La nuova esposizione di Yohji Yamamoto è un inno al futuro
Si intitola "Letter to the future" e comprende 25 abiti
15 Maggio 2024
Yohji Yamamoto. Letter to the future, segna un nuovo capitolo della programmazione immaginari. Venticinque abiti per tracciare, come calligrafie, una lettera al futuro: una dichiarazione immaginifica, che fende lo spazio in una parade espositiva che la Galleria di 10·Corso·Como, nella visione di Tiziana Fausti, dedica alla cultura della moda, nei suoi attraversamenti di estetiche e concepita come un’unica installazione. Presentata da 10·Corso·Como e Yohji Yamamoto e curata da Alessio de’Navasques - curatore e docente di Fashion Archives presso Sapienza Università di Roma - la mostra raccoglie capi di archivio, tutti provenienti dalla Collezione Yohji Yamamoto, di epoche e stagioni diverse, dal 1986 al 2024, che marcano i capitoli di una missiva rivolta all’avvenire, definendo il rapporto ambivalente e poetico del designer con il tempo. Difficile distinguere capi e collezioni nella loro capacità di essere sempre contemporanee e senza tempo: segno distintivo del lavoro del designer è, infatti, l’abilità radicale di smontare e rimontare archetipi, dando una sua personale visione del presente, del passato e del futuro.
«È stato per me un onore lavorare con uno degli autori più straordinari che la moda può annoverare. Yohji Yamamoto unisce ad un senso di spiritualità zen, la potenza carnale e dram-matica della forma. Dal suo arrivo a Parigi, all’inizio degli anni Ottanta, ad oggi il suo messaggio è ancora imprescindibile e molto forte. Assistiamo ad un momento storico in cui, proprio come accadeva negli anni del suo esordio in Europa, la fisicità sembra essersi liberata da sovrastrutture e stereotipi di genere, eppure siamo sovraesposti, continuamente giudicati, come accade sui social media. Il messaggio di Yohji Yamamoto è, invece, quello del corpo che agisce sull’abito, attraverso le sue forme imperfette e accoglienti, che racchiudono ogni tipo di corpo e di spirito.»
Alessio de’Navasques
Gli abiti sono allestiti, senza artifici scenografici, su busti sartoriali simili a quelli su cui hanno preso vita nell’atelier: inizia così un percorso di corrispondenze tra le sue riflessioni sul senso del futuro - stampate a parete - e una selezione di capi di archivio, che dimostra la sua relazione tra corpo e abito nel superamento della dimensione cronologica. Immaginando il tempo del suo processo creativo, il tempo che arricchisce di patina i materiali rendendoli perfetti e il tempo dei suoi capi quando verranno indossati: una sensazione che si scioglie nel colore nero, tonalità cosmica, che definisce quella “silhouette of everything”. Nei suoi volumi non sembra esserci più un inizio e una fine, perché l’aria circola tra il corpo e il tessuto e l’abito sembra respirare, senza le costrizioni di una forma predefinita. Elementi storici della moda occidentale, come l’iconico faux-cul del cappotto in seta rossa della FW87, la cui silhouette unica è stata immortalata negli scatti di Nick Knight sotto la direzione artistica di Marc Ascoli, risuonano nella trasposizione attuale e prossima, nella corrispondenza con uno dei maestosi look che hanno chiuso la sfilata dello scorso Marzo a Parigi: un cappotto in lana grigia, la cui coda si muoverà morbidamente sul corpo di chi lo indossa solo il prossimo inverno. Allineando capi di collezioni diverse, dall’FW97, in cui il feltro diventa un origami, allo show performance della Primavera 1999 dove le modelle si liberavano di crinoline, veli e strati di tessuto, rivelando l’essenza della forma, ai robe manteau tridimensionali nella FW24 e molti altri, il percorso pone l’attenzione sulla ricerca di Yohji Yamamoto di una silhouette universale, in una riflessione continua, rigorosa, del rapporto tra corpo e abito. L’insistenza del designer su un concetto di imperfezione accogliente per ogni forma, la sperimentazione dei volumi e dei tessuti - lavorati o lasciati scivolare, drappeggiati o scultorei - sono i motivi ricorrenti che hanno rivoluzionato il rapporto tra capo e persona, come messaggio universale di una libertà che guarda al futuro, al di sopra del tempo.