Vedi tutti

Perchè siamo così ossessionati dagli storytime in 50 parti?

E perchè funzionano così tanto

Perchè siamo così ossessionati dagli storytime in 50 parti? E perchè funzionano così tanto

Da quando la content creator @reesamteesa ha pubblicato all'inizio dell’anno una serie storytime di 50 parti sulla piattaforma video cinese, c’è stato un vero boom di contenuti. Alcuni trattano di vecchie relazioni tossiche, altri di drammi di star (Central Cee compreso), ma nonostante venga frammentata in un decine di parti, riescono ad accumulare centinaia di milioni di visualizzazioni. Il format non è innovativo, anzi, ha radici profonde: dalle novelle di Emily Dickinson, alle radio-serie di Orson Welles, fino alle sitcom hollywoodiane, i media divisi a puntate hanno sempre appassionato. Negli ultimi tempi, però, abbaimo assistito ad una grave crisi serie TV, evidenziata da una sovrapproduzione di contenuti di scarsa qualità, e lunghissime attese per le nuove stagioni dei titoli più amati (come ad esempio Stranger Things e Euphoria). Il tutto va a braccetto con un problema più grande, l’incapacità di mantenere la concentrazione che ha reso ormai avere l’ADHD un luogo comune. Gli story time in 50 parti, capaci di raccogliere migliaia di visualizzazioni su TikTok, incarnano perfettamente l’attuale realtà del mondo dell’intrattenimento: l’invasione dei contenuti pop-corn. Una volta era consuetudine stare passivamente per ore davanti alla televisione per guardare il nuovo episodio settimanale della serie del cuore, mentre ora sembra a tratti impossibile consumare media di durata superiore ai dieci minuti. Forse, però, è semplicemente il formato a non attrarre più come un tempo. Con l’avvento di TikTok siamo sempre di più abituati ad interagire con i media audio video in maniera veloce ed attiva - si può mettere mi piace,  commentare e condividere. Più il video è coinvolgente, più attrae. Che sia per la nostra passione per il gossip o per la sensazione di essere in FaceTime con un amico, siamo completamente ossessionati dagli storytime divisi in mille parti.

La pioniera degli storytime suddivisi in parti è stata Tareasa Johnson, che nella sua serie ultra-virale chiamata Who TF Did I Marry? (Chi ca**o ho sposato?) ha raccontato, in circa cinquanta episodi, la sua storia d’amore con l’ex marito, soprannominato Legion, dall’incontro fino al divorzio. La serie ha contato 52 parti caricate nell’arco di tre giorni e ha raggiunto un totale di 122 milioni di visualizzazioni. Nonostante ogni video fosse lungo dai 5 ai 10 minuti, la serie ha accumulato un seguito straordinario, con commenti da parte di migliaia di utenti. Sarà stato il senso di comunità o il setting caotico, ma il format in questione è riuscito a farsi amare dall’algoritmo a tal punto che non era più necessario cercare il profilo, poiché i video venivano direttamente nella For You Page.

@therealdrmiami

This woman needs a Nobel prize for this series

original sound - ReesaTeesa

Nei mesi successivi, molti creator ha cavalcato l’onda, ma il fenomeno è esploso solo, quando l’influencer americana Brooke Schofield ha pubblicato una serie di 16 parti sulla sua relazione tossica con il cantante (apparentemente) australiano Clinton Kane. In questa serie, l’influencer ha spiegato che Kane avrebbe finto la morte della sua famiglia per diventare famoso, si spaccerebbe per australiano quando è burmese, avrebbe mentito sulla sua età e, ciliegina sulla torta, l’avrebbe tradita con numerose ragazze. La serie ha raggiunto quasi 140 milioni di visualizzazioni tra le sue parti, ma la diatriba tra i due non finisce qui, poiché il cantante ha poi pubblicato a sua volta una serie di 26 video per giustificarsi. Le reazioni del pubblico a queste due versioni sono state completamente opposte: Schofield ha ottenuto approvazione e stima per aver trattato argomenti difficili riguardanti una relazione tossica, ricevendo supporto da altre influencer che hanno condiviso le loro esperienze con il cantautore. Kane, d’altro canto, è stato accusato di manipolazione e gaslighting, persino sulla sua versione dei fatti, poiché le sue argomentazioni riguardavano principalmente la semantica e i dettagli minori.

La serie più recente, e anche la più breve di tutte, riguarda la relazione tra il rapper inglese Central Cee e l’influencer Madeline Argy. L’argomento è diventato scottante negli ultimi giorni, dopo che Madeline ha pubblicato sul suo account TikTok una serie di cinque parti in cui ha accusato Central Cee di tradirla con la rapper Ice Spice e di averla intrappolata in uno schema di marketing per la promozione del nuovo singolo del rapper senza il suo consenso.  La coppia, che è stata insieme dal 2021, si è recentemente separata dopo la collaborazione musicale tra Central Cee e Ice Spice. La relazione tra Argy e il rapper era da tempo turbolenta e mal vista dalla comunità dell’influencer, al punto che il management di Madeline le aveva chiesto di non farsi più vedere pubblicamente con l’ex. “L’ho capito solo quando sono state pubblicate foto che gli avevo chiesto di non far uscire; ero semplicemente una pedina nella sua trovata di PR,” ha commentato l’influencer in uno dei video, che hanno raggiunto quasi 180 milioni di visualizzazioni e 9 milioni di like.

Il punto di forza degli storytime è l’esperienza attiva dello spettatore, a differenza delle serie TV, tradizionalmente considerate media passivi. Spesso, un prodotto televisivo diventa “cult” grazie all’engagement sui social, come dimostrano i commenti massicci degli spettatori su X durante le messe in onda: si pensi al nostalgico #EuphoriaSunday o alla “settimana santa” del Festival di Sanremo. Tuttavia, è raro che un media tradizionale ottenga lo stesso engagement rate che migliaia di TikTok riescono a ottenere quotidianamente. Gli storytime coinvolgono attivamente gli spettatori, sia tramite commenti che scrolling, mettendo equamente in primo piano sia chi osserva che i creator. L’intimità di chi pubblica il video è allettante sia per lo spettatore sia per l’algoritmo,  il binomio perfetto per costruire una community leale e attiva—un aspetto fondamentale per coloro che guadagnano attraverso la piattaforma video. Con il “creator fund”, il servizio offerto da TikTok che consente agli utenti di lucrare tramite i video postati, ogni secondo, ogni follower e ogni azione del pubblico influiscono sulle finanze dei creator. I risultati degli storytime parlano chiaro: durante la settimana del dramma tra Kane e Schofield, l’influencer ha guadagnato oltre 400.000 follower sul social cinese. Se i media tradizionali sapessero cogliere la sfida delle nuove piattaforme, forse vedremo il ritorno delle sitcom, ma questa volta in formato 9:16.