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Perché per alcuni ristoranti le stelle Michelin sono un peso?

Anche quest'anno, qualcuno ha avuto da ridire sul premio

Perché per alcuni ristoranti le stelle Michelin sono un peso? Anche quest'anno, qualcuno ha avuto da ridire sul premio

La scorsa settimana si è tenuta la serata di presentazione dell’edizione italiana della Guida Michelin 2025, che oggi include quasi 400 ristoranti, tra cui quattordici tristellati. La cerimonia di premiazione della “rossa” – come viene definita la guida, in riferimento al colore della sua copertina – per il settore della ristorazione è un po’ come la notte degli Oscar: il riconoscimento, infatti, è una delle più grandi certificazioni del settore, e per molti addetti ai lavori guadagnare una o più stelle Michelin è un vero e proprio punto di arrivo. Ma se da un lato le stelle sono associate al prestigio e alla garanzia di eccellenza a livello internazionale, dall’altro alcuni chef e ristoratori temono gli sforzi necessari per mantenerle. Ottenere una stella Michelin ha un evidente ritorno in termini di marketing e di introiti, ma al tempo stesso i ristoranti premiati successivamente fanno fronte ad aspettative più elevate da parte della clientela così come dei fornitori, della stampa specializzata o degli stessi dipendenti. Ricevere una stella Michelin, inoltre, contribuisce a mutare la composizione del pubblico che frequenta il ristorante, determinando in genere un aumento dei flussi turistici e una diminuzione degli habitué, spesso considerati fondamentali per la sostenibilità dei locali. A queste dinamiche vanno poi sommate le difficoltà più estese e persistenti che riguardano l’intero settore dell’alta ristorazione, legate alle conseguenze sul lungo periodo della pandemia, all’aumento dei costi di gestione, della catena di fornitura e alla carenza di personale.

Perché alcuni ristoratori rinunciano alla stella Michelin? 

Recentemente il celebre ristorante Giglio di Lucca ha detto di voler rifiutare la stella Michelin. I titolari hanno scritto di aver comunicato alla guida la loro decisione, con l’obiettivo di tornare a lavorare senza dover pensare a mantenere degli standard attribuiti da altri. La loro scelta aveva ricevuto diversi apprezzamenti sui social, ma anche qualche critica da chi considerava questo annuncio un modo per farsi pubblicità, prevenendo un eventuale esclusione dalla guida del 2025 – cosa che è effettivamente avvenuta. Ma non è la prima volta che viene rifiutata una stella: nel 2017, lo chef francese Sébastien Bras aveva chiesto alla guida che al suo ristorante venissero tolte le tre stelle Michelin, mantenute dal 1999, sostenendo di essere stanco delle pressioni che generavano. Per le stesse ragioni, nel 2011 la chef Skye Gyngell del Petersham Nurseries di Londra aveva definito l’attribuzione delle stelle una sorta di maledizione. Prima ancora, nel 2003, si era parlato molto del suicidio di Bernard Loiseau, uno degli chef più famosi di Francia: la sua morte era stata associata da alcuni media alla possibilità che il suo ristorante, La Côte d’Or, stesse per perdere la terza stella dopo dodici anni – cosa che poi non accadde.

La lista di chef e ristoranti che hanno voltato le spalle alla guida culinaria più famosa al mondo non finisce qui: nel 2018, lo storico ristorante dello chef spagnolo Dani García chiuse circa tre settimane dopo aver ottenuto la terza stella. Pur ritenendo il riconoscimento fonte di grande soddisfazione, García disse che non credeva di avere la lucidità necessaria per mantenere un ristorante da tre stelle Michelin. «Avevo già raggiunto il mio obiettivo nel mondo dell’alta ristorazione, dopo vent’anni di cucina, ma quel risultato avrebbe potuto compromettere la mia libertà di fare cose nuove», disse García al magazine di cucina Eater. Questo non significa che gli effetti delle stelle Michelin siano sempre necessariamente negativi: moltissimi ristoranti ne traggono grande beneficio, anche sul piano delle attenzioni mediatiche. In un ambiente estremamente competitivo come quello dell’alta ristorazione, perdere una stella è considerato un notevole passo indietro, che può avere gravi ripercussioni sul fatturato del ristorante. Resta il fatto che le stelle – assegnate fino a un massimo di tre – non sono un premio che è possibile restituire o richiedere. Sono gli ispettori a valutare, in incognito, i ristoranti e decidere se includerli o meno nella guida; si può anche solo essere citati, senza ricevere alcuna stella. Ogni anno, poi, i critici tornano a mangiare nei ristoranti selezionati, ancora una volta in incognito, per convalidare o rimuovere i riconoscimenti dati in precedenza. Quest’anno i tredici ristoranti tristellati italiani sono stati tutti riconfermati, e a questi si è aggiunto Casa Perbellini 12 Apostoli, a Verona, dello chef Giancarlo Perbellini.