Non parliamo abbastanza di Muji
Ma è il brand che non vuole stare al centro dell'attenzione
27 Dicembre 2024
Quest’anno è scoppiata la moda dei trinkets - chincaglieria, direbbero le nonne - il fenomeno da collezione di oggetti adorabili ma inutili da tenere in casa e da postare su TikTok. Dato che si tratta di aggeggi di plastica che andranno di moda solo per poco l’hobby, attraverso l’attivazione di un circolo vizioso scarta-e-scopri, fomenta l’acquisto sfrenato e di conseguenza gli sprechi e l’inquinamento. Mentre gli spazi social impazziscono dietro ai pupazzetti dalle gote rosee, cresce inspiegabilmente la popolarità di Muji, il negozio che non vende ciò che vuoi ma ciò di cui hai bisogno. Se da un ato può sembrare complesso spiegare come un brand minimalista, basato su un concetto di prodotto “sufficientemente buono” sia riuscito a entrare nel cuore dei consumatori occidentali, dall’altro bisogna dire che varcare la soglia di in uno store Muji è un po’ come meditare. A meno che non sia il weekend e il negozio straripante di gente.
@chiwm1 I love Mujititle="mujihaul" target="_blank" href="https://www.tiktok.com/tag/mujihaul?refer=embed">#MujiHaul #muji #dailyvlog #fyp #Stationary #backtoschool original sound
La caratteristica più interessante del successo di Muji è che si tratta di un no-brand mega-brand. Non ci sono loghi su ciò che produce, non rivela il nome dei suoi designer e non si avvale di tecniche marketing acchiappa-like per farsi pubblicità. La vera forza del negozio è la sua impersonalità, incentrata sulla filosofia del “sufficientemente buono”: «Gli articoli nei negozi Muji non sono pretenziosi, né frutto di mode fugaci - si legge sul sito del brand - ma riflettono la loro funzione e il posto che occuperanno all’interno della casa nel tempo. I prodotti non mirano ad attirare attenzione su loro stessi, ma a rendersi utili nel momento in cui servono». In poche parole, il brand entra nelle case delle persone perché serve e per questo ci rimane. Persino il nome dell’azienda stessa riflette questo approccio: in giapponese, Mujirushi Ryohin, (無印良品) corrisponde a “prodotti di qualità senza marca”. Qualità dei materiali, riduzione degli sprechi e semplicità del design sono tutto ciò che basta al negozio per attrarre i consumatori, anche se a questi bisogna aggiungere una selezione di snack fenomenale, dai mochi di gelato virali alle fragoline ricoperte di cioccolato, passando per i curry e le zuppe pronte.
Ginza shopping adventure day:
— Tokyo Slim (@Tokyo2Slim) August 25, 2022
Muji flagship store pic.twitter.com/eh7IPX5v9G
Nonostante il brand sia nato negli anni ’80 e abbia cominciato a espandersi agli inizi degli anni 2000, in due periodi in cui il massimalismo, il rosa shocking, i glitter e lo shopping sfrenato avevano sostituito la naturalezza green degli anni '70 e il minimalismo black&white dei ’90, il brand ha sostenuto una crescita continua di anno in anno, arrivando lo scorso novembre a un aumento delle vendite del 119,2% rispetto a novembre 2023. Alla faccia dei flip phones e della logomania, che invece sono spariti. Che sia un piumino termico da portare sotto la giacca, un porta spazzolino o una scatola per i documenti, lo store giapponese è riuscito a vendere l’anti-shopping. Un po’ come Marie Kondo, che è riuscita a monetizzare la pratica del riordino.
@andyyyen they need a muji hotel in every city #mujihotel #mujihotelginza #muji #japan #japantravel Shameful Game - Pale Jay
Dopo essere riuscito a rialzare le vendite anche in Paesi non esattamente tendenti al minimalismo, come il Regno Unito, e a conquistare un posto sul mercato in concorrenza con il gigante connazionale Uniqlo, Muji punta a espandersi ancora di più. La Ryohin Keikaku, azienda madre del brand, punta a un fatturato di 880 miliardi di yen entro il 2027 (circa 5,4 miliardi di euro), ossia una crescita del 33% in tre anni. Parte della strategia coinvolge un investimento degli store sparsi per tutto il mondo, mentre a Ginza, dove si erge uno dei negozi più grandi della marca, si punta in alto. Aperto nel 2019 in occasione dei giochi olimpici di Tokyo del 2020, si tratta di un vero e proprio «theme park», come lo definisce un articolo del Financial Times, per tutti coloro che vogliono vivere una full experience all’insegna del minimalismo giapponese. Su sette piani, c’è una caffetteria specialty coffee disegnata interamente in legno, una pasticceria, spazi per mostre d’arte e installazioni ma anche il primo Muji Hotel. Tra le proposte si sono aggiunti anche mobili (ovviamente in legno) e accessori per la casa leggermente più dilettevoli ma pur sempre utili come i decanter per il vino. Insomma, c’è tutto per tutti, ed è tutto “sufficientemente buono”; non ci sono loghi ma è tutto assolutamente riconoscibile; non vengono rivelati i designer dietro ai prodotti più popolari, eppure alcuni di loro (afferma il presidente Ma Kei Suzuki in un’intervista a Elle Decor) sono addirittura famosi in tutto il mondo. Il motivo per cui non parliamo abbastanza di Muji sembra proprio che sia perché il brand stesso non vuole: a loro, basta solo che troviamo qualcosa che ci serva.