Storia degli abiti in metallo
Armatura da guerra e da nightlife
18 Luglio 2024
I film che includono scene di soldati in armatura, con il rumore dei metalli che schioccano quando si scontrano e i movimenti lenti e pesanti, rappresentano una sorta di ASMR non solo per i fanatici del fantasy e di storie antiche. Sarà per questo che le pellicole di guerra continuano a riscuotere un grande successo nonostante i tempi già di per sé guerreschi che stiamo affrontando. Prima Dune, che con outfit che trattengono l’acqua permette di rimanere idratati anche nel deserto, propone un’alternativa all’ultimo grido a quella che un tempo, in film come Il Gladiatore, era appena una tutina in pelle lavorata; poi Furiosa, il prequel di Mad Max, dove la protagonista si costruisce un braccio bionico. È inutile girarci intorno, cercare di trovare un significato filosofico alla passione che l’uomo ha conservato per l’armatura nel corso dei secoli: indossare pesanti costumi in metallo capaci di proteggere dagli attacchi nemici rimane incredibilmente attraente, anche se il Medioevo è già finito da un pezzo. Lo sanno bene heartthrob come Heath Ledger in A Knight’s Tale e Timothéè Chalamet in King, o ancora i possenti Matt Smith in House of the Dragon e Robert Downey Jr in Iron Man. Le linee del completo argentato, quasi anatomiche, ricordano la silhouette dei muscoli, mentre il suo argento brillante porta alla mente la superficie fredda e limpida di uno specchio. In questa inebriante dicotomia tra potere (i muscoli) e vanità (lo specchio), l’armatura rimane un look vincente, sul grande schermo come in passerella. E l’eterna icona Giovanna D’Arco ne sa qualcosa.
L’ultimo esempio di “moda metallica” che abbiamo visto in passerella arriva dalla Couture Week, in particolare dallo show di Nicolas Di Felice in quanto guest designer per Jean Paul Gaultier. Traendo ispirazione da uno dei codici stilistici più noti del designer francese, la cotta di maglia, lo stilista gli rende omaggio con un look minimal ma non per questo lontano dall’immaginario Gaultier: un lungo abito con spacco, completamente trasparente e abbinato a un septum piercing. Erano gli anni ’90 quando l'enfant terrible della moda francese ammaliava il pubblico della fashion industry prendendo spunto da culture e storie ben lontane dal lusso europeo del ventesimo secolo, come la SS94, che narrava dei colori e dei gioielli tradizionali della Mongolia con cascate di argento su tutto il corpo, e la Spring 1998 Couture, che univa il costume della Versailles dell’Età dell’Illuminismo a copricapi tipici dei Tuareg nordafricani. Uno tra i primi designer nella storia a riportare sotto i riflettori l’armatura come elemento stilistico, Gaultier ha costruito negli anni nel bustini a reggiseno conico in metallo e veri e propri guanti da soldato medievale, elementi che appaiono diverse volte nelle sue collezioni come fil rouge di una storia incompiuta, che adesso stanno continuando a scrivere i guest designer della maison.
L’incombere preoccupante del nuovo millennio ha spinto diversi designer a cercare riparo nella storia. Uno tra questi Alexander McQueen, che per la FW98, intitolata Joan, ha offerto una dedica immensa alla figura di Giovanna D’Arco. Tra vestiti in cotta di maglia e copricapi in metallo, lenti da vista rosso fuoco e abiti in pendant altrettanto scintillanti, la collezione ha sposato il fascino maledetto della figura di Joan of Arc a una moda altrettanto perversa, a metà tra il seducente e l’inquietante. La collezione appare su The Face lo stesso anno in un editoriale a dir poco maestoso in cui McQueen stesso viene fotografato nelle vesti di soldato. Ritroviamo la maglia metallica in passerella per la SS00, quando per il suo primo show a New York, McQueen manda in scena una delle sue collezioni più controverse. Titolata Eye, abbina i codici stilistici della tradizione araba e della religione islamica come il burka, la kefiah e il kajal a silhouette che lasciavano intravedere molto, se non tutto, il corpo delle modelle. Alcuni dei look erano caratterizzati da vere e proprie armature realizzate con placche in argento collegate tra loro che ricordavano lo stile degli hirz (talismano) medio orientali, anche se a indossarli erano top model come Gisele Bündchen.
Prima di Gaultier e di McQueen, o di altri ancora che del metallo hanno fatto un elemento da lingerie (come Thierry Mugler), uno dei primi designer che hanno intravisto il potenziale dell’argento è stato Paco Rabanne. Assieme ai colleghi André Courrèges e Pierre Cardin è stato uno dei fondatori del movimento Space Age, un’estetica che univa passato e futuro attraverso l’utilizzo di materiali come, appunto, il metallo. Invece di ago e filo, Rabanne era solito cucire i vestiti sui corpi delle modelle con l’aiuto di un paio di pinze (Coco Chanel lo chiamava un «metallurgista» della moda), che a volte dava in dotazione alle clienti così che potessero costruirsi i look a proprio piacere. Gli abiti avanguardisti di Rabanne erano molto apprezzati nel mondo del cinema e della musica, con star come Françoise Hardy e Brigitte Bardot che ne hanno ampliato la popolarità. Nel 1966, lo stesso anno in cui lancia il brand, Rabanne contribuisce al costume design di James Bond Casino Royale, un anno dopo veste Audrey Hepburn in Two for the Road, e l’anno dopo ancora Jane Fonda appare in un due pezzi metallizzato su uno spot promozionale per Barbarella. Gli anni ’60 andavano pazzi per le novità, e Rabanne andava pazzo per l’innovazione del womenswear, un turbine di entusiasmo che ha contribuito a sedimentare l’argento tra i colori più gettonati per gli abiti da sera e che vent’anni dopo avrebbe ispirato Gianni Versace a inventare l’oroton, indossato dalle sue muse Naomi Campbell e Claudia Shiffer.
A più di cinquant’anni dalle prime creazioni del metallurgista Rabanne, gli abiti-armatura continuano a lasciare il segno in Fashion Week. L'ultimo designer che ha utilizzato delle vere e proprie armature per lo styling di una collezione è stato Demna, che per la FW21 di Balenciaga ha creato degli avatar digitali a metà tra il bloke-core e il medieval-core. L'argento metallizzato è tornato protagonista alla SS25 grazie a Jonathan Anderson per Loewe, a Dries Van Noten, che per il suo ultimo show in quanto direttore creativo ha realizzato dei completi in lamé luccicante, ma anche a Cecile Bahnsen, Coperni, Givenchy e Simone Rocha, che con un metallo dall’effetto simile all’alluminio hanno realizzato appliqué floreali, tubini 3D e accessori a metà strada tra un’armatura e un completo space age. Tra gli spazi della moda emergente, nel frattempo, si sta facendo strada il nome di YVMIN, un brand di gioielli che tra le altre cose realizza protesi su misura in argento dalle silhouette organiche, tempestate di diamanti. È certo che indossare un’armatura è un sogno realizzabile per pochi ma, se vi steste chiedendo se anche quegli abiti così lontani dal nostro quotidiano hanno conservato il loro fascino, vi basta guardare all’outfit indossato da Zendaya alla premiere mondiale di Dune Parte Seconda: Thierry Mugler Couture Fall 1995. Per ricordarci che velluto e tacchi a spillo sono stupendi, ma che ogni tanto anche abbandonare la comfort zone fa fare un bel figurone.