Vedi tutti

Cosa sta succedendo a Telegram?

Arriva la stretta sui criminali che operano attraverso l'app

Cosa sta succedendo a Telegram? Arriva la stretta sui criminali che operano attraverso l'app

L’app di messaggistica istantanea Telegram torna a far parlare di sé, a meno di un mese dall’arresto in Francia del CEO e co-fondatore Pavel Durov. Durov era stato detenuto dalle forze dell’ordine francesi nell'ambito di un’indagine riguardante reati di pedopornografia, traffico di droga e transazioni fraudolente sulla piattaforma. Dopo anni di attività illecite avvenute tramite Telegram, il CEO ha annunciato tramite un post sull’app un cambiamento di policy: la piattaforma fornirà ora gli indirizzi IP e i numeri di telefono degli utenti sospetti alle autorità. Secondo Durov, questa decisione mira a porre fine all'uso illegittimo di Telegram. Una scelta sorprendente, considerando la posizione che Durov ha mantenuto per anni, dichiarando di non aver mai condiviso «nemmeno un byte delle informazioni personali dei propri utenti». Da un lato, Telegram è stato un pioniere nella protezione della privacy dei suoi utenti, in un mondo dove i dati sensibili vengono spesso venduti a terzi senza il consenso degli interessati. Dall'altro, tuttavia, questa stessa politica ha permesso che la piattaforma venisse ampiamente abusata per scopi criminali, trasformandola in una sorta di "dark web tascabile".

Negli ultimi mesi, Telegram è stata aspramente criticata da diversi governi. In Corea del Sud, ad esempio, la piattaforma è stata accusata di aver esacerbato la crisi legata alla pornografia deepfake nel Paese. Dall’arresto di Durov, sempre più gruppi di pedopornografia su Telegram sono stati scoperti, generando stupore e sdegno anche su altre piattaforme social. Diversi Paesi hanno cercato di bloccare l’app: proprio all'inizio di questa settimana, l’Ucraina ha vietato l’uso di Telegram sui dispositivi ufficiali del personale governativo e militare. Il Consiglio per la Sicurezza Nazionale e la Difesa ucraino ha dichiarato che l’app viene utilizzata dal Cremlino per «attacchi informatici, distribuzione di phishing e malware, geolocalizzazione degli utenti e correzione degli attacchi missilistici». Durov ha rapidamente smentito le accuse di vendere informazioni al governo russo, sottolineando che Telegram non ha mai condiviso dati di messaggistica, nemmeno con la Russia. Paradossalmente, proprio la Russia aveva tentato di bloccare l’app nel 2018, un divieto che non è mai stato pienamente applicato dopo che il CEO aveva promesso di aiutare a contrastare l’estremismo e il terrorismo, non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Secondo le recenti dichiarazioni di Durov, Telegram adotterà misure ancora più stringenti: un team di moderatori più numeroso e un’intelligenza artificiale avanzata che contribuiranno a rendere la piattaforma un luogo più sicuro.