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“Trap” è il triller estivo che non vi lascerà andare

Ci eri mancato Josh Hartnett

“Trap” è il triller estivo che non vi lascerà andare Ci eri mancato Josh Hartnett

È sentire comune, soprattutto da parte di molta critica oltreoceano, considerare M. Night Shyamalan un regista mediocre, uno sceneggiatore giocoliere, un autore che sfida la vita con il suo numero spropositato di casualità, per il quale gli incidenti e le coincidenze portano a svolte e scoperte inaspettate. I finali a sorpresa sono il suo forte e, sempre per questo, sono largamente criticati; ritenuti spesso soluzione facile con cui concludere storie che si reggono unicamente sul presupposto che, a un certo punto e in un certo qual modo, lo spettatore debba venire scioccato, che ne vada anche il senso, la logicità o l’equilibrio dell’intero racconto. Una firma distintiva, ancor più in un panorama popcornesco e godereccio di cui i suoi film hanno sempre fatto parte. Che, volente o nolente per i suoi detrattori, hanno elevato Shyamalan da solo mestierante a vero e proprio autore da film di grande intrattenimento, che spesso significa lasciare un po’ indietro la coerenza per dare spazio allo stupore, come avevano fatto i pionieri del cinematografo prima di dedicarsi alla letteratura e ai testi noti per affermarsi come arte. Trap, che proprio dagli Stati Uniti arriva con un’accoglienza non propriamente entusiasta, è un ulteriore tassello di questa storia che parte da un cineasta che dell’industria dello spettacolo ha colto fin dai suoi primi lavori il piacere della meraviglia. “Vedo la gente morta”, nei venticinque anni dall’uscita del suo Il sesto senso, cos’altro è se non la possibilità di osservare un mondo-oltre, un mondo che non c’è e che diventa visibile sullo schermo? Lo show business è al centro dell’opera con Josh Hartnett, è la scatola in cui stavolta Shyamalan chiude i suoi personaggi, personale palcoscenico che varia di titolo in titolo, mettendo sempre in scena un nuovo spettacolo (la casa in Sign, The Visit e Bussano alla porta, la spiaggia di Old, la comunità in The Village). 

@warnerbrosph

New Trailer Alert: 30,000 Fans. 300 Cops. 1 Serial Killer. No Escape. #TrapMovie only in cinemas July 31. Original songs by Saleka as Lady Raven.

original sound - warnerbrosph

In Trap è un intero concerto la giostra (o la prigione) in cui si ritrova incastrato il protagonista. Padre, marito, pompiere e uomo dai saldi valori - così lo vede un venditore chiacchierone allo stand del merchandising - Cooper nel suo tempo libero è anche il Macellaio, uno spietato serial killer che ha fatto a pezzi una dozzina di persone nel giro di sette anni. Un uomo meticoloso, oltre che ossessivo-compulsivo: tiene le due vite separate, i “mestieri” divisi, ha varie case da poter utilizzare e una macchina scura per nascondere lo sporco. Ma, più di ogni altra cosa, è un genitore che ha regalato i biglietti alla figlia per sentir cantare la sua popstar preferita - Lady Raven interpretata dalla figlia di Shyamalan, Saleka. Un evento trasformato in trappola dalla polizia per catturare l’uomo di cui non si conosce né l’identità, né il volto. Un fortino da cui nessuno esce senza essere stato prima investigato, perquisito e interrogato. Se il più facile rimprovero che si può muovere nei confronti di M. Night Shyamalan è anche il suo punto di forza, ovvero l’attendere spasmodicamente il plot twist sia da parte del regista che da parte del pubblico, in Trap l’attenzione si sposta dal “cosa” al “come”, concentrando e facendo concentrare non sulla premessa che, di per sé, è già galvanizzante - un assassino viene intrappolato dal FBI e deve provare a scappare - ma la maniera in cui riuscirà (se riuscirà) a salvarsi. La roulette in cui si trova il protagonista moltiplica le opportunità e le intuizioni che smuovono la staticità dell’unico luogo in cui il regista incastra i personaggi e che troverà respiro da metà film in poi, fuori anche dalle quattro mura, senza mancare mai di continuare ad assestare ganci e trovate inusuali. 

Ma è nell’escape room cinematografica in cui ci ha infilato Shyamalan che comprendiamo come il divertimento sia una prerogativa fondante di un autore a cui si recrimina un’eccessiva leggerezza nel tenere insieme i fili conduttori delle sue storie, a cui basta semplicemente vivere della sospensione di un’incredulità di fronte a cui ci pone nella maniera più genuina e autentica immaginabile. Dicendoci: “Avanti, mi raccomando, credeteci insieme a me”. Che poi era anche il principio con cui si demonizzava la gestione del disturbo della personalità multipla di Split, in cui il mostro era tanto reale (un uomo con una vera patologia) quanto costruito ad hoc per sembrare sovrumano. Ma sono proprio gli stuzzicadenti che sostengono la sceneggiatura di Trap che, in una sfida sottilissima contro la razionalità e il tempo, fanno avanzare il protagonista in una stanza piena di specchi e, con lui, gli spettatori. Gli imprevisti sono una minaccia ulteriore, gli escamotage di fuga e la continua partita a scacchi tra film e pubblico sulle sorti del personaggio e se riuscirà a scamparla la miccia di uno svago apprezzato a pieno, prima ancora da chi ha allestito il tavolo da gioco. Non è un caso che, proprio sul red carpet del suo Trap, alla domanda sui suoi quattro film preferiti per Letteborxd, Shyamalan risponde: I predatori dell’arca perduta, L’esorcista, Il padrino e Lo squalo. Puro cinema di evasione, di grandi storie per un grande pubblico, scritti e diretti da grandi autori. E non tutti i thriller/horror possono, ma ancor più devono per forza essere strettamente ricercati. In un anno ci bastano MaXXXine e Longlegs

A contribuire alla dose di simpatia suscitata dal film, va il merito a M. Night Shyamalan di aver scelto come protagonista un insolito Hartnett, che riesce a passare attraverso registri interpretativi del tutto diversi in un battito di ciglia. Convincendo e soprattutto appassionando in ogni suo approccio. Sarà anche per questo che, pur sapendo della sua propensione a squartare le persone, fa sempre una certa tenerezza vederlo mentre ondeggia a ritmo di musica e guarda adorante verso sua figlia. Siamo in connessione col serial killer, ma più che sperare che se la cavi, si rimane sinceramente coinvolti nello scoprire se verrà svelato il suo piano, pensato e messo in atto in un continuo divenire. È spaventoso, affettuoso, intelligente, tutto in un colpo solo. Una mente criminale con la fortuna dalla propria parte, e chissà se con qualche potere nascosto, stile Unbreakable. Se di trappole cinematografiche ne esistono, mai rimanere detenuti nelle più austere, sciocche e fintamente autorevoli. Rallegrarsi dell’operato di M. Night Shyamalan è riscoprire ogni volta un gusto allegramente infantile per lo spettacolo. Come la gioia di un concerto quando eri pre-adolescente. E se si riesce a farlo con opere ben riuscite (magari più di altre della sua filmografia) allora meglio ancora. Non che Shyamalan debba farcela sempre. Stavolta, però, sì: It’s (not) a trap!