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Cosa sta accadendo attorno allo show di Disney+ sull’omicidio di Sarah Scazzi?

Avetrana è stato un caso mediatico, e ora lo è anche la sua serie Qui non è Hollywood

Cosa sta accadendo attorno allo show di Disney+ sull’omicidio di Sarah Scazzi?  Avetrana è stato un caso mediatico, e ora lo è anche la sua serie Qui non è Hollywood

Avetrana - Qui non è Hollywood sta vivendo speculativamente lo stesso trattamento che ricevette al tempo il delitto di Sarah Scazzi. Era il 2010, i colpevoli erano i parenti della famiglia Misseri e il grande scandalo, oltre alla morte della quindicenne, fu la massima attenzione riservata dall’opinione pubblica. Tutti si sentivano in diritto di dire la propria, così come tutti dopo la notizia dell’uscita della miniserie in quattro puntate, originale di Disney+, sono corsi a indignarsi e sbeffeggiarne il poster (effettivamente bruttino) insieme al trailer appena rilasciati. La domanda era ed è tuttora: come può venire in mente a qualcuno di riprendere uno dei fatti di cronaca più neri della storia italiana e trasformarla in materiale da vendere al miglior offerente? - o al miglior streamer, in questo caso. 

Il dolore e lo stupore che suscitarono quattordici anni fa gli eventi del comune pugliese sono evidentemente ancora freschi nella mente e nei turbamenti dei molti che seguirono da vicino - comunque dal divano della loro casa - il caso. E potettero farlo proprio per via di quel sottotitolo, Questa non è Hollywood, che venne scritto come memorandum su uno dei muri di Avetrana, visti i pellegrinaggi suoi luoghi del delitto e le emittenti televisive continuamente alla ricerca di scoop dal territorio. È per questo che come punto nevralgico la miniserie, che riserva quattro punti di vista per quattro puntate (Sarah, Sabrina, Michele e Cosima), ha tra i suoi precetti l’intenzione di voler raccontare il circo mediatico che ha inglobato paese, coinvolti e cittadini in un buco nero fatto di servizi al TG e interviste strappate per parlare della tragica scomparsa di Sarah. Di cui, ricordiamo, il corpo venne ritrovato in diretta proprio durante il programma Chi l’ha visto?. Una tale impostazione della miniserie avrebbe potuto aiutarci meglio nella comprensione di cosa e come i riflettori possono cambiare e influenzare le persone, che vivano della loro luce o solamente di quella riflessa. Ma, al contempo, è ciò su cui il prodotto fallisce, sprecando addirittura l’occasione di non spingere sul fervore ossessivo e fanatico che il true crime suscita. Perché anche nell’aver da ridire su Avetrana - Questa non è Hollywood si cela un’ipocrisia che fa finta di non provare a propria volta una certa curiosità verso il genere, reso ad oggi uno degli intrattenimenti più in voga tra podcast, serie tv e piattaforme. E non è che se lo si inglicizza si può far finta che sia qualcosa lontano da noi. Noi che abbiamo appena finito la seconda stagione di Monsters su Netflix o, per rimanere in Italia, non perdiamo un episodio ogni primo del mese di Indagini di Stefano Nazzi. 

Non fa certo piacere sentirsi invasi, depredati, con una produzione che ha voluto rubare a piene mani in casa nostra. Ma non è nemmeno la prima volta se pensiamo al film di Marco Tullio Giordana del 2021 Yara o a Per Elisa - Il caso Claps da Marco Pontecorvo. Il più grande dubbio suscitato da Avetrana, però, non è l’ambiguità della realizzazione, ma l’aver romanzato ciò che è talmente privato che non si può che ipotizzare. Lo dichiara anche in apertura la serie, tratta dal libro Sarah. La ragazza di Avetrana di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni. Là dove serviva integrare, lo show ha integrato, ma alla fine la riflessione sulla mania delle telecamere e come abbiano condizionato i protagonisti e gli spettatori rimane superficiale, e ciò avviene del resto alla caratterizzazione dei personaggi, ai loro punti di vista e all’intera narrazione della miniserie.  Che, forse, avrebbe dovuto osare di più a questo punto. Creando magari una messinscena che al caso si ispirava solo sommariamente e puntato quindi a realizzare un vero prodotto di genere, come quel thriller che tanto prova a richiamare e che finisce solo ad essere di portata popolare. Non così differente da qualche altra fiction, vista anche al di fuori delle finestre streaming. Oltre al prestare maggiore accortezza sul poster, che fosse stato anche volontario il confronto con Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda era abbastanza scontato generasse l’ironia o lo storcimento del naso nel pubblico. 

@marty_berny10 Il tuo personaggio è conosciuto agli occhi dell'opinione pubblica in maniera negativa, interpretandolo hai trovato qualcosa di positivo? #AvetranaQuiNonÈHollywood #disneyplus suono originale - marty_berny10

Sarebbe dunque infido tacciare di mancanza di tatto una produzione quando il true crime, soprattutto se arriva da oltreoceano, genera richiamo e pubblico. Come è anche eccessivo citare in giudizio la Disney e la serie, come fatto dal sindaco di Avetrana che ha richiesto la sospensione immediata dello show e il cambio del suo titolo dopo un ricorso d’urgenza, accolto dal Tribunale di Taranto e che comporterà lo slittamento della data di uscita in data da confermarsi, confermato ufficialmente oggi dagli account ufficiali di Disney+ Italia. Tra le ragioni la paura che «susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà», si legge dagli atti. Ma il rispetto per la memoria di Sarah Scazzi nello show ce n’è, è da riconoscerlo, seppur la sceneggiatura zoppica a più riprese - problematico l’approfondimento (mancato) sulla psicologia che si cerca di fare su Sabrina insieme alla sua scivolata sulla rappresentazione dei corpi non conformi, tralasciando il freno a mano tirato proprio sul mefistofelico ritorno mediatico dell’evento di cronaca. Ciò che risulta più fuori luogo è giusto il continuo voler evocare la morte fin dall’inizio, vezzo di scrittura oltre che registico, che non distanzia comunque Avetrana - Qui non è Hollywood da una miniserie come molte viste e che, come per Monsters e le altre, forse rivela che la parte davvero interessante da analizzare di questi prodotti non è la loro fattura, ma cosa suscitano nelle masse e in noi stessi.