Come “tax the rich” ha cambiato senso
È ormai un vero e proprio tema culturale, piuttosto sentito e trasversale
13 Febbraio 2024
Le disuguaglianze negli Stati Uniti sono altissime. Qui, l’1 % più ricco guadagna in media 1,3 milioni di dollari all’anno, vale a dire 26 volte il reddito medio del restante 99% della popolazione. Nel tempo il divario si è allargato: prima degli anni Ottanta, l’1% guadagnava meno di un decimo dell’intero reddito nazionale, mentre oggi ne guadagna da solo almeno un quinto. Le disuguaglianze sono un fenomeno tipico dei sistemi economici, esistono più o meno ovunque, ma solitamente i Governi cercano di attenuarle attraverso specifiche misure. Tassare i ricchi però è molto complicato a livello politico, soprattutto negli Stati Uniti. La loro presenza in numerosi ambienti di influenza rende l'argomento uno tra i temi politici più complessi. Il sistema statunitense si è dimostrato poco efficace nel tassare realmente le persone più benestanti, che talvolta pagano, in proporzione al loro reddito, meno allo Stato rispetto ai lavoratori ordinari. Il miliardario Warren Buffett disse ad esempio che aveva meno imposte della sua segretaria. Lo stesso Trump, durante il suo mandato, approvò una riduzione delle tasse a favore delle fasce più benestanti della popolazione. Questo fenomeno negli anni ha alimentato un sentimento di indignazione tra i cittadini degli USA, i cui stipendi hanno recentemente ricevuto brusche riduzioni a causa della pandemia e dell'inflazione. L'intera opinione pubblica del Paese, di fronte all’aumento delle diseguaglianze economiche avvenuto negli ultimi anni, è sempre più sensibile alla questione.
“Tax the rich” non è più solo uno slogan
During Trump's presidency, he gave massive tax breaks to the rich, tried to throw millions of Americans off of their health care insurance, appointed union busters to his administration, and fought to take away women's right to control their own body. He must be defeated. pic.twitter.com/x4NjzZ3lEf
— Bernie Sanders (@BernieSanders) February 7, 2024
Nel 2021 la deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez si presentò al Met Gala con un abito bianco su cui era ricamato in rosso la scritta «Tax The Rich». Questo è uno slogan tipico dei partiti progressisti di tutto il mondo – la stessa Ocasio-Cortez, che fa parte dei Democratici, è nota per le sue forti posizioni in merito. Queste forze politiche promuovono una maggiore eguaglianza economica, proponendo piani di redistribuzione dei redditi. Anche Biden, che è un presidente moderato, con le sue iniziative sta alimentando l’idea che i ricchi debbano pagare più tasse. Di recente ha detto che nessun miliardario dovrebbe avere una pressione fiscale più bassa di un insegnante o di un pompiere. Nel tentativo di ridurre le disuguaglianze, il presidente statunitense ha già fatto diverse proposte – considerate piuttosto radicali dall'opposizione – per tassare i più ricchi, tra cui l’abrogazione del taglio delle imposte voluto da Donald Trump nel 2017. Ma nel Paese il fenomeno delle disuguaglianze è talmente sentito che lo slogan “tax the rich” ha assunto una dimensione non solo politica, ma anche culturale – sempre più trasversale e rilevante. Oggi abbracciano questa posizione anche le persone che storicamente non fanno riferimento agli ambienti di sinistra. Seppur con approcci e toni diversi, il tema della tassazione dei ricchi è quindi ormai comune a tutti partiti, compresi quelli di destra.
Perché è difficile tassare in maniera equilibrata
How a billionaire like Bezos legally avoids tax pic.twitter.com/5VLmjz18KQ
— Lawrence King (@lawrencekingyo) February 11, 2024
In linea puramente teorica, chi è più ricco dovrebbe contribuire maggiormente alle spese del singolo Stato, e quindi pagare più tasse. Il problema di trovare la giusta proporzione di imposte – in modo che queste siano eque e rispettino la giustizia fiscale senza disincentivare l’attività economica – è ancora molto lontano dall’essere risolto. Le possibilità di riuscire a tassare i più ricchi oggi sono fortemente limitate dalla globalizzazione, e dal fatto che è relativamente semplice per certe tipologie di reddito aggirare le pressioni fiscali. Nel mondo, non esistono proposte per eliminare i paradisi fiscali e armonizzare i sistemi di tassazione col fine di limitare la concorrenza economica tra i Paesi – sono lontane dall’essere realizzate persino su scala europea. Ciò che costituisce il problema principale dell'istituzione di tasse eque e progressive è che imporrebbero agli Stati di conoscere nel dettaglio la situazione economica dei propri cittadini. Le proposte più radicali (e forse utopiche) puntano ad arrivare a una privatizzazione del fisco, cedendo la riscossione delle imposte a piattaforme come Google – che paradossalmente con le sue tecnologie sarebbe in grado di tenere traccia delle entrate e delle uscite degli utenti in maniera più efficace dei Governi.