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La rinascita del pranzo

Un menù a mezzogiorno può comunque avere molto da dire

La rinascita del pranzo Un menù a mezzogiorno può comunque avere molto da dire

Negli ultimi anni, anche in Italia, in ambito gastronomico si è assistito a una crescente riscoperta della colazione, con particolare attenzione alle proposte tipiche della cucina scandinava. Il fenomeno – che deriva dalla più ampia ascesa della ristorazione nordeuropea – ha portato all’apertura di numerosi locali specializzati, soprattutto nelle grandi città, come Loste Café a Milano, Allegra a Bologna o Forno Conti e Marigold a Roma, tra i molti. Questa fascinazione, però, non si è estesa con la stessa intensità al momento del pranzo – a parte qualche rara eccezione, ad esempio il Ristorante Ecooking Campus a Milano, definito dal Gambero Rosso una «mensa non mensa». Eppure, come ha detto qualche anno fa lo chef Enrico Crippa, «il pranzo è magico». Parlando con Rivista Studio alla domanda «Dopo tre stelle Michelin, cos’è che ti manca?» ha risposto: «Il mio sogno sarebbe quello di avere un ristorante aperto solo a pranzo». «Se arrivi da me da Milano – spiega Crippa, a capo del ristorante Piazza Duomo ad Alba – devi fare due ore di strada, sei stanco, poi pensi che devi tornare indietro e magari bevi una bottiglia in meno, è buio, la luce non è naturale. A pranzo c’è luce, i colori sono diversi. Il pranzo ti costringe a prenderti un giorno di ferie per venire: vieni con un altro approccio, hai tutta la giornata che gira intorno a quel pasto. Mangi, finisci, passeggi, pensi a quello che hai mangiato». Di recente, a Milano ha aperto un locale che in parte sembra aver fatto suo questo approccio, e su cui c’erano grandi aspettative. Si tratta di Sandì, il nuovo bistrot della talentuosa chef Laura Santosuosso e del ristoratore Danny Mollica. «La nostra più grande sfida sarà quella di aprire solo a pranzo, tranne il venerdì, quando copriremo anche il servizio della cena» ha spiegato Santosuosso a CiboToday. «Vogliamo concentrarci sul pranzo, che secondo noi è un momento un po’ bistrattato della giornata. Abbiamo elevato la colazione, mentre il pranzo, soprattutto in settimana, ha un'offerta limitata», precisa la chef.

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Come sostiene la stessa Santosuosso parlando con nss magazine, il panorama gastronomico di Milano oggi è molto vasto e vivace, e il format dell’enoteca con cucina è sempre più in voga. «Noi invece avevamo in mente un ristorante un po’ “vecchia scuola”, con la tovaglia, senza doppi turni, senza la spinta alla condivisione dei piatti: un bistrot dove sedersi comodi e ritagliarsi un momento di ozio. Il pranzo ci sembrava il contesto migliore – laddove la cena è diventata molto dinamica – per rilassarsi e godersi la cucina, anche in settimana». Da un lato, dunque, la scelta «non facile e controcorrente» di puntare sul pranzo è di natura «strategica», dice Santosuosso: «In città l’idea che a pranzo si mangi un panino al volo o la “schiscetta” in ufficio è estremamente diffusa, mentre la sera i ristoranti sono sempre pieni; ma noi non abbiamo fretta e pensiamo che anche il pranzo avrà la sua rivoluzione». Dall’altro è una decisione, questa, che ha a che fare con la più ampia questione della sostenibilità etica nel settore del fine dining: «Io e il mio socio – continua Santosuosso – siamo anche una famiglia con un bambino piccolo, tanti anni di attività davanti e con dei collaboratori in cerca di maggiore equilibrio tra lavoro e tempo libero. Dopo parecchie esperienze di doppi turni sfiancanti e sonno perduto, volevamo evitare di bruciare tutte le energie in poco tempo, impegnandoci nella costruzione di ritmi lavorativi sani che ci consentano di stare con nostro figlio, recuperare le forze e fare altro, oltre a portare avanti un ristorante. È proprio indispensabile che questa professione, che nessuno vuole più fare, vada svolta 12-15 ore al giorno?».

Laura Santosuosso in passato ha lavorato in realtà come Ratanà (dello chef Cesare Battisti), Enoteca Naturale e Remulass, a Milano, oltre che da Septime e Fulgurances, a Parigi. Il suo compagno e socio Danny Mollica, che da Sandì curerà la sala e la carta dei vini, ha fatto invece esperienza da Erba Brusca, Vinello e Nebbia, per poi seguire l’avvio dell’apprezzato Section80Bar. Per il loro ristorante c’era moltissima attesa, ed è già considerato dalla critica una delle nuove aperture più interessanti di Milano. Ma come condiziona un menù, pensato per essere attento e ricercato, la scelta di aprire principalmente a mezzogiorno? «Il pranzo influenza la cucina perché ci troviamo a rispondere a due esigenze diverse: quella di chi ha poco tempo, ma vuole comunque mangiare bene, e quella di chi vuole godersela, che sia in settimana o nel weekend». I primi possono orientarsi verso una formula fissa che ricorda quella dei bistrot francesi, «dove la rapidità del servizio non coincide con la rinuncia a un cibo fresco, ben cucinato e goloso». In questo caso spesso i protagonisti saranno i vegetali, e Santosuosso è nota per saperli valorizzare – al giornalista gastronomico Paolo Marchi, parlando del suo piatto “Spaghetti, demi-glace di cipolle alla brace e gremolata di limoni salati”, aveva detto: «Non mi piacciono le verdure in chiave dietetica; mi piacerebbe riscattarle dal loro ruolo di semplice contorno, per cui le rendo protagoniste».

La rinascita del pranzo Un menù a mezzogiorno può comunque avere molto da dire | Image 545318
Courtesy of Sandì Restaurant
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Courtesy of Sandì Restaurant
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Courtesy of Sandì Restaurant

Le proposte alla carta di Sandì invece sono pensate «per chi vuole mangiare con calma»: «Aprire di giorno – dice Santosuosso – pensiamo ci porterà un pubblico “adulto”, talvolta anche maturo; sarà molto interessante capirne i gusti e spingerlo ad assaggiare cose nuove, in un contesto un po’ diverso dalle classiche trattorie». Nel menù alla carta di Sandì, a oggi, trovano spazio proposte come il “Cordon bleu di lombata, servito con purè e fondo” (secondo alcuni già iconico), il “Cavolfiore al pepe verde” o la “Salsiccia di seppia e spalla di maiale, con salsa di nero alla marinara”, tra le altre cose. Un’idea di cucina, questa, che sembra rispecchiare quella che la stessa Santosuosso aveva descritto qualche anno fa al Gambero Rosso, parlando del futuro della ristorazione, e che per l’appunto forse trova la sua migliore espressione proprio nel momento del pranzo: «Una cucina sempre meno autoreferenziale e particolarmente orientata verso lo "stare bene" delle persone, che siano queste i clienti che ne godono oppure i dipendenti che la fanno».