vittoria, Trump punta a estendere ulteriormente queste agevolazioni, proponendo di eliminare completamente le imposte sui guadagni derivanti da investimenti in infrastrutture produttive americane, al fine di attrarre capitali e creare nuovi posti di lavoro. Secondo le proiezioni del suo staff, queste misure potrebbero portare alla creazione di circa 1 milione di posti di lavoro nell'industria manifatturiera entro il 2027. L'obiettivo di Trump è riportare la produzione interna a livelli più competitivi, soprattutto in settori strategici come tecnologia e automotive. Secondo il Peterson Institute for International Economics, però, citato da WWD, il piano tariffario di Trump potrebbe anche ridurre il PIL degli Stati Uniti dello 0,5% all'anno, a causa della minore competitività di prodotti e servizi americani all'estero e del probabile aumento dei costi di produzione interni. Questa combinazione di protezionismo e incentivi alla produzione nazionale segna un cambiamento radicale rispetto alle politiche più globaliste degli ultimi decenni, e mira a creare un'economia meno vulnerabile alle fluttuazioni internazionali e meno dipendente dall’estero.

La cultura

@thenewsmovement We went to a fashion show on Long Island and it was… like this. #ootd #fashion #fitcheck #maga #trump #republican #longisland #newyork original sound - The News Movement

Da un punto di vista di culturale, un po’ come sta accadendo in Cina ma attraverso un tipo di nazionalismo diverso, la presidenza Trump potrebbe influenzare le tendenze della moda verso un consumo “patriottico”, con i marchi nazionali che guadagnano popolarità tra i consumatori. La spinta per il “Made in America” e il patriottismo economico potrebbe incoraggiare un’estetica più incentrata su tradizioni e identità americane che in parte si sta già sviluppando attraverso l’estetica di numerose pop star. Diversa la questione per il lato più “attivista” della moda che potrebbe vedere il rifiorire di una vocazione alla protesta e alla polemica nei confronti dell’establishment, specialmente da parte di brand incentrati sulla sostenibilità o sviluppatisi nel contesto delle numerose comunità queer del paese. L’associazione del classico guardaroba americano ai valori neo-repubblicani e trumpiani (pensiamo ai cappelli camo e alle tenute western) potrebbe anche spingere la frangia più progressista dei consumatori verso nuovi territori o verso la riappropriazione di nuovi immaginari – facendo presumere una futura spaccatura ideologica nel paese con una moda tradizonale, neo-puritana, dedicata al movimento delle trad-wives; e un’altra più avant-garde e politicamente orientata.