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Protestare in Italia sta diventando più rischioso

Soprattutto a seguito di un inasprimento delle pene voluto dal governo

Protestare in Italia sta diventando più rischioso Soprattutto a seguito di un inasprimento delle pene voluto dal governo

Di recente è stato presentato un disegno di legge fortemente voluto dal governo di Giorgia Meloni, il Ddl Sicurezza, che in sostanza tra le altre cose renderà più difficoltose e rischiose le azioni di proteste – in generale: dunque non solo quelle in piazza, ma anche quelle che ad esempio avvengono nei luoghi di detenzione. Sui 38 articoli di cui si compone la proposta ce ne sono almeno 14 che prevedono l’introduzione di nuovi reati o estendono la loro applicabilità, mentre oltre 10 disposizioni rendono più restrittive e severe certe norme penali. Di recente il Ddl Sicurezza è stato assegnato alla commissione Giustizia del Senato, che dovrà analizzarlo prima che venga approvato in via definitiva – ma è ritenuto piuttosto improbabile che vengano effettuate modifiche sostanziali alla misura. Il provvedimento è stato fin da subito giudicato eccessivamente repressivo, persino per gli standard di un governo che simpatizza con le "battaglie elettorali" tipiche dell'estrema destra. Questo approccio del governo Meloni è stato anche definito “populismo penale”. Il motivo è che la misura si focalizza su condotte che di per sé sono già trattate dal codice penale, proprio com’era avvenuto con il Decreto Rave. Per questo sono stati sollevati molti dubbi sulla sua effettiva necessità, al di là degli obiettivi propagandistici. 

Per chi manifesta per il clima si fa dura

L’articolo 14 del Ddl Sicurezza introduce il reato di blocco stradale, trasformando questa pratica – che consiste nell'interrompere fisicamente il traffico stradale, ad esempio – da illecito amministrativo a illecito penale. Finora per chi organizzava un blocco stradale era prevista una multa da mille a 4mila euro: adesso si punta a introdurre la pena di un mese di reclusione, che però aumenta – da 6 mesi a 2 anni – se il fatto è stato commesso da più persone riunite. Si tratta di una norma pensata principalmente per disincentivare e punire le proteste tipiche degli attivisti per il clima, che negli ultimi anni hanno più volte manifestato attraverso blocchi stradali. Il governo, in questo senso, sembra voler mostrare una stretta su un tema sentito da molti elettori conservatori. Gli articoli 19 e 20 aumentano inoltre le pene per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, oltre che di lesioni e minaccia.

@vdnews.tv Migliaia di persone – soprattutto giovani studenti – sono scese in piazza ieri a Roma a manifestare contro il ddl sicurezza, che martedì 1 ottobre sarà discusso al Senato, dopo essere già stato approvato alla Camera. Se dovesse diventare legge, potrebbe in un colpo solo introdurre 13 nuovi reati: da quello di blocco stradale o ferroviario attuato “con il proprio corpo” (è facile, qui, vedere la criminalizzazione delle proteste per il clima) fino al reato di resistenza passiva in carcere o nei centri per migranti. #ddlsicurezza suono originale - VDnews

Sempre nell’ambito delle proteste in favore di politiche più attente all’ambiente e al problema del riscaldamento globale, l’articolo 24 inasprisce le pene per il reato di deturpamento di beni pubblici. Negli anni recenti è successo varie volte che durante alcune azioni dimostrative per il clima venissero momentaneamente imbrattati dei monumenti. Attualmente questi reati sono puniti con pene da 1 a 6 mesi di reclusione, e multe da 300 a mille euro: con il Ddl Sicurezza si vuole introdurre un nuovo reato che si applica alle azioni compiute contro strutture utilizzate per funzioni pubbliche – ad esempio le sedi di istituzioni. Le pene in questo ambito arriveranno a un massimo di 18 mesi di carcere, con sanzioni che vanno da mille a 3mila euro. In caso di recidiva la condanna si traduce in tre anni di reclusione e 12mila euro di multa. Un’altra disposizione del Ddl Sicurezza estende l’applicazione del cosiddetto daspo urbano. La proposta è che quello che consiste in un divieto di accesso a luoghi ritenuti sensibili (come le piazze che ospitano le manifestazioni) venga applicato anche nei confronti di chi è stato solo denunciato, o condannato in via non definitiva, per reati contro il patrimonio – tipici di chi effettua azioni dimostrative per il clima.

Cosa succederà a chi protesta in carcere

C’è poi un altro nuovo reato voluto dal Ddl Sicurezza: quello di rivolta all’interno di un istituto penitenziario. È affrontato dall’articolo 26 del disegno di legge, e anche in questo caso la misura sembra una più che altro una risposta ad eventi recenti che hanno diviso l’elettorato. Ultimamente, infatti, ci sono state diverse proteste di detenuti nelle carceri italiane, dovute anche e soprattutto alle pessime condizioni in cui versano. Il reato prevede pene da uno a otto anni di reclusione – ma con aggravanti che arrivano fino a 20 anni – per chiunque promuova o organizzi una sommossa all’interno di un istituto penitenziario, anche solo esercitando resistenza passiva. Questa formulazione, tra quelle presenti nel Ddl sicurezza, è considerata potenzialmente la più problematiche, perché potrebbe comprendere anche chi disobbedisce pacificamente agli agenti di polizia penitenziaria. Con la stessa logica, l’articolo 27 introduce un nuovo reato per sedare le rivolte messe in atto all’interno dei centri che trattengono i migranti. Anche questi si trovano in condizioni spesso considerate degradanti, e in genere le proteste scoppiano proprio per tale ragione. Per chi promuove o organizza le sommosse in questi luoghi le pene vanno da uno a sei anni di reclusione, mentre chi vi prende parte rischia fino a 48 mesi di carcere.