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"Rebel Ridge" è la nuova hit Netflix

Il protagonista è Aaron Pierre e interpreta un ex-marine esperto di arti marziali

Rebel Ridge è la nuova hit Netflix Il protagonista è Aaron Pierre e interpreta un ex-marine esperto di arti marziali

Più o meno a metà di Rebel Ridge, thriller poliziesco scritto e diretto da Jeremy Saulnier che sta spopolando su Netflix, il protagonista interpretato da Aaron Pierre dice, parafrasando: “Se stai cercando di dirmi che questa cittadina è corrotta non c’è bisogno di convincermi”. Questo perché, fin dal principio, è chiaro che si nasconda qualcosa di marcio nei sistemi amministrativi e giudiziari della contea di Shelby Springs, un reticolo di silenzi e favoritismi tutti diretti verso il mantenimento, solo per la facciata, del buon nome della polizia del distretto. E lo è altrettanto il fatto che l’opera stessa non celi mai le sue vere intenzioni, non volendo mostrare semplicemente una periferia infetta, condizione abbastanza usuale in simili tipologie di film, ma spingendo protagonista e spettatori verso lo smantellamento di un tale apparato, portando avanti la visione con la domanda: cosa farà il protagonista, senza avere neanche un piano?   

Nel frattempo gli agenti mettono tutto il proprio impegno nel cercare di non scuotere le fondamenta di un impianto che sono disposti a far rispettare anche con l’eccessivo uso della forza. Un abuso di potere di cui l’ex-marine Terry Richmond (Pierre) è vittima, per una pellicola Netflix che nel costruire un meccanismo narrativo e di genere solido e ben conosciuto, si appresta a dettare un tono del tutto personale, disteso al massimo e in cui l’aggancio con lo spettatore è un invito a seguire i personaggi nella fitta indagine. Una serie di eventi a valanga a cui dà il via un incidente in cui il protagonista rimane coinvolto, investito da una macchina della polizia nella scena d’apertura iniziale.

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rebel ridge is now playing on netflix

original sound - Netflix

Trovato con una busta piena di soldi destinati alla cauzione per fare uscire suo cugino di prigione, l’uomo verrà “derubato” dagli agenti e costretto a subire ingiustizie futili e inutili, volte solo al bene e al profitto della centrale di polizia stessa. È pur vero che, in altre circostanze più politicamente corrette, è probabile che il colloquio con cui si apre Rebel Ridge sarebbe andato diversamente. E così, quando anche l'America conosciuta da tutti rivela la sua reale faccia, ecco che un uomo innocente, senza precedenti, dai sani valori e con un passato negli ordinamenti che proteggono il paese, rischia di sentirsi arrivare una pallottola in pieno petto come tante volte si è visto nel cinema di denuncia, ma troppe ancora si è sentito nei telegiornali. 

È il bacillo di discriminazione razziale che segna il principio di Rebel Ridge, che costringe il protagonista a mettere in dubbio l’operato dei poliziotti e finisce per demolirne l’impalcatura fatta di violenze e cavilli tecnici che costringono altre persone a pagare per le colpe delle medesime istituzioni. Con la prima sequenza si può perciò intuire il rigurgito sociale di una categoria che spesso soffoca e accusa un’intera minoranza per il colore della pelle, un elemento che resta comunque bussola imprescindibile dell’intero film. Ma col proseguire, l’opera si allarga, addentrandosi in una trama fatta di ricerche sul campo e infinita perspicacia, soprattutto grazie ad un protagonista che trasforma l’unico scopo che aveva (consegnare i soldi) in un obiettivo più grande (far crollare il palazzo di vetro). E se la polizia dovesse farla franca, anche questa volta, almeno “non gliela rendiamo facile”

Godibile e disteso, Rebel Ridge pulsa della calma pronta ad esplodere del suo Aaron Pierre, della fierezza composta che il background del personaggio suggerisce, ma che appartiene anche alla postura e alla presenza dell’attore. Fluido e agile quando deve mettere in pratica le doti da insegnante di arti marziali, ma che rimane saldo al terreno, soprattutto quando si tratta di dover mostrare superiorità di fronte a chi sa utilizzare solo taser, insulti e sopruso. Un’opera buona, che partendo dall’assunto comune e noto del genere (la polizia corrotta) riesce a creare un intrigo tanto oculato quanto sadico. Un film che, come i suoi personaggi, dimostra di avere fegato, sia nell’adempiere ai suoi doveri di thriller, che inseguendo una propria identità.