
The Monkey è un mix perfetto di comedy e splatter
Meno inspirato rispetto a Longlegs ma comunque un divertissement di cui godere al cinema
21 Marzo 2025
Due horror, uno più diverso dall’altro per natura e intenti, arrivano al cinema quest’anno mettendoci di fronte a un evento ineluttabile e incontrovertibile: la morte. Non solo la morte, ma il suo presagio e, a volte, la sua stramberia. Da una parte abbiamo la versione blockbuster, quella che ride in faccia alla morte con il ritorno in pompa magna di una saga come Final Destination che uscirà al cinema in primavera col suo sesto capitolo Bloodlines. Dall’altra c’è la ricerca letteraria, lo spulciare tra le pagine che, per il genere dell’orrore, riporta sempre e un’altra volta lì, a lui, all’uomo della paura, Mr. Stephen King. Stavolta a venir trasposto è il suo racconto breve The Monkey, tratto dalla raccolta Scheletri pubblicata nel 1985 che mette insieme alcune storie scritte dall’autore nel corso degli anni antecedenti. Come Final Destination, ma con la raffinatezza di chi si approccia all’horror non come a una macchina da soldi, ma a un universo d’appartenenza, anche il racconto di King tratta del continuo aleggiare della fine, soprattutto alla presenza di una particolare fantasmagoria. La scimmia del titolo è infatti un giocattolo - anche se è bene non chiamarlo così - che è pronto a far cadere la propria scure ogni volta che viene attivato. Musichetta, rullo di tamburi e qualcuno, in qualsiasi posto non precisato (sebbene nei pressi di dove si trova l’oggetto) muore di una morte atroce. Improbabile e dolorosissima. È inevitabile, non se ne scappa. Giri la manovella, fai il segno della croce e speri che la vittima sia esattamente chi avevi pensato. Anche se non è mai così.
In The Monkey, infatti, non si può decidere a chi rivolgere la “maledizione”. Ed è per questo che cominciano i guai seri. Esattamente come Final Destination, anche il film che vede tornare in pompa magna Oz Perkins dopo Longlegs tratta della casualità degli eventi che, in qualche modo, potrebbero essere evitati. E che, soprattutto, avverranno indipendentemente da cosa vorranno o meno i personaggi. Come la serie di film da popcorn, altresì l’opera adattata da King fa delle uccisioni più assurde il suo veicolo per intrattenere lo spettatore. Per spaventarlo e far capire quanto può essere effettivamente assurda la vita, ma soprattutto si impegna per scioccare e stupire un pubblico che deve uscire terrorizzato dal cinema, ma allo stesso tempo come distratto dalla follia che è appena stata messa in scena. Ed è forse questo senso di ripetizione che porta ad arrestare in maniera graduale l’andamento di The Monkey, a rendere le scene di certo originali nei singoli casi, ma reiterate e per questo meno sorprendenti morte dopo morte, basandosi principalmente su quell’escamotage e divincolandosene ben poco.
it’s been a few weeks since i’ve seen the monkey but theo’s performance has really stuck with me because these are actually two separate men with colin o’brien https://t.co/6HYtPdoP5R pic.twitter.com/cZpKL9jn1A
— pj wwdits spoilers (@nadjatruther) March 15, 2025
Un’opera distante dal Longlegs che è stato un autentico caso mediato nel 2024, con una campagna promozionale intrigante tanto quanto l’aura mistica e satanica della pellicola, dove il volto di Nicolas Cage non veniva svelato finché non si entrava nella sala cinematografica. Stavolta, invece, è un doppio Theo James a venir interpellato sia nel ruolo di Bill che in quello di Hal, gemelli che hanno ereditato la scimmia dal padre scomparso e che negli anni hanno perso l’uno i contatti con l’altro. È quando la presenza malefica del cimelio ricomincerà ad aleggiare nella loro vecchia casa che i due saranno costretti a rincontrarsi, rivangando dispiaceri del passato e cercando di capire cosa fare per fermare i disastri causati dal “giocattolo”. Molto più classico, lineare e meno ispirato rispetto a Longlegs, The Monkey è un divertissement che rende giustizia al lavoro di Stephen King, ma non può essere avvalorato tra le sue più sorprendenti trasposizioni. È un racconto a proprio modo divertente - ed è divertente anche solo dirlo viste le morti cruente che attendono i personaggi nel film - che fa dell’ironia un altro strumento con cui approcciare l’orrore. Con una riflessione sulla famiglia e su quanto, in fondo, forse è bene non essere poi troppo burberi tra fratelli, perché anche il male è qualcosa che si può ereditare ed è bene tenersene alla larga.