Che cos'è il «circoletto» di cui si parla tanto a Belve?
La teoria per cui nel cinema si vedrebbero sempre le stesse facce
03 Dicembre 2024
Oltre all’iconica «Che belva si sente?», a Belve, quando vengono ospitate personalità provenienti dall’ambito cinematografico, la conduttrice Francesca Fagnani spesso chiede del presunto «circoletto» di attori e attrici che sembrerebbero avere più opportunità lavorative di altri professionisti del settore. Il tema ha origine da alcune affermazioni dell’attrice Giuliana De Sio, riprese durante una puntata della prima edizione di Belve, nel 2018, quando il programma veniva trasmesso sul canale Nove. «Lei ha detto che nel cinema lavorano sempre le stesse persone», riporta Fagnani, citando come fa spesso dichiarazioni dell’ospite rilasciate in passato. «No, l’hai detto tu, però è vero [...], ci sono poche persone, cinque o sei…è un circoletto», risponde l’attrice. Da quel momento, nel corso delle varie edizioni, riprendendo le affermazioni di De Sio Fagnani ha proposto la stessa domanda a molti suoi ospiti che lavorano nel cinema, come Margherita Buy, Raoul Bova, Carolina Crescentini, Claudia Pandolfi e Anna Foglietta, tra gli altri. «È abbastanza vero», ha commentato Nancy Brilli. «Io faccio parte di quel circoletto ormai», ha sottolineato Alessandro Borghi. Claudio Amendola ha invece detto di credere di non rientrare in questo insieme ristretto di attori e attrici, pur conoscendone l’esistenza – arrivando a parlare persino di «circolone». Di recente, Barbara Ronchi, in un’intervista con il quotidiano Il Messaggero, ha dichiarato di essere certa della presenza di questo «circoletto» – lei stessa per questo si è trovata «a un passo» dal cambiare mestiere. «E lo dico a malincuore», ha aggiunto l’attrice romana. «Il problema non sono gli attori ma chi governa il sistema. Chi non rischia e investe sui nuovi talenti», spiega. «Registi, produttori e distributori dovrebbero essere più generosi e accettare più scommesse [...] Se un talento non trova un varco, implode e si appassisce. Ne ho visti tanti finire così».
Cosa non funziona nella scelta dei cast?
la prima attrice a cui frafagni non ha chiesto: GIULIANA DE SIO UNA VOLTA A BELVE HA DETTO… #belve pic.twitter.com/MbmmbSN9co
— fottutissima (@unpooverthetop) November 26, 2024
la prima attrice a cui frafagni non ha chiesto: GIULIANA DE SIO UNA VOLTA A BELVE HA DETTO… #belve pic.twitter.com/MbmmbSN9co
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L’esistenza di questo ipotetico «circoletto» solleva interrogativi più ampi sull’accessibilità e la meritocrazia nel cinema italiano. La questione va oltre la polemica in sé e tocca nodi cruciali per il settore – tra cui la distribuzione delle opportunità, il gender pay gap, la scelta dei cast e la capacità del sistema di valorizzare nuovi talenti. Da un lato, i sostenitori dell’esistenza di questo gruppo ristretto di attori e attrici ritengono che il problema sia di natura conservativa, dettato cioè dalla necessità di continuare a garantire incassi sicuri ai film. Molti registi e produttori tenderebbero infatti a privilegiare nomi capaci di attrarre pubblico e finanziamenti, riducendo così il rischio di un insuccesso commerciale. La regista Maura Delpero, durante il discorso per il Gran Premio della Giuria assegnato al suo film Vermiglio, ha ricordato che senza l’accesso ai fondi pubblici – cioè a sovvenzioni statali destinati al cinema d’autore che assicurano maggiore libertà creativa – probabilmente avrebbe «dovuto scegliere delle star che garantissero una commercializzazione immediata» dell’opera. L’effetto del presunto «circoletto» avrebbe anche implicazioni sulla qualità dei prodotti cinematografici. Se da una parte, lavorare con interpreti affermati garantisce un certo livello di incassi, dall’altra potrebbe limitare la scoperta di nuovi volti e autori. Secondo molti, infatti, è fondamentale investire su talenti emergenti per garantire la vitalità e la continua rigenerazione dell’industria cinematografica. «Ci vorrebbero più Bellocchio, Sorrentino e Garrone», ha detto Barbara Ronchi al Messaggero, citando come esempio tre importanti registi che in alcuni casi hanno dimostrato di preferire attori e attrici poco noti, se non del tutto esordienti, per le loro pellicole. Ma questa tematica non è esclusiva del cinema italiano.
@bringamitpodcast her interviews seem to suggest she was glad to escape her typecast #ScarlettJohansson #actor #Actors #fyp #marriagestory som original -
Anche a Hollywood si discute spesso di “typecasting”, ovvero quel più ampio fenomeno per cui gli stessi attori e attrici vengono sistematicamente scelti per soggetti simili o stereotipati, basati su caratteristiche fisiche, determinate personalità o ruoli passati. In molti casi, infatti, chi si trova a interpretare a lungo certi soggetti rischia di rimanere incastrato in quelle stesse parti, e di non riuscire ad avere una carriera che vada al di là di esse. «Quando facevo la commedia italiana ho capito che quello non era il ruolo per cui avevo iniziato a recitare» ha ricordato Anna Foglietta a Belve, dicendo di aver avuto il timore di rimanere «ingabbiata» in quell’immaginario. Anche i tre protagonisti dei film di Harry Potter più volte hanno raccontato che alla fine della saga non recitavano più un ruolo, ma direttamente sé stessi: successivamente ognuno a modo proprio ha provato a liberarsi dal suo personaggio, imparando – con tutte le difficoltà del caso – cosa significhi interpretare un soggetto fittizio. Tuttavia, mentre l’industria cinematografica anglosassone sembra riuscire a bilanciare questa dinamica grazie a un numero elevato di produzioni variegate e un settore più vivace, il cinema italiano deve confrontarsi con limiti strutturali e finanziari più evidenti, cosa che secondo molti porterebbe a scegliere volti noti per limitare i rischi nella fase di distribuzione delle opere.