Che cosa significa “Hollyweird”?
Dal titolo di una rubrica satirica al termine preferito dei cospirazionisti
04 Aprile 2024
L’avvento dei social media ha portato gli occhi e le orecchie del pubblico sempre più dentro le vite dei ricchi e dei famosi. Il che non solo ha messo sotto i riflettori certe grottesche abitudini ed eccentricità, ma ha anche riportato alla luce teorie del complotto e cospirazioni che vanno dalle più realistiche (come il presunto sex blackmail ring di P.Diddy) fino a quelle più assurde e fuori di testa (come gli uomini-lucertola che vivono nel sottosuolo o gli Illuminati). Sia come sia, il curioso termine "Hollyweird", una crasi tra Hollywood e "weird", ha visto un’impennata del +180% di ricerche su Google nell’ultimo mese oltre che un buon numero di contenuti che, su TikTok, hanno in Khalil Underwood, uno "storyteller" di Las Vegas con 7,7 milioni di follower su TikTok specializzato in video su teorie del complotto di ogni genere. Tra quelle che circolano maggiormente ci sono gli oscuri sex party di Hollywood, i presunti indizi sparsi da Justin Bieber nel videoclip di Yummy e attraverso diverse interviste, il sempre presente adenocromo amato dai teorici del Pizzagate. Si aggiungono i recenti dettagli (questi sicuramente più circostanziati ma comunque ancora tutti da confermare in sede di legge) contenuti nelle 73 pagine della causa intentata da Rodney Jones a Combs e a metà delle grandi case discografiche in cui si accusa il produttore e il suo team di una serie di crimini che vanno dalla prostituzione minorile all’omicidio, passando per traffico di armi e molestie sessuali. La causa ha reso immensamente popolare Ian Carroll, reporter investigativo americano specializzato nell’open-source intelligence, i cui video su Combs sono rimbalzati ovunque online – causando collateralmente l’ascesa del termine "Hollyweird".
@khalilslife Do you believe him? #diddy #scary #hollyweird #celebrity #creepy original sound - Khalil | Storyteller
L’origine della parola è attribuita al giornalista Walter Winchell, l’inventore del concetto di rubrica di gossip, che, a seconda delle versioni, dovrebbe averlo usato o nel 1939 per parlare dell’ingresso nell’alta società della socialite Brenda Frazier; o qualche anno dopo, nel febbraio del ’47 nell’articolo Sallies in Our Alley. Il termine ebbe popolarità, lo utilizzò molto più tardi en passant Kenneth Anger nel 1984 nel seguito di Hollywood Babylon, il suo secondo exposè sulle vite private e i vizi delle stelle del cinema, parlando di una terapia a base di pulizie domestiche che Liz Taylor era stata costretta a seguire durante la sua permanenza in un rehab. Il termine però apparì un po’ ovunque, sempre in ambienti conservatori e tendenti al complottismo, tanto che nel suo saggio storico The Un-americans del 2009, Joseph Litvak (che lo cita una volta sola) lo attribuisce «agli umoristi della destra». Per farla breve, Hollyweird indica il complesso di atteggiamenti fuori dal mondo tipici della celebrity culture (dai matrimoni sciamanici con i cristalli passando all’uso estremo della chirurgia plastica) sia ai risvolti più grotteschi o inquietanti della stesse o, per usare le parole di Aubrey Malone che scrisse un libro intitolato Hollyweird nel 1995: «le idiosincrasie dei ricchi e degli svergognati». In effetti, a ben vedere, le mega-celebrità, specialmente le più viziate, hanno atteggiamenti strani e, con il frequente ricorso alla chirurgia plastica, anche le loro fattezze cambiano e si fanno aliene – con in più un’atmosfera di segretezza, di comune solidarietà che crea l’impressione di una "bolla" in cui si concentrano e soprattutto si avallano situazioni e atteggiamenti bizzarri per il mondo comune.
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Ora, se in effetti alcune di queste accuse (nei termini più generali) possono anche aver senso, in riferimento al sistematico abuso sessuale di individui da parte delle alte gerarchie dell’industria come nel casodi Jeffrey Epstein e Harvey Weinstein, è chiaro che la grandissima maggioranza di questi complotti hanno poco a che fare con sacrifici umani, cannibalismo e rituali occulti che già nel medioevo gli inquisitori attribuivano agli eretici catari, ai templari e alle streghe. Insomma, tutte leggende e complotti presenti nella cultura occidentale da diversi secoli e che si ripropongono invariati da quasi un millennio. Dietro questi complotti si nasconde sempre una paura del nuovo e del diverso, ecco perché storicamente il termine è usato dai conservatori per definire le presunte storture e infrazioni alla normalità introdotte dai progressisti, i quali abbondano a Hollywood e le cui visioni politiche sono spesso lette come il frutto di uno stile di vita edonistico e debosciato, e dunque "strano" sia perché fuori dal mondo della gente reale e dunque stravagante, offensivo, sprecone; sia perché promotore di ideali socialmente progressisti sulla scena che però sono indice di una morale profondamente corrotta che si trova dietro la scena – concezione, quest’ultima, che i numerosi scandali che dipingono l’industria della musica e del cinema come una letterale gabbia di matti non fanno che rinforzare, alimentando però le teorie del complotto di cui sopra.
L’aumento di contenuti contrari a "Hollyweird" però ci racconta un altro e più realistico quadro, ovvero quella crescente diffidenza con la quale il pubblico guarda alla Città degli Angeli, all’industria della musica e a quella del cinema – con il suo perpetuo dualismo tra vita pubblica di star che devono presentarsi come modelli positivi e vita privata di persone che, probabilmente, hanno i medesimi vizi di moltissimi altri e vivono immersi in un’atmosfera di indulgenza che dà loro modo di soddisfarli anche oltre misura. Il risentimento che sembra celarsi dietro questi complottismi è forse invece il risentimento sociale di un pubblico colto nel mezzo di un momento storico-culturale in cui non solo la divisione della ricchezza è sempre più profonda e drammatica, ma la sua ostentazione è normalizzata. Un'ostentazione che, combinata con l’alterità rappresentata da una casta di persone celebri che non paiono invecchiare, collezionando dipendenze e drammi privati e assumendo atteggiamenti dissonanti rispetto alla loro percepita importanza, crea effettivamente l’idea perturbante di un mondo fuori dal mondo.