«Arte è riuscire a fare una cosa personale ma comprensibile a chiunque» intervista a Tommaso Ottomano
L'indagine del corpo nella mostra collettiva LOOK AT ME
15 Febbraio 2024
Può seguire i trend ma trascende le mode, parla di noi anche se spesso lo nascondiamo agli altri, è un argomento quotidiano eppure parlarne può essere ancora un tabù: il corpo a volte ci asseconda, altre si ribella. È questo l’argomento protagonista di LOOK AT ME, la mostra a cura di Sara Van Bussel e Manuela Nobile che questo 16 febbraio aprirà al pubblico alla Royal Hammam Sauna di Milano. Il terzo e l’ultimo capitolo di un progetto evoluto nel corso di diversi anni, offre al visitatore una prospettiva tutta nuova sul corpo attraverso una lente artistica. Una riflessione profonda della corporalità intesa in tutte le sue percezioni, dall’erotismo alla funzionalità, dalla fisiologia all’estetica, la mostra collettiva celebra il lavoro di quattro artisti che hanno saputo mettere in discussione e rivalutare il corpo in quanto strumento. Abbiamo fatto due chiacchiere con Tommaso Ottomano che, assieme ai colleghi Beatrice Favaretto, Daan Couzijn e Salomé Chatriot, a partire da questo weekend svelerà il proprio lavoro all’interno degli spazi espositivi di LOOK AT ME.
«Il corpo, il nostro modo di vivere lo spazio attraverso di esso, è tutta questione di percezione»: quando Ottomano realizzò BODY con nss, nel 2021, lo fece per raccontare come ogni individuo percepisce il proprio corpo in maniera singolare. «È un equilibrio molto sottile che ho cercato di rendere in forma visuale», ci racconta l’artista, «perché è tutto sempre lasciato all’interpretazione. Attraverso il corpo possiamo provare piacere, dolore, sperimentare ma soprattutto comunicare agli altri. Se mi taglio la lingua in due, se mi tatuo la faccia… suscito qualcosa negli altri, cerco di dare un’idea di me agli altri». Un film che Ottomano descrive come sperimentale, consiste in «un’esperienza visiva che riguarda come ogni persona si vede in relazione al resto del mondo». Il cambiamento è un altro dei temi di BODY, nel film esposto attraverso i racconti dei protagonisti. «Nel film abbiamo affrontato come una persona decida di modificare il proprio corpo per apparire in un certo modo», spiega Ottomano. «C’è un’idea dietro, riguarda molto la propria identità.» Attraverso una rappresentazione sfrontata ma profondamente intima della fisicità e di come essa influisce sulla nostra mente (e viceversa), BODY ha conquistato la vittoria al FFFAmsterdam grazie ai suoi protagonisti e alle loro storie, oltre che allo storytelling estremamente schietto del suo creatore. Tramite le parole e i corpi di Elettra, Antonio, Sara, Lolita, Numa, Moussa e Mari, il corto dà nuova vita ad un tema che, soprattutto al momento della sua uscita, quando il governo italiano aveva bloccato il DDL Zan, non ha mai smesso di essere rilevante. Nonostante il successo ricevuto, Ottomano spera di spingersi ancora oltre il limite nei suoi lavori futuri, e lasciare emergere anche l’aspetto puramente "anatomico" del corpo. «Non per fare quella cosa pornografica» aggiunge l’artista, «ma per dare ancora un nuovo punto di vista al nudo», così spesso relegato all’atto sessuale in senso stretto. «Se dovessi pensare a cosa non ho ancora espresso sull’argomento, sicuramente mi piacerebbe parlare del corpo in modo più “antomico”», aggiunge. «Uno studio dei tendini in tensione, della torsione delle scapole durante un abbraccio, del movimento del bacino durante il sesso. Mi piacerebbe ancora parlare di corpo, raccontandolo in modo ancora "più fisico" se possibile.»
Avendo lavorato ai videoclip di artisti del calibro di Chiello, dei Maneskin, di Lucio Corsi e ad altre altrettanto importanti campagne di moda, tra cui Prada, Versace e Gucci, l’arte di Ottomano non si riduce ad una telecamera, ma spazia dalla produzione alla composizione in maniera fluida, un talento poliedrico che emerge fortemente in ogni sua direzione artistica. Film come La Notte di Evelyn e La Vergine della Fontana esplorano l’estetica anni ’70 scoprendo un linguaggio sperimentale nel registro di Ottomano, pur seguendo istintivamente il suo immaginario pop. «Secondo me è quasi stupido ormai fare distinzione tra quella cosa che è considerata pop o di nicchia», racconta. «Alla fine a me non interessa niente della nicchia, la cosa bella è riuscire a fare una cosa personale, col proprio linguaggio, senza che ti snaturi ma comprensibile a chiunque».