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Perché invecchiare è una cosa da poveri

E rimanere giovani è una cosa da ricchi

Perché invecchiare è una cosa da poveri E rimanere giovani è una cosa da ricchi

«Sei venuta a prendermi? - È già da molto che ti cammino a fianco»Se dovessimo immaginare la morte, sarebbe difficile pensare a qualcosa di diverso dalla figura di scuro vestita ne Il settimo sigillo di Bergman. Eppure oggi, nonostante le guerre, lo spettro del Covid, il Climate Clock che ci ricorda che al pianeta restano solo 7 anni di vita e la minaccia di un’apocalissi AI, la morte non è un trend topic, ma lo è sicuramente la vita o perlomeno il prolungamento della stessa. L'Accademia per la Ricerca sulla Salute e sulla Longevità, La Fondazione per la Ricerca SENS, Unity Biotechnology, Sierra Sciences, Life Biosciences, Altos Labs, sono solo alcuni degli istituti che hanno fatto della longevità la propria battaglia. Sui giornali titoli sensazionalistici raccontano l’invenzione di una pillola magica, una combinazione di farmaci in grado di invertire il processo di invecchiamento tramite l'enzima AMPK targata Harvard Medical School. Privatamente, i miliardari lavorano per ritardare l’inevitabile, da Jeff Bezos ai fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin, passando per il controverso miliardario Peter Thiel. L’umanità sembra non essersi ancora pacificata con l’ineluttabilità della propria morte. Eppure, nonostante il sogno della vita eterna o dell’eterna giovinezza si siano affermati nell’immaginario collettivo come un fantasioso porto sicuro, democratico proprio per la sua accezione di sogno, non morire, così come non invecchiare, sembra oggi un miraggio sempre più realistico, ma solo per l’1% più facoltoso del mondo. 

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Uno squilibrio non solo nelle possibilità di spesa ma nell’ampiezza dei sogni. Se su TikTok il 45enne Bryan Johnson come Benjamin Button racconta la sua routine da due miliardi di dollari annui, con cui ha ridotto l’età biologica dei suoi organi di 5.1 anni (record mondiale) e abbassato il tasso di invecchiamento del 24% tra dieta vegana e più di 100 integratori giornalieri, i meno abbienti si accontentano di qualche umile fiala di botulino. Secondo l'Aesthetic Plastic Surgery National Databank, il numero di procedure di botox eseguite in America è aumentato del 54% tra il 2019 e il 2020, mentre i filler sono aumentati del 75%. Il professor Francesco Stagno d’Alcontres, presidente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed estetica (SICPRE) snocciola invece dati nostrani su L’Espresso: «Quasi 700mila sono le prestazioni mediche in Italia. Il totale delle procedure non chirurgiche è 385mila, quelle chirurgiche sono 238mila». Un’indagine condotta quest’anno su oltre 3.000 donne americane dai 18 anni di età in poi e riporartata dall’AMSA attesta che il 70% del campione usa regolarmente prodotti anti-aging, baby botox compreso. Spesso appartenenti alla Generazione Z, i pazienti entrano nello studio medico richiedendo quella che gli americani chiamano “rich girl face”, ben promossa dalla famiglia Kardashian. Su internet i meme e l'hashtag "you are not ugly, you are just poor" sottolineano ironicamente come le icone di bellezza della contemporaneità si siano sottoposte tutte a diversi interventi estetici - Bella Hadid, Kylie Jenner, Simi e Haze - dimostrando come sia il denaro e non la genetica il prerequisito per creare un volto universalmente considerato bello. 

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Bellezza e ricchezza sono sempre andate di pari passo e nel corso della storia e lo standard estetico di un determinato periodo ha servito gli interessi ideologici della classe dominante. Durante il Rinascimento, una pelle bianca candida era indice di elevato status sociale, mentre una pelle abbronzata diventava sinonimo di pomeriggi passati a lavorare all'aperto. Oggi, al contrario, quella stessa carnagione baciata dal sole diventa desiderabile in Occidente, poiché indice di tempo libero, vacanze all'estero e sedute intensive al solarium. Rosalind Gill, sociologa e autrice di Perfect: Feeling Judged on Social Media sottolinea come la cura di sé, quando ossessiva, diventi «un modo per capitalizzare se stessi, utilizzando il tempo come mezzo per aggiungere valore al proprio aspetto»

Inneggiando al progressismo di fronte ad una Pamela Anderson make up free alla Fashion Week di Parigi e sottostando a trend come “clean girl” e “quiet luxury”, dimostriamo non solo lo squilibrio di privilegio verso una categoria umana ben connotata, ma confermiamo anche che, in un’epoca in cui la diversità sembra quanto meno suggerita, la bellezza naturale resta una storiella di marketing raccontata da big pharma e colossi beauty per vendere cremine e integratori. È una piramide che non risparmia nessuno, un circolo vizioso che coinvolge tutti su livelli differenti, dagli adolescenti che dedicano il loro fondo di risparmio a rinoplastiche e mastectomie alle star che per il post sbornia preferiscono un selfie con una flebo al braccio a un'aspirina. Insomma, in una società che si racconta inclusiva ma in realtà ci vuole sempre più belli, sani e giovani, pacificarsi con la propria immagine allo specchio, accettare la propria fallibilità (persino mortalità) è quasi una labile e quotidiana sublimazione della lotta di classe. E faremmo meglio a sbrigarci, prima che invecchiare diventi una cosa da poveri.