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Non a tutti piacerà "Queer"

Il nuovo film di Luca Guadagnino che insegna al cinema come rispettare la letteratura

Non a tutti piacerà Queer Il nuovo film di Luca Guadagnino che insegna al cinema come rispettare la letteratura

«Tu non sei queer». È la prima battuta che pronuncia il personaggio interpretato da Daniel Craig nel nuovo film di Luca Guadagnino, Queer, scritto da Justin Kuritzkes - già sceneggiatore di Challengers - e basato sul romanzo dello scapestrato William S. Burroughs. La storia di un uomo folgorato da un giovane la cui venerazione non è ricambiata. Se, dunque, il ragazzetto a cui Lee si riferisce viene appellato come non appartenente alla categoria a cui per tutto il tempo il film si rifà, una “maledizione” di cui il protagonista parla e che sembra appartenere alla sua famiglia da generazioni (ovvero l’essere omosessuale, termine che quando viene pronunciato nel film fa sussultare una comparsa), la pellicola di Guadagnino lo è invece al cento per cento. Non tanto (non solo) per l’orientamento sessuale del personaggio di Lee, bensì per l’aderenza mantenuta con il romanzo del 1985 (per soldi, non per volontà) ambientato in un Messico fittizio, a cui viene innestata con prepotenza la vita trascorsa dallo scrittore statunitense. Come più di una volta lui stesso ha raccontato il libro è il preferito di Luca Guadagnino, per questo, a differenza dell’omaggio al Suspiria ispirato al cult horror di Dario Argento, il regista non mastica l'opera originale al punto di sputarla fuori con tutt’altro aspetto.

Nell'adattamento cinematografico di Queer, Guadagnino rispetta con rigore ogni pagina, a sottolineare una fedeltà che arriva dalla possibilità di poter vedere il proprio romanzo preferito sul grande schermo tanto da aggiungere sul finale la firma «William S. Burroughs’s Queer» e non quella del regista. È un particolare non indifferente, soprattutto per chi potrà trovare molto distante l’opera dal resto di un corpus cinematografico che ha scelto di essere camaleontico, senza mai adattarsi a un unico genere cinematografico. Sebbene siglato sempre dall'inciso “Guadagnino”, ciascun film del regista si è rivelato negli anni differente dai precedenti. C’è stato il già citato horror, il dramma borghese, il pop assoluto. E anche quando lo spirito poteva sembrare uguale, dal coming of age Chiamami col tuo nome a Bones and All, l’autore ha virato verso un animo volutamente più romantico, condito da sangue e surrealismo. Stavolta, con Queer, Guadagnino si piazza tra il metafisico di David Lynch (ma ancor più alla ricerca carnale e trasformativa del cinema) e il mostruosamente fisico di David Cronenberg.

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Cronenberg stesso è stato, nel 1991, realizzatore di un altro film tratto dai lavori di Burroughs: Il Pasto Nudo, che a più riprese viene richiamato anche in Queer con millepiedi e macchine da scrivere e che sottolinea con veemenza l’intenzione di Guadagnino e del compare Kuritzkes di fare un compendio cinematografico dell’opera dello scrittore beat. Non solo: di introdurre all’interno della pellicola la vita stessa di William Burroughs e, a propria volta, l’intercambiabilità della sua opera letteraria, che comunicava costantemente di titolo in titolo, romanzo in romanzo. È risaputo che al suo primo libro, La scimmia sulla schiena (rilasciato poi successivamente come Junkie), mancavano pagine per essere stampato e che, per integrarlo, Burroughs aggiunse una parte scritta inizialmente per Queer. Allo stesso modo, Guadagnino prende Cronenberg e mescola l’esistenza di Burroughs, il trauma su cui il resto dei suoi giorni hanno vorticato (l’uccisione accidentale della moglie Joan, presente qui e ne Il Pasto Nudo) e arriva a concludere la pellicola trascendendo il romanzo stesso, a metà tra il metafisico e il biopic, come fosse nell’Interzona che ha punteggiato assiduamente gli scritti dell’autore (a sua volta raccolta di racconti dei suoi primi lavori dal 1953 al 1958). Queer diventa un suo personalissimo 2001: Odissea nello Spazio, dove il tempo passa, va veloce, ripassando eventi fondamentali della sua vita, con un Lee/Burroughs invecchiato, un uomo di cui avevano previsto una vita breve a causa dell’eccessivo uso di stupefacenti ma arrivato invece a una tarda e veneranda età. 

Con il suo nuovo progetto Guadagnino mette di fronte allo spettatore un quadro chiaro e limpido di un testo filmico per niente facile da leggere, per chi non possiede le informazioni chiave con cui poter decodificarne le immagini, un dettaglio che crea la più grossa disparità tra chi potrebbe amare e chi odiare l’opera. Se non si conosce la biografia e il bagaglio di Burroughs bisogna fare un lavoro di estrazione, uscire fuori dall’idea di una narrazione lineare  - che non è detto debba portare da qualche parte. O, meglio, che come con la yage, droga che Lee e il suo interesse amoroso Allerton cercano in mezzo alla giungla, ciò che ci si deve attendere è trovarsi davanti uno specchio dentro cui guardare, accettando qualsiasi riflesso venga restituito anche e soprattutto se inaspettato. Se invece si arriva in sala con gli strumenti necessari - ma non obbligatori, visto che il piacere di un’opera dovrebbe rimanere tale a prescindere dalla cognizione che si ha pregressa a riguardo - Queer rivela l’ammirazione di Guadagnino per la visione del letterato, la brama di sperimentazione, di fusione di corpi vogliosi di un contatto, come la ricerca di una droga per attivare la telepatia e trovare finalmente una maniera per entrare in contatto con gli altri in modo primordiale, profondo, senza parole. La smania di Lee di farsi amare da Allerton e la tragica fine di una relazione mai iniziata. 

@loewe Daniel Craig, Luca Guadagnino and Drew Starkey in Venice attending the premiere of Luca’s new film “Queer” wearing custom #LOEWE. #Queer #LucaGuadagnino #DrewStarkey #DanielCraig original sound - LOEWE

In Queer Daniel Craig è istrionico, sebbene la descrizione di Lee nel libro avrebbe potuto permettere ancora di più. Il personaggio è di una fragilità che appartiene a chi è solo al mondo e ritrova nel sesso (poco, troppo poco, purtroppo, visto che sono state tagliate la maggior parte delle scene erotiche) la maniera di instaurare un contatto - spesso debole, di certo vacuo, destinato solo al tempo di una serata o di un motel pagato ad ore. Un plauso a Drew Starkey, che dalla serie Outer Banks fa un salto di qualità, trasfigurando corpo, volto e silhouette, avvolto con cura negli abiti del costum design Jonathan Anderson, direttore creativo di Loewe e del proprio omonimo brand. Un ulteriore passo in avanti per la regia di Guadagnino, Queer è a metà tra biografia e finzione, tra questo mondo e uno lontanissimo. È un invito (si sentono i Nirvana al primo scambio di sguardi tra Lee e Allerton con Come as You Are, praticamente una sollecitazione) a non avere paura di assumere un potente afrodisiaco, in questo caso il cinema, e di lasciarsi travolgere dai suoi effetti.