Il k-pop è entrato in crisi
Il 2024 ha svelato tutte le crepe dell'industria dell’intrattenimento coreana
03 Gennaio 2025
Il 2024 è stato un anno di alti e bassi per il K-pop. Da un lato, ci sono stati grandi debutti (e re-debutti) solisti dei principali esponenti del genere: i membri dei BTS hanno pubblicato i loro progetti individuali prima o dopo la partenza per il servizio militare obbligatorio, mentre le Blackpink, una volta lasciata l’agenzia YG, hanno rilasciato — tutte, tranne Jisoo — nuova musica autoprodotta. Dall’altro lato, si sono verificati scandali senza precedenti che hanno lasciato l’industria senza parole: dall’udienza nazionale delle NewJeans contro la HYBE Corporation (il più grande conglomerato dell’intrattenimento coreano e società madre della loro ex agenzia ADOR) per cattiva gestione, al caso di maltrattamento del gruppo globale VCHA da parte di JYP Entertainment, fino al caso di violenza sessuale di Taeil, il membro più anziano degli NCT 127. Tante vicissitudini hanno finito per mettere la musica in secondo piano. In generale, su “stan Twitter” una delle maggiori lamentele degli ultimi anni riguarda proprio l’allontanamento dell’industria dalle sue origini, con un crescente interesse verso il mercato occidentale. Non a caso, tutte le uscite dei grandi solisti sono state in inglese, con featuring di star internazionali: basti pensare che nell’album di debutto di Jungkook dei BTS non c’è alcuna traccia in coreano e, su dieci canzoni, la metà sono duetti con grandi nomi della musica pop americana. Come dicono i fan sui social: “K-pop isn’t kpopping anymore”.
BRING BACK REAL KPOP pic.twitter.com/l08Es7qJJX
— DSTRBD (@disturbedonline) October 23, 2024
Ma cosa significa davvero “K-pop”? Nel docufilm di Netflix Blackpink: Light Up The Sky, il produttore e songwriter Teddy Park (ex idol e direttore creativo di THEBLACKLABEL) criticava il fatto che il termine “K-pop” riducesse ogni canzone in coreano a quel genere musicale, mentre non si adotta una categorizzazione simile per nessun’altra nazione al di fuori della Corea del Sud. In effetti l’osservazione non è priva di fondamenta. Spesso si associa la musicalità dei gruppi coreani a BPM elevati, atmosfere vivaci e melodie accattivanti, ma questi non sono altro che stereotipi. Come in ogni paese, gli artisti hanno influenze e generi diversi nelle loro discografie e non sono tutti in competizione tra loro. Dire che la musica degli Oasis e di Charli xcx sia la stessa solo perché entrambi sono inglesi non ha molto senso, no? L’industria del K-pop, giunta alla sua quinta generazione, ha attraversato trasformazioni significative: dalla prima generazione, pioniera negli anni ’90, alla quarta, che ha enfatizzato coreografie spettacolari e performance sceniche. Oggi, con l’entrata in campo della quinta generazione, l’obiettivo sembra essere quello di creare gruppi “globali” che superino i confini geografici e culturali, una strategia che, pur efficace sul piano commerciale, solleva critiche perché snaturerebbe l’essenza originale del genere. Allo stesso tempo, è innegabile che idol e agenzie si stiano interessando sempre meno a catturare l’attenzione dei fan già esistenti. Negli ultimi due anni, molti artisti hanno preferito promuovere le proprie uscite negli Stati Uniti piuttosto che nei classici show musicali coreani, una scelta spesso accolta con freddezza dalle fanbase coreane che si sentono sempre più trascurate rispetto al pubblico internazionale.
@bcseungmin lollapalooza saw this legendary topline performance and had to bring them back!! #straykids #kpop #bcseungmin #skz4thgenleaders TOPLINE (Feat. Tiger JK) - Stray Kids
Queste nuove strategie di marketing, però, portano risultati tangibili. Basti pensare ad “APT.”, il primo singolo del nuovo album di Rosé (vocalist delle Blackpink): lo scorso novembre ha debuttato all’ottavo posto nella classifica mondiale Billboard Hot 100. Analogamente, gli Stray Kids sono diventati i primi artisti musicali nella storia a debuttare con i loro primi sei album direttamente in vetta alla Billboard Hot 200. Anche i più grandi festival musicali internazionali, da qualche anno a questa parte, includono nelle loro lineup i gruppi più rilevanti del panorama K-pop, consolidando la presenza globale del genere. Le Blackpink, con lo storico ruolo da headliner a Coachella nel 2022, hanno aperto la strada a gruppi come i Seventeen, che l’anno scorso hanno fatto la storia esibendosi come headliner a Glastonbury. Questo dimostra che il K-pop non solo si è integrato ma è diventato un elemento imprescindibile dei principali festival musicali occidentali. Eventi come Lollapalooza confermano la tendenza, ospitando sempre più gruppi in tutte e otto le location in giro per il mondo. Per quanto di successo, l’espansione internazionale del genere ha inevitabilmente modificato la natura dell’industria, allontanandola dalla tradizione. Il numero di gruppi che si esibiscono ai festival universitari di inizio anno in Corea, cosa che un tempo era una grande tradizione del Paese, è in netto calo. Da una parte, lo shift di priorità rappresenta una nuova era per il K-pop, dall’altra solleva dubbi sulla perdita di un legame autentico con le sue radici culturali.
Nel 2024 ben due delle “big 4” (le principali agenzie d’intrattenimento) hanno debuttato gruppi “globali”. A parte i membri internazionali, di “globale” c’è poco: entrambi i gruppi restano fortemente ancorati all’ecosistema dell’industria coreana, più simili alle Blackpink o alle Twice che alle Destiny’s Child o le Pussycat Dolls. Ed è proprio questo l’obiettivo dei piani alti, come dimostrato nel docureality di Netflix Dream Academy. «Abbiamo la visione di togliere la ‘K’ dal K-pop e renderlo globale», dichiara Melanie Fontana, mentore della joint venture tra HYBE Entertainment e Geffen Records (parte di Universal Music Group). Ora che l’industria è giunta alla sua quinta generazione, c’è davvero il rischio che il K-pop stia implodendo su se stesso. I cambiamenti ci sono sempre stati: tra la terza e la quarta generazione l’attenzione si è spostata dalle qualità vocali alla presenza scenica e alle coreografie. Ma il malcontento non è mai stato così diffuso come adesso, né tra i fan internazionali né tra quelli coreani. Forse l’assenza prolungata delle Blackpink e i BTS ha causato troppi danni. Che sia ora che i giganti tornino per ristabilire l’equilibrio? Stando ai comunicati ufficiali, l’attesa finirà a metà 2025.