A Guide to All Creative Directors

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Tra poco i figli avranno il cognome della madre?

Una proposta di legge vuole cambiare tutte le carte in tavola

Tra poco i figli avranno il cognome della madre? Una proposta di legge vuole cambiare tutte le carte in tavola

Cosa succederebbe se ai figli venisse assegnato automaticamente il cognome materno? In una società ancora fortemente patriarcale, probabilmente si scatenerebbe un putiferio. Ed effettivamente, così è stata la reazione alla notizia della proposta di legge presentata dal senatore del PD Dario Franceschini durante l’assemblea dei senatori democratici. Tra gli argomenti in agenda della riunione di inizio settimana, spicca la questione del doppio cognome, con quattro testi presentati da parlamentari dell’area progressista per regolamentare l’attribuzione del cognome ai figli. La proposta di Franceschini si inserisce in questo dibattito come quinta iniziativa finalizzata a elaborare un testo base da portare in Aula. Per Franceschini, attribuire il cognome materno significherebbe un «risarcimento dopo secoli in cui i figli hanno preso il cognome del padre [...] e le donne hanno subìto un’ingiustizia e una discriminazione di genere». La questione è estremamente delicata e importante. L’uso automatico del cognome paterno ha radici antiche, probabilmente ereditate dalla tradizione romana, in cui il nomen indicava l’appartenenza a una famiglia (gens) e riconosceva la discendenza da un antenato comune. Nella legislazione italiana non esiste però alcuna una norma che imponga questa scelta, ma il cognome paterno, da secoli, è l’unico attribuibile in sede legale. Le reazioni dei conservatori non si sono fatte attendere: c’è chi parla di «automatismo invertito», chi di punizione e «boutade», e altri, con i consueti toni provocatori, arrivano a prevedere che il prossimo passo potrebbe essere addirittura la cancellazione dalla faccia della terra della figura paterna.

Un cambio di direzione però c’è già stato. La storica sentenza 131 della Corte Costituzionale del 2022 si è espressa proprio in questo senso, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’attribuzione automatica del solo cognome paterno e stabilendo che la decisione spetta ai genitori: cognome paterno, cognome materno o doppio cognome. La decisione ha così portato, da giugno 2022 – data in cui la sentenza è entrata in vigore – a un incremento dei casi di doppio cognome. I dati Istat relativi al 2023 segnalano, infatti, un aumento dei doppi cognomi del 6,2% rispetto al 2020, con una maggiore incidenza nel Centro-Nord (7%) rispetto al Sud (circa il 4%). Questa svolta si inserisce in una battaglia più ampia per la parità di genere, che tuttavia non sembra aver ancora raggiunto un punto fermo. Secondo Franceschini, infatti, riconoscere la parità formale tra padri e madri non basta: occorre un gesto simbolico, un colpo decisivo alla cultura patriarcale. Ed ecco, dunque, la proposta di assegnare automaticamente il solo cognome materno.

Ma com’è la situazione in Europa?

Nei Paesi dell’Unione Europea, il cognome dei neonati varia in base alle diverse tradizioni culturali, storiche e giuridiche anche se, negli ultimi decenni, si sono fatti progressi per promuovere l’uguaglianza di genere e riconoscere il diritto di entrambi i genitori di scegliere il cognome dei figli. Ad esempio, in Austria i genitori possono decidere se il figlio porterà il cognome del padre, della madre o entrambi. Tuttavia, a differenza dell’Italia, se i genitori non sono sposati o non concordano sulla scelta, il bambino assume automaticamente il cognome della madre. In Irlanda, invece, non esistono restrizioni particolari: non è nemmeno obbligatorio che i figli di una stessa coppia abbiano lo stesso cognome, anche se, tradizionalmente, si tende a mantenere una coerenza familiare. In Spagna e in Portogallo il doppio cognome è la prassi da secoli – in Portogallo, ad esempio, c’è un limite massimo di sei nomi –, mentre la Danimarca rappresenta il caso più innovativo: i genitori possono scegliere il cognome della madre, del padre o un cognome combinato e se non viene presa una decisione entro sei mesi dalla nascita, il bambino assume automaticamente il cognome della madre. Dopo il 2022, l’Italia non sembra molto distante dai Paesi più progressisti. La proposta di Franceschini, pur essendo provocatoria e simbolica, riporta però al centro del dibattito il tema della parità di genere. I simboli possono essere decisivi per cambiare la realtà, soprattutto in un Paese dove, secondo il rapporto WeWorld 2025 pubblicato il 24 marzo, quasi 3 donne e minori su 10 vivono in aree in cui l’accesso ai diritti fondamentali è gravemente limitato