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Cos’è il rage-baiting?

Il fenomeno che ha invaso TikTok e Instagram

Cos’è il rage-baiting? Il fenomeno che ha invaso TikTok e Instagram

Una tendenza molto diffusa nei mezzi di informazione di tutto il mondo è quella di pubblicare articoli o titoli con l’obiettivo di generare indignazione e rabbia, e ottenere un conseguente coinvolgimento dei lettori. La pratica prende il nome di rage-baiting ed è una declinazione dell’espressione click-baiting – comunemente usata per indicare i contenuti pensati e costruiti appositamente per ottenere interazioni facendo leva sul sensazionalismo. Il rage-baiting, così come il click-baiting, può essere molto redditizio, non solo per le testate, ma anche e soprattutto per i content creator. Di recente, la BBC ha spiegato come la creator Winta Zesu sia riuscita a guadagnare oltre 150mila dollari grazie a numerosissimi commenti d’odio nei suoi post, sfruttando le interazioni che ne derivano. Zesu nei suoi canali social interpreta una modella di New York la cui principale difficoltà nella vita è quella di essere «troppo bella». Tuttavia, molti utenti non capiscono che si tratta di un personaggio costruito. Se il click-baiting è una tecnica spudoratamente pensata per fare da esca, ad esempio attraverso domande a cui non viene data una risposta o con frasi che promettono sensazionali rivelazioni poi inesistenti, il rage-baiting si sviluppa in maniera diversa. Quest’ultimo, infatti, si basa sul proporre in maniera strategica e per certi versi manipolatoria una visione distorta o stereotipata di un determinato contenuto, in modo che gli utenti siano indignati a tal punto da lasciare un commento, fornendo però engagement al creatore.

@winta_zesu Grateful #prettygirl #perfectgirl #nycgirl Good Luck, Babe! - Chappell Roan

«Ogni mio singolo contenuto-video che ha generato milioni di visualizzazioni lo ha fatto grazie ai commenti d’odio», spiega Zesu. La diffusione del rage-baiting è coincisa con l’introduzione, da parte dei principali social media, di meccanismi che premiano il volume di interazioni generate dai post, come i like, i commenti e le condivisioni, permettendo ai content creator di monetizzare direttamente attraverso le piattaforme. In sostanza, più alto è l’engagement maggiori sono i ricavi. Il punto è che persino i commenti negativi vengono spesso interpretati dagli algoritmi dei singoli social media come «interazioni di alta qualità», cosa che ha reso sempre più popolare la pratica del rage-baiting. Lo stesso Adam Mosseri, a capo di Instagram, ha ammesso che su Threads si è registrato «un aumento di contenuti progettati per fare engagement», e che l’azienda sta lavorando per risolvere il problema.

Le conseguenze del rage-baiting

Il rage-baiting si presenta in molteplici forme e secondo strategie diverse. Alcuni, come Winta Zesu o Michele Comi in Italia, giocano su stereotipi consolidati, per esempio quello della ragazza “bella ma superficiale”, costruendo personaggi volutamente sopra le righe per suscitare indignazione. Altri puntano invece su provocazioni culturali: è questo il caso di chi si cimenta nella preparazione di piatti tradizionali italiani utilizzando ingredienti o metodi palesemente inappropriati, sapendo che gli utenti provenienti dall’Italia – notoriamente protettivi verso la propria cultura gastronomica – reagiranno con rabbia nei commenti. La pagina Instagram Italians mad at food, seppur con un intento ironico, rappresenta bene questo fenomeno. Ma la stessa dinamica si applica ad altri ambiti: video che mettono in discussione regole consolidate sul fitness, opinioni esagerate su film o artisti famosi, e persino temi politici o sociali – tutti progettati per dividere l’audience e alimentare il dibattito, spesso più caotico che costruttivo, nei commenti.

@carloandsarah

All the world know about this fing

original sound - carloandsarah

Molti esperti esprimono preoccupazione per la normalizzazione della rabbia sui social media. Gli algoritmi, amplificando l'indignazione, tendono a far percepire emozioni negative come rabbia e disprezzo più di quanto lo siano. Il fenomeno può portare alcuni utenti, in particolare quelli con un'intensa vita online, a percepire in maniera distorta il mondo, nella convinzione che le opinioni estreme e le reazioni esagerate siano quelle prevalenti e che non ci sia spazio per discussioni più equilibrate e costruttive. Un altro timore riguardo al rage-baiting è la progressiva diminuzione della fiducia nei post che affollano i feed delle piattaforme. L'esposizione più o meno costante a contenuti sensazionalistici, che alimentano volutamente lo sdegno e il risentimento degli utenti, può compromettere la capacità di certe persone di distinguere le informazioni veritiere, aumentando la sfiducia nei confronti della qualità delle risorse presenti online.