Starbucks ha stancato?
L’azienda non se la passa bene, ma in Italia continua a funzionare
29 Ottobre 2024
Starbucks di recente ha reso pubblici alcuni dati che mostrano una diminuzione delle vendite a livello internazionale. L’azienda ha registrato un calo del 7 per cento rispetto allo scorso anno, che ha generato una riduzione dei ricavi di circa tre punti percentuali – pari a 9 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti, dove Starbucks è nata ed è più radicata, la contrazione delle vendite è stata del 6 per cento. Anche il fatturato per l’anno fiscale appena concluso è stato minore di quanto l’azienda avesse previsto. Dopo questo annuncio il valore delle sue azioni in borsa ha perso 4 punti percentuali. La società ha motivato questa decrescita parlando di un abbassamento del numero di clienti nei suoi negozi. La crisi di Starbucks era cominciata con un rallentamento meno evidente nella prima metà dell’anno, per questo dopo sei mesi di regressione – con un valore delle azioni sceso nel complesso di quasi il 30 per cento – l’azienda aveva deciso di sostituire il proprio amministratore delegato. Quello attuale, Brian Niccol, non ha nascosto che per riguadagnare terreno sarà necessario cambiare radicalmente la strategia della società, semplificando le modalità di vendita e il menù – considerato della stessa dirigenza troppo complesso. «Dobbiamo concentrarci su ciò che ci ha sempre contraddistinto: una caffetteria accogliente dove le persone si riuniscono e in cui serviamo un ottimo caffè preparato artigianalmente», ha detto Niccol accennando al progetto “Back to Starbucks”, che mira a snellire l’offerta commerciale tornando a valorizzare i prodotti che hanno fatto il successo del marchio.
Starbucks going from a genuinely nice place to sit and read or hang out to a high octane, clamoring production warehouse for pickup and drive thru orders is one of the hardest hospitality fumbles of all time
— Jesse (@MuskTillDawn) October 27, 2024
La società ha spiegato che gli investimenti fatti nell’ultimo periodo non hanno portato ai risultati attesi: nello specifico, erano stati avviati piani per offrire ai clienti una scelta più ampia di bevande, insieme a promozioni più convenienti per coloro che acquistano tramite l’app proprietaria. Inoltre l’azienda ha dichiarato di aver subito la concorrenza di altre caffetterie e brand simili a Starbucks. Questo è avvenuto soprattutto in Cina, il secondo mercato principale del gruppo dopo quello statunitense e uno dei Paesi dove il marchio aveva maggiori piani di espansione – qui la diminuzione delle vendite è stata di quasi 15 punti percentuali. Di recente, poi, c’è stato un boicottaggio nei Paesi a maggioranza musulmana verso i principali brand occidentali: ne ha risentito soprattutto Coca-Cola, e in misura minore altre catene come la stessa Starbucks. Più in generale, dopo l’esperienza della pandemia l’azienda si è trovata a dover fare i conti con un ridimensionamento delle spese da parte dei consumatori, soprattutto nei confronti dei beni che non rientrano tra quelli di prima necessità.
Come se la passa Starbucks in Italia
La strategia di personalizzare l’offerta del marchio in base alle specificità locali – puntando su un'ampia gamma di prodotti, al fine di attirare sia persone del luogo che turisti – si è vista anche nei punti vendita in Italia, dove però tutto sommato ha funzionato. Starbucks conta oggi oltre 40 negozi nel Paese, e quello italiano è un mercato su cui l’azienda sembra voler continuare a investire. Il primo Starbucks in Italia ha inaugurato a Milano, in piazza Cordusio, nel settembre 2018: si trattava di uno store speciale, che il marchio definisce “roastery”, in cui è cioè presente anche una torrefazione, oltre ad arredi più eleganti e spazi ampi rispetto agli Starbucks tradizionali. In quel momento il marchio aveva aperto realtà del genere solo a Shanghai e Seattle, città in cui è stata fondata l’azienda. Quattro anni più tardi il punto vendita di piazza Cordusio ha chiuso, ma nel frattempo sono stati lanciati decine di altri negozi in tutta la penisola – l’ultima apertura è quella avvenuta a metà ottobre a Venezia, nei pressi del ponte di Rialto.
L'arrivo di Starbucks in Italia è stato un passo molto importante per il marchio, che ha dovuto cercare di fare breccia in un pubblico fortemente legato alla cultura del caffè – più che altro per una questione di tradizione, non tanto perché qui sia necessariamente migliore: già diversi anni, infatti, si parlava della scarsa qualità delle miscele presenti nei bar e le modalità errate di preparazione. Inoltre, in Italia il caffè non è considerato un bene di lusso, mentre in molti altri Paesi sì – ed è stata proprio questa l’intuizione di Starbucks: cercare di valorizzare la bevanda con drink pensati ad hoc, naming iconici (“Frapuccino”, “Caramel Macchiato”) e un design delle cup diventato di culto. Non è un caso che l’azienda abbia iniziato a guardare al mercato italiano quando era già presente in oltre 70 Paesi del mondo, e aveva avviato la sua espansione internazionale decenni prima. Tuttavia, se negli Stati Uniti e in altri mercati fondamentali per l’azienda il brand Starbucks retrocede, in Italia no, anche perché riesce a intercettare i grossi flussi turistici delle città d’arte.