Capri, l'isola delle sirene
Una storia cinematografica che va da Godard, fino a Sophia Loren e LIBERATO
26 Maggio 2019
Sono pochissime le abitazioni private, le ville, così simboliche e uniche da rappresentare un'intera città, o un’isola. Escludendo gli edifici istituzionali o quelli poi convertiti in musei, la Villa Malaparte di Capri spicca come uno dei più iconici edifici privati del nostro paese, forse del pianeta. In un pezzo uscito qualche tempo fa su Il Foglio, lo scrittore Michele Masneri la descrive in questi termini : «casa rossa a scalinata, con quella vela bianca sopra, iconica tipo sneaker Nike». Tutto, in Villa Malaparte, sembra pensato e realizzato per essere epico: la sua storia, innanzitutto, e il disputa che accompagna la sua realizzazione. Concepita nel 1930 la villa viene costruita solo nel 1943, non è chiaro se dallo stesso Curzio Malaparte (il nome d’arte del giornalista e intellettuale pubblico Kurt Erich Suckert) o da Adalberto Libera, uno dei più celebri esponenti del razionalismo italiano. Il coefficiente “magico” della Villa è sempre stato molto alto: nel 1980, l’architetto John Hejduk per Domus scriveva che Villa Malaparte «è una casa di paradossi. Un oggetto che ti consuma ed è pieno di storie che non sono state ancora raccontate».
Un anno dopo Liliana Cavani porta in scena la vita di Malaparte in La pelle, pellicola che faceva di Capri e della Villa il centro della poetica dello scrittore - nello stesso film, l’iconica Piazzetta di Capri viene invasa dai tedeschi («Ce stann 'e surdat, c'o vonn cu me» canta invece LIBERATO in GUAGLIÒ). Al tempo delle parole di Hejduk, invero, la Villa era già stata teatro del racconto di tante storie. Nel 1962 c’è stato Il disprezzo, diretto da Jean-Luc Godard con Brigitte Bardot. Il film è ispirato all’omonimo romanzo di Moravia e racconta la storia dello scrittore Paolo Javal che viene chiamato a Capri per lavorare alla sceneggiatura di un film sull’Odissea. Una scelta non casuale, visto che proprio alla leggenda di Ulisse sono legati i miti di Capri e della stessa Napoli («Ca dint scorr o sang r'Odisseo / So fatt cosi so partenopeo», sempre LIBERATO in NIENTE). Le vicende e le fortune di Capri e di Napoli sono spesso state legate, non solo per vicinanza geografica ma per eredità culturale e, soprattutto, cinematografica. Dopo Totò ne L’imperatore di Capri, nel 1960 Sophia Loren e Gary Clark - già stelle mondiali del cinema - sbarcano a Capri per girare La baia di Napoli - pellicola del newyorkese Melville Shavelson - e in quell’occasione la Loren re-interpreta una celebre versione de Tu vuo fa l’Americano, uno dei simboli della canzone popolare napoletana.
E’ in questi anni che comincia a costruire il mito di Capri, che unisce alle superbe caratteristiche morfologiche della terra - i Faraglioni certo, ma non solo - un fascino glamour proprio dell’isola, che si è alimentato con il cinema italiano degli anni ‘60 e che a sua volta ha alimentato l’industria cinematografica italiana di genere. Comincia a delinearsi una precisa estetica - riassumibile nell’idea di cinema “turistico” - che vede Capri come fulcro. In CAPRI RENDEZ-VOUS, la serie di corti che accompagnano gli ultimi cinque pezzi di LIBERATO, il regista Fracesco Lettieri torna sull’idea, omaggiandone i canoni e gli stilemi, e cavalcandone i tratti. L’idea della storia d’amore improvvisa e fugace tra villegganti e abitanti dell’isola era già stata sviluppata da Giuseppe Patroni Griffi ne Il mare nel 1962, ambientato sempre a Capri. I risvolti drammatici del film di Griffi sono, in CAPRI RENDEZ-VOUS, diluiti. Marie, giovane stella francese, voluta dal regista Dino - che prende in prestito il nome da Dino Risi e/o Dino De Laurentiis (follemente innamorato dell’isola) - si innamora di Carmine, scugnizzo caprese. I due continuano a sfiorarsi durante gli anni, i decenni, quando Marie fa tappa nell’isola. Tutto, nei videoclip, lascia sottendere il ruolo che Capri ha avuto per l’industria cinematografica italiana, anche come mero luogo d’accoglienza delle stelle del cinema (in NUNN'A VOGLIO 'NCUNTRÀ, Marie e il suo accompagnatore paiono essere candidati all’Oscar). Ma non solo, spesso il turismo caprese è ricorrente: già nel 2014 M.J. Smith scriveva sul New York Times:
«Nel passato, questi turisti diventavano spesso compratori in quello che è stato un mercato particolarmente stagionale, prima dell’arrivo effettivo dell’estate - che deriva da una sorta di amore a prima vista, alimentato dal sole delle ville e le visioni del blu del cielo e del blu ancora più forte del mare».
Anche Lettieri, in una sua Instagram stories, ha lodato la bellezza dell’isola a maggio, quando ancora il turismo non ne ha deformato i tratti migliori.
Tra le diverse storyline che è possibile individuare in CAPRI RDV e nella sua idealizzazione romantica di Capri, ce n’è una estremamente nostalgica («Guardame 'nfacc, 'rinda all'uocchie ce sta 'a nostalgia»), attuale e “sociale”. Il video di NIENTE, che emblematicamente chiude il corto, mostra gli effetti della maniera più consumistica e “fast” di fare turismo. Un turismo non solo di massa ma pure ripetitivo, emblematicamente mostrato dagli scatti di NIENTE che prendono chiara ispirazione dai lavori di Martin Parr. Quella che viene identificata dalla dott ssa Eliana Messineo come terza fase del turismo, la “massificazione del turismo”, porta con sé i tratti pericolosi della democratizzazione dello stesso, dove la vacanza diventa «diffusione di valori individualistici e promozione della mitologia consumistica». Negli anni, Capri ha più volte dovuto affrontare il problema: pare che la popolazione locale raddoppi durante i mesi estivi, con i 2.3 milioni di turisti che ogni anno invadono l’isola. Lo scorso 1 maggio - il mese che segna l’effettiva apertura della stagione - l’attuale sindaco di Capri ha bandito la plastica, dopo aver fatto lo stesso con scooter e biciclette negli anni scorsi. Un tentativo di preservare quantomeno l’aspetto, dato che contenere i flussi è sempre un intricato problema economico oltre che sociale.
Una delle più ricorrenti definizioni di nostalgia è «la calda, sfocata emozione che proviamo quanto pensiamo a ricordi piacevoli del nostro passato». Quella di CAPRI RENDEZ-VOUS è, però, più una ricostruzione del passato che nostalgia, la riproposizione di un periodo romantico e glorioso, in cui si è creata la leggenda di un posto, Capri, destinata a durare per sempre, nonostante i turisti. «C’è una cosa buona in Capri», ha detto al New York Times il capo dell’ufficio turismo Antonino Esposito: «anche in alta stagione ci sono posti dove puoi andare e nessuno può vederti. Potrai sempre trovare la Capri che vuoi».