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Tutte le polemiche su "Emilia Pérez"

Il film ha fatto arrabbiare un po' tutti, messicani in primis

Tutte le polemiche su Emilia Pérez Il film ha fatto arrabbiare un po' tutti, messicani in primis

Come direbbe l’avvocata Rita Moro Castro interpretata da Zoe Saldaña in Emilia Pérez: “Habla, esta gente habla, pero ahora lo van a pagar, a pagar, a pagar…”. È pur vero che durante la sequenza di El mal, tra i brani originali del musical-gangster di Jacques Audiard presentato a Cannes e vincitore del Golden Globe per il miglior film musicale e internazionale, il personaggio si riferisce a un gruppo di uomini e donne d’affari senza scrupoli. Ma la canzone potrebbe essere uno smacco anche contro tutte le polemiche che negli ultimi mesi hanno vorticato attorno alla pellicola, in pole position nella stagione dei premi, che l’hanno portata persino ad una votazione negativa su un aggregatore di giudizi come Letterboxd, dove attualmente il film è arrivato complessivamente a 2.8 stelle su 5. Strascico delle conseguenze della notte di premiazione dei Golden Globe, che ha riacceso i social e il loro disappunto attorno ad un’opera ambientata in Messico e incentrata su un ex-boss del cartello della droga che decide di abbracciare la sua vera natura e diventare una donna. Un’opera che, però, è stata rimproverata di avere ben poco dei territori latini, dalle location alle sue attrici fino alla sua rappresentazione della cultura messicana. A esprimere il proprio disappunto sono state alcune personalità dell’industria come Mauricio Martínez, cantante e attore messicano che in un post ha sottolineato come Emilia Pérez sia diretto da “un francese che non ha mai messo piede in Messico ed ha ammesso pubblicamente che non ha avuto bisogno di fare ricerche”. La critica maggiore mossa da Martínez, come dal resto dei detrattori della pellicola, è la descrizione di un paese inquadrato in maniera stereotipata e superficiale. Un profilo ignorante del Messico con una banalizzazione dei suoi problemi più profondi.  

Della trama, infatti, viene aspramente ripresa la maniera in cui viene affrontato il problema del traffico di droga, da sempre piaga di un paese che cerca di combatterci giorno dopo giorno, e di come viene trattato il tema delle persone scomparse proprio a causa della malavita. Una maniera irrispettosa di ritrarre l’argomento, come spiegato dal giornalista messicano Luis Pablo Beauregard su El País, dove scrive che ciò che c’è veramente di imperdonabile nel film è la frivolezza con cui il regista racconta la crisi legata alla gente scomparsa in Messico. Un luogo, inoltre, che per l’intera produzione del film è stato impiegato solamente per cinque giorni della sua intera produzione, col resto delle riprese riservate quasi interamente agli studi francesi di Bry-Sur-Marne. Altra critica mossa al film, infatti, è il suo scollegamento dalla terra natia, così come la non-appartenenza delle sue tre attrici protagoniste: la citata Zoe Saldaña, Karla Sofía Gascón e Selena Gomez. Mancanza di cui, tra i responsabili, ci sarebbe anche la direttrice del casting Carla Hool, una professionista messicana che da anni è impegnata nel dare maggiore spazio ad interpreti di origini latine, che ha dichiarato di aver tentato di trovare un ensemble di interpreti messicane adatto al film, ma che non avendole trovate ha esteso la ricerca ad altri paesi dell’America Latina. Una delucidazione che, come risultato, ha sortito solamente più indignazione di quanta già non ce ne fosse. A ogni modo, in Emilia Pérez, i personaggi di Saldaña, attrice statunitense di origini domenicane e portoricane, e di Gomez, statunitense con papà messicano, sono stati adattati in sceneggiatura affinché venissero giustificati i loro accenti. La protagonista Gascón, invece, è spagnola e l’unica interprete realmente messicana è Adriana Paz che veste i panni di Epifania Flores.

La provenienza e, di conseguenza, la pronuncia delle attrici è stato un ulteriore campo di scontro, sebbene alla fine del festival di Cannes il trio ha ricevuto insieme il premio per la miglior interpretazione femminile del 2024. Ad essere stata maggiormente criticata è stata l’attrice e cantante Selena Gomez, come avvenuto da parte dell’attore Eugenio Derbez e della conduttrice Gaby Meza durante una puntata del podcast spagnolo Hablando de Cine. Sull’interprete del personaggio di Jessi Del Monte, Derbez ha dichiarato: “È indifendibile. Mentre vedevo il film con altre persone, ogni volta che c’era una sua scena ci guardavamo e dicevamo: wow, ma cos’è questa roba?”. A fargli eco Meza: “Lo spagnolo non è la sua prima lingua, né la seconda, temo nemmeno la quinta. Avevo la sensazione che non sapesse cosa stesse dicendo, tanto da non riuscire a dare sfumature alla recitazione. Per questo la sua performance non solo diventa poco convincente, ma imbarazzante”. Gomez ha parlato fluentemente spagnolo fino all’età di sette anni, quando poi si è trasferita con la sua famiglia dal Texas alla California cominciando ben presto a lavorare nel settore dello spettacolo, periodo in cui ha perso la conoscenza dello spagnolo, che ha riacquisito in sei mesi prima di cominciare la lavorazione del film. “Capisco le vostra opinione”, ha replicato l’attrice su un video TikTok, dopo che la clip del podcast era diventata virale. “Mi dispiace, ho fatto ciò che potevo col tempo che mi è stato dato. Questo non toglie nulla a tutto il lavoro e al cuore che ho messo per fare il film”. In seguito alla risposta di Selena Gomez sono arrivate anche le scuse da parte della conduttrice Gaby Meza. 

@haworthadam i did not know anything about this movie before i started watching and all i can say is… camp #emiliaperez #camp #zoesaldana #musical #movie #netflix original sound - Adam Haworth

Non sono mancate inoltre delle annotazioni per la rappresentazione della protagonista trans, diretta da un regista uomo e etero. Non basta, infatti, che Karla Sofía Gascón sia a tutti gli effetti un’attrice trans, evento se non impensabile, sicuramente difficile da ritenere possibile anche solo qualche anno fa. Il che è stato considerato a tutti gli effetti un traguardo da parte della percezione comune per ciò che riguarda l’inclusione da parte dei casting e dell’industria dell’intrattenimento, a cui si aggiunge anche il premio a Cannes vinto e condiviso con le colleghe Saldaña e Gomez. Ciò non ha comunque impedito alla GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation) di dimostrare il proprio disappunto. L’associazione, attenta alla rappresentazione delle persone della comunità LGBTQIA+ nel cinema, ha definito Emilia Pérez un ritratto “profondamente retrogrado di una donna trans”. Che le critiche possano fermare la corsa agli Oscar dell’insolito musical? Per il momento il film sembra correre spedito in questa award season, ma sappiamo che Hollywood è una terra facile a qualsiasi scombussolamento e il terremoto suscitato dalle rimostranze nei confronti della pellicola potrebbe essere un ostacolo da non sottovalutare.