Perché i “surprise album” funzionano ancora
Una modalità di pubblicazione che sfida le tradizionali tecniche di marketing
28 Novembre 2024
Di recente Kendrick Lamar ha pubblicato del tutto a sorpresa il suo sesto album, GNX: lo ha fatto cioè senza sfruttare singoli, annunci, eventi stampa o attività promozionali per anticiparne l’uscita. Il disco ha ricevuto molta attenzione, da un lato perché Kendrick Lamar è il rapper più celebre e influente della sua generazione, dall’altro perché era qualche anno che nell’industria discografica mainstream non si assisteva all’uscita di un “surprise album” – come vengono definiti – da parte di un così grande nome. GNX arriva due anni dopo il disco precedente, Mr. Morale & The Big Steppers, e contiene 12 canzoni. L’unica attività promozionale che è stata fatta è lanciare su YouTube, poco dopo l’uscita dell’album, il video (di un solo minuto) del brano che dà il nome alla pubblicazione. Rinunciare alla fase di promozione per molti artisti (anche del calibro di Kendrick Lamar) è praticamente impensabile: per questo i surprise album rappresentano comunque manovre di marketing per nulla scontate. Al tempo stesso, però, questa modalità di pubblicazione permette di concentrarsi a tempo pieno sulla registrazione del disco, evitando di distrarsi eccessivamente con le spesso necessarie iniziative promozionali. Il prossimo 9 febbraio Kendrick Lamar canterà allo spettacolo dell’intervallo del Super Bowl, e con ogni probabilità eseguirà per la prima volta dei brani tratti da GNX.
Da dove arrivano i surprise album
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Una decina d’anni fa i “surprise album” erano molto in voga, a tal punto da diventare tutto sommato comuni nella scena musicale statunitense. Ad aver contribuito più di tutti a sdoganare questa modalità di pubblicazione è stata Beyoncé. I dischi che ha realizzato tra il 2013 e il 2018 – cioè l’omonimo Beyoncé, l’apprezzato Lemonade, ed Everything Is Love, pubblicato insieme a suo marito Jay-Z – uscirono ognuno improvvisamente, spiazzando le riviste di settore e gli addetti ai lavori. Anche per via del frequente ricorso che ne ha fatto Beyoncé, a un certo punto i surprise album agli occhi del pubblico avevano perso il loro fascino: verso il 2020 erano diventati talmente frequenti che non erano più percepiti come una novità, ma erano ormai considerati al pari di altre modalità di pubblicazione più tradizionali. Il termine, inoltre, era così abusato dalle testate musicali e dagli addetti ai lavori che perse il suo vero significato: ad esempio si parlava di surprise album anche quando i dischi non venivano annunciati esplicitamente, ma l’uscita era comunque facilmente intuibile da diversi elementi, pensati per generare hype – come post ambigui sui canali social degli artisti. Eppure questa modalità di pubblicazione, in origine, era nata proprio per non permettere ai media specializzati e ai molti blog online di dare anticipazioni sugli album a cui gli artisti stavano lavorando, così da potersi dedicare alla realizzazione del disco con la lucidità necessaria.
Only one person changed the day new music drops, popularized visual albums, created surprise drops with no promo, whose influence in popular culture is unmatched, and has LEGENDS vouching for her… so. https://t.co/H3H3mOY4Do
— Meech (@MediumSizeMeech) November 19, 2024
Da alcuni punti di vista i surprise album furono effettivamente innovativi: prima che diventassero comuni, scegliere di evitare la fase di promozione era una mossa sconveniente per molti artisti, perché significava rinunciare a generare aspettative e a favorire entusiasmo attorno alla pubblicazione, rischiando di conseguenza una minore visibilità e un impatto commerciale ridotto. Senza il sostegno di campagne di marketing strutturate, infatti, non è sempre facile garantire vendite elevate o buoni posizionamenti nelle classifiche, compromettendo potenzialmente anche la longevità dell'album sul mercato. Puntando tutto sulla qualità del disco – evitando così di perdere tempo in viaggi, interviste ed eventi promozionali – gli artisti si assumevano il rischio di affidarsi esclusivamente al passaparola e alla reazione immediata del pubblico, sfidando le regole tradizionali del settore e dimostrando che l’impatto artistico poteva prevalere sulla macchina del marketing.
Un caso molto noto di surprise album riuscito fu In Rainbows, il settimo disco dei Radiohead, pubblicato nel 2007 e descritto come uno dei primi casi in cui vennero sfruttati i benefici di questa modalità di pubblicazione. Un altro esempio citato spesso è The Next Day di David Bowie, che tra il 2011 e il 2012 lavorò con grande riserbo a questo album (il suo quindicesimo), chiedendo a tutte le persone coinvolte – tecnici, musicisti, manager e così via – di firmare un accordo di riservatezza. Altri surprise album celebri sono Songs Of Innocence degli U2 (2014), If You’re Reading This It’s Too Late di Drake (2015), A Seat at the Table di Solange (2016) e Anti di Rihanna (2016), tra gli altri. In Italia tale modalità di pubblicazione è stata meno adottata, ma forse proprio per questo motivo i pochi surprise album usciti finora hanno generato una grandissima attenzione: è il caso ad esempio di Rehab di Ketama126 (2018), di Noi, loro, gli altri di Marracash (2021) o del secondo disco di Liberato (2022).