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Gli affitti transitori piacciono o no?

In alcuni casi sono visti come la soluzione, in altri un limite

Gli affitti transitori piacciono o no? In alcuni casi sono visti come la soluzione, in altri un limite

Negli ultimi anni l’aumento del costo dei mutui ha ridato slancio al mercato degli affitti in generale, ma soprattutto quello delle stanze date in locazione a studenti e lavoratori: la domanda è stata particolarmente alta, non solo nei grandi centri. Lo scorso anno i rincari delle stanze in affitto nelle città universitarie avevano generato diffuse manifestazioni da parte degli studenti, che in alcuni casi hanno portato a qualche risposta delle istituzioni. In questo contesto si è notata una forte crescita dei cosiddetti affitti transitori, basati su contratti d’affitto non superiori ai 18 mesi, che sembrano siano in parte capaci di incontrare le esigenze di chi affitta e di chi è in cerca di una locazione, soprattutto grazie alla flessibilità che offre a entrambe le parti. Secondo un’analisi diffusa dall’osservatorio di Immobiliare.it, uno dei principali portali di annunci immobiliari in Italia, nell’ultimo anno la domanda per gli affitti transitori è aumentata un po’ ovunque, con Roma e Milano al primo e al secondo posto (rispettivamente +65% e +59%), seguite da Bari (+57%) e Torino (+52%).

L'aumento della domanda per gli affitti brevi ha provocato un ulteriore rialzo dei prezzi, cresciuti del 17%; inoltre, nonostante una forte richiesta, l'offerta non sembra accennare a diminuire – al contrario, secondo quanto riporta Immobiliare.it, in Italia è aumentata del 39%. L’incremento più rilevante si è verificato a Milano, dove la presenza di affitti transitori è più che raddoppiata rispetto allo scorso anno. La formula è diventata così popolare perché è una tipologia di contratto che incontra il favore sia dei proprietari, in quanto remunerativa e meno rischiosa, sia dei locatari, soprattutto di studenti e giovani lavoratori – che non hanno intenzione di vincolarsi a lungo tempo e ne apprezzano la flessibilità. Lo stesso vale per le giovani coppie, soprattutto quelle che non hanno ancora trovato la soluzione giusta, non si sentono pronti per comprare casa insieme oppure non possono del tutto permettersela e rimangono in attesa di un ulteriore ribasso dei tassi di interesse.

Il problema di andare a vivere da soli in Italia

@levanto.federica Ogni tanto ci penso davvero ma poi mi ricordo che questo è letteralmente il prezzo da pagare per la mia indipendenza e va bene così #fuorisede #vitadafuorisede #viverealnord Hotline Bling - Patarma

Insieme a Grecia, Portogallo e Spagna, l’Italia è uno dei grandi Paesi europei dove i giovani tendono a diventare indipendenti più tardi: in media nel nostro Paese chi vive con i propri genitori riesce a lasciare casa non prima dei trent’anni. Le ragioni sono complesse e sfaccettate, e riguardano tanto la dimensione economica quanto quella sociale. Una delle motivazioni che pesa maggiormente è legata al costo di andare a vivere da soli, in rapporto allo stipendio percepito – che in Italia in media è già piuttosto basso se confrontato con quello dei principali Paesi europei. Vale tanto di più per i giovani, che tendenzialmente sono entrati da poco nel mercato del lavoro. Il fenomeno, poi, si aggrava soprattutto nelle grandi città, dove il costo delle abitazioni e della vita in generale è più alto. In Italia, il primo approdo per i giovani che lasciano casa dei genitori sono le case in condivisione, che tuttavia negli ultimi anni sono diventate più costose. Nonostante sia una soluzione che non tutti apprezzano, in particolare tra chi ha terminato gli studi, ha un’occupazione fissa e una relazione di coppia più o meno stabile, rappresenta l’unica soluzione alla portata di molti, anche tra chi lavora. Andare a vivere da soli presenta costi che per tante persone sono proibitivi: chi vive da solo spende in media – ogni mese – quasi il 50% in più di una persona che abita in coppia. E se prendersi del tempo con un affitto transitorio è visto come il primo passo verso l'indipendenza, i minori vincoli contrattuali e il limite dei 18 mesi di tempo non sono apprezzati da tutti. In particolare, dopo il boom di questa formula, in molti accusano la minore disponibilità di affitti tradizionali sul mercato, specialmente nelle grandi città – cosa che costringe tante persone in cerca di una sistemazione a non poter fare programmi a lungo periodo.