Non ci sono più i sample sale di una volta
Che le svendite si stiano trasformando in vere e proprie vendite?
28 Ottobre 2024
Gli insider della moda sono molti: ci sono studenti e talent, PR ed editor, manager grandi e piccoli, insegnanti universitari, modelli, socialites – e tutti di solito si incontrano alle sample sale. Una pratica ormai così familiare che quando se ne parla si usa la formula che si usa normalmente per le visite agli amici: sei andato da Yohji? Sei andato da Tom Ford? Sei andato da Magliano? Da Alaïa? Non sono nomi a caso, ma brand che hanno organizzato svendite a Milano solo nello scorso weekend – e non sono nemmeno tutti. Nei casi delle svendite di più giorni, ci si scambiano anche opinioni: i prezzi erano alti o bassi? Che cosa si trova? E le scarpe com’erano? Gli inviti a queste svendite sono ancora rari e blindati per i brand più commercialmente caldi (quelle del Gruppo Prada o di Kering sono tra le più inaccessibili) ma la cultura del sample sale è diventata adesso così diffusa che ci sono pagine web dove chiunque può gratuitamente iscriversi a un calendario sempre aggiornato. Le migliori, è chiaro, richiedono un invito che per un qualunque fashion insider non è complicato ottenere – in certi casi basta presentarsi e persuadere la PR alla porta per entrare senza problemi. Un altro tipo di svendita è quella mista, il tipo più confusionario, dove (e questo è un nostro sospetto) finisce la merce invenduta di boutique multimarca di tutti i livelli e in cui ci si può ancora pescare un pezzo pazzesco in un mare di brand mediocri o mai sentiti nominare. In ogni caso, negli ultimi mesi, queste svendite sono diventate sempre più frequenti e sempre più care. E qualcosa ci dice che da svendite si stanno trasformando in vere e proprie vendite.
@pretty.frowns The Row sample sale haul with price breakdown and tips on how i found my dream coat omg. So worth the wait! #therow #therowsamplesale #samplesale #samplesalenyc original sound - Isabel
Il mondo delle svendite è anche abbastanza misterioso dato che specialmente per quelle miste non si ha una chiarissima idea sulla provenienza della merce. Come si diceva, in queste svendite miste capita spesso di trovare un 15% di brand propriamente “moda” che possono risalire anche a diversi anni prima o che comunque rappresentano dei fondi di magazzino di qualche multimarca rimasto ovviamente anonimo. Di alcuni brand troppo famosi per essere nominati, si trovano rare volte anche prodotti che costano un terzo del prezzo originale. L’unica certezza è che queste svendite servono a smaltire i capi invenduti. Ne consegue che se vediamo il loro numero aumentare è perché sta aumentando anche la merce che non si vende attraverso i canali diretti. Ma questo aumento delle svendite a cui corrisponde anche un aumento del marketing che le reclamizza e un aumento dei prezzi dei prodotti indica che quella che era una maniera di smaltire i prototipi in eccesso (da qui il termine di sample sale), i capi vecchi rimasti in magazzino (da qui archive sale) o di svendere i prodotti internamente all’azienda (ovvero le private sales) sta diventando sempre di più un business vero e proprio. Una specie di secondo mercato parallelo, alternativo cioè a quello che già le boutique multimarca e i brand stessi fanno attraverso grossisti esteri non autorizzati, che esiste alla luce del sole e che, privo di una grande organizzazione generale, si sta sviluppando a partire da iniziative singole così ricorrenti da formare un sistema di vendita continuativo in tutto e per tutto.
@bigappleshopandeat Maison Margiela Sample Sale at 260 Sample Sale! Lots of Tabis! Shoes & Accessories 60% off clothing 70% off#maisonmargiela #260samplesalenyc #260samplesale 原聲 - BigAppleShopAndEat
Ed è dunque per questo che sia i brand che gli organizzatori di sample sale “esterni” hanno iniziato ad alzare i prezzi: a quella di The Row di qualche settimana fa, a Milano, il pezzo più economico era un berretto bianco da 125€ ma per l’abbigliamento nessun cartellino scendeva sotto i 400€ e c’era persino un piumino imbottito che ne costava 1200€ - non propriamente prezzi per il grande pubblico si direbbe. Dietro questi prezzi spesso molto elevati (anche negli outlet risultano spesso esosi) si nasconde, oltre al naturale e prevedibile lucro, anche un effetto trickle-down degli aumenti dei prezzi in boutique che, però, propagano le difficoltà che i canali primari hanno nel vendere anche a quelli che, un tempo e con discrezione, erano usati per ripulire i magazzini. Insomma, anche chi organizza le svendite si sta facendo avido. L’aumento dei prezzi potrebbe anche coincidere con la maggiore popolarità di tali svendite: con un numero di utenti in evidente crescita, tanto da dover scaglionare gli arrivi degli iscritti in fasce orarie e giorni, è chiaro che operare sconti eccessivamente drastici potrebbe diffondere l’idea (corretta) che è la moda in boutique quella che costa troppo e che il prezzo ridotto corrisponda meglio al vero valore del prodotto finale. Quando la svendita passa da annuale a semestrale e da semestrale a bimensile le cose si sono fatte serie: il brand deve purgare i propri magazzini da tutto l’invenduto e battere cassa. Ma una verità collaterale dimostrata dalla valanga delle sample sale di questi mesi è che forse le vendite sono in crisi, ma non perché il pubblico non voglia comprare. Qual è, per la moda, il vero prezzo di non voler abbassare i prezzi?