Vedi tutti

Che fine ha fatto Alexa?

Il servizio di Amazon sembra non aver superato la prova del tempo

Che fine ha fatto Alexa? Il servizio di Amazon sembra non aver superato la prova del tempo

A fine 2014 Amazon presentò un nuovo prodotto il cui riferimento principale era il fantascientifico computer di bordo dell’astronave Enterprise di Star Trek – un sistema operativo estremamente sofisticato con cui era possibile comunicare in maniera naturale. Il dispositivo di Amazon era Alexa, un assistente vocale integrato in una piccola cassa bluetooth. A distanza di dieci anni, la linea ha venduto più di 500 milioni di apparecchi. Tuttavia sembra che Alexa non sia riuscita a rispettare le ambizioni iniziali. Da tempo, infatti, circolano dubbi sullo stato del servizio: già nel 2021 Bloomberg rivelò che, secondo i dati della stessa Amazon, gli utenti utilizzavano sempre meno Alexa. Il tema è diventato ancora più rilevante con il successo di ChatGPT e la rapida evoluzione delle intelligenze artificiali generative, che hanno evidenziato i palesi limiti degli assistenti vocali, compreso Alexa.

Più volte Amazon è stata capace di creare prodotti di enorme successo, spesso con lungimiranza, investendo cioè in un settore o in una tecnologia molto tempo prima di altri, come nei casi di Kindle o del servizio Prime. L’azienda si era mossa allo stesso modo con Alexa. Il pubblico non aveva ancora mai visto niente di simile, anche per questo il dispositivo venne fin da subito molto apprezzato. Amazon presentò il prodotto dicendo che sfruttava le potenzialità dell’intelligenza artificiale: all’epoca, però, le limitazioni tecnologiche non permettevano di generare frasi di senso compiuto come quelle a cui ci hanno abituato i chatbot moderni, così Alexa inizialmente si basò per lo più su un sistema di domande e risposte. Amazon investì molto nel migliorare le capacità comprensive di Alexa, ma senza realmente riuscirci: l’impressione – come riporta Bloomberg – è che oggi l’azienda nel campo delle intelligenze artificiali si sia ridotta a inseguire la concorrenza, e in particolare OpenAI. Lo scorso anno Amazon annunciò di essere al lavoro su una versione di Alexa capace di conversare con gli utenti in maniera più naturale: il nuovo dispositivo era atteso per quest’anno, ma il rilascio è stato posticipato al 2025, a dimostrazione del clima di forte incertezza presente nell’azienda. Ai vertici di Amazon, alcuni ritengono che il progetto stia avanzando lentamente anche a causa della mancanza di una visione chiara su quale dovrebbe essere oggi il ruolo di Alexa.

Cosa non funziona più in Alexa

@dailydose.tech Employees who worked on Alexa have come out firsthand to reveal why we havent seen the AI capable Alexa that was promised to us back in September last year and goodness does it sound messy!! #tech #alexa #amazon #ai #openai #news #technology #technews #expose original sound - Alisa | science & tech

I ritardi accumulati nella versione potenziata di Alexa sono dovuti a diversi fattori, ma il principale è il rischio che una maggiore integrazione di sistemi di intelligenza artificiale nel dispositivo esponga il prodotto a ulteriori problematiche. Uno tra tutti, le cosiddette “allucinazioni” – ovvero le risposte inventate, per quanto formalmente corrette, fornite dai chatbot. Questo è uno dei bug più noti delle intelligenze artificiali generative e rappresenta uno scoglio per l’intero settore, ma nel caso di Alexa il rischio è ancora più alto. Quando un utente utilizza ChatGPT, infatti, di solito è consapevole che nelle risposte generate potrebbero esserci degli errori, e sa che in qualche modo dovrà “filtrare” il risultato. Alexa, invece, non può permettersi di “partire per la tangente”, per diverse ragioni: è utilizzato principalmente in ambito familiare, spesso in presenza di bambini, e di per sé non è un servizio gratuito, come la versione di base di ChatGPT; Amazon, ad esempio, ha già venduto centinaia di milioni di casse bluetooth che sfruttano Alexa: grazie alla sua tecnologia basata sul cloud, il servizio si allaccia automaticamente al dispositivo e non richiede di essere aggiornato di volta in volta. Questo significa che, indipendentemente dal prodotto utilizzato, l’utente ha sempre accesso all’ultima versione di Alexa, perciò sarebbe più difficile giustificare un malfunzionamento dell’assistente vocale.

Amazon ha iniziato a integrare l’intelligenza artificiale nei suoi servizi intorno al 2021 – vale a dire circa un anno prima del rilascio di ChatGPT. In quel momento, però, questi sistemi non furono visti come una priorità per l’azienda, che quindi non ci investì più di tanto. Oggi Amazon sta cercando di recuperare terreno nel settore delle intelligenze artificiali. Tuttavia le difficoltà non sono poche: secondo alcuni c’entra anche l’eccessiva burocrazia presente nell’azienda, che nemmeno il nuovo CEO, Andy Jassy, è riuscito del tutto a snellire. È anche a causa di questi stessi rallentamenti interni ad Amazon che molti dipendenti dell’azienda furono inizialmente entusiasti della nascita di ChatGPT, credendo che sarebbe stato possibile integrare il servizio ad Alexa. Tuttavia i due prodotti si basano su modelli di funzionamento molto differenti, e il tentativo di combinarli si è rivelato molto più complesso del previsto. Al contempo i crescenti investimenti di Amazon nel campo delle intelligenze artificiali generative, inizialmente sottovalutate, non sono ancora riusciti da soli a far compiere un significativo passo avanti ad Alexa.