Che fine hanno fatto le star di Hollywood?
È ora di dire addio alla "generazione DiCaprio"
20 Agosto 2024
Le foto del matrimonio di Brooklyn Beckham hanno fatto il giro di Internet - un evento che ha ricevuto un press coverage così intenso che alcuni si sono domandati come mai Brooklyn Beckham meritasse tanta attenzione come figura pubblica. Senza dubbio, il figlio maggiore di David è una moderna celebrity, presente sui social, nelle campagne di moda e nei titoli dei tabloid - eppure la sua fama sembra alimentarsi da sola, senza essere la conseguenza di un qualche output. Se in passato il celebrity status era la conseguenza di un ruolo o di una professione specifica, oggi quella dinamica è cambiata e vede la fama precedere i risultati professionali e non seguirli. Se volessimo definire “Hollywoodiane” le celebrità del passato, in riferimento al mito pop di Hollywood e dei suoi studios, potremmo parlare oggi di celebrità post-Hollywoodiane, che non appartengono alla mitologia della Hollywood cinematografica e dei suoi divi, oggi in crisi, ma che invece lavorano alla connessione interdisciplinare tra televisione, media digitali, moda, editoria, gossip. Un esempio di celebrità post-Hollywoodiana potrebbe essere Jacob Elordi di Euphoria, incensato come un moderno Brad Pitt ma con una filmografia molto più esigua; ma anche il creator/modello/attore Manu Rios che sui social conta milioni di follower, è invitato a tutte le fashion week e campeggia sulle copertine delle riviste pur avendo all’attivo solo due ruoli in due serie tv spagnole; un’altra celebrità post-Hollywoodiana potrebbe essere considerata Evan Mock che non è precisamente un influencer, non è precisamente un attore, non è precisamente un modello ma è paradossalmente tutte e tre le cose insieme. La lista potrebbe andare avanti.
Chi ha ricordi del primo decennio degli anni 2000 ha presente di come funzionasse il celebrity system in maniera molto distinta: in cima alla catena alimentare c’erano i divi del cinema, i divi della musica, gli atleti e le top model come Kate Moss e Naomi Campbell. Seguivano a ruota le personalità del mondo televisivo che, di tanto in tanto, provavano a fare il salto alla “Serie A” del cinema e poi le varie ed eventuali personalità del mondo dello spettacolo. Le cose cambiarono con Paris Hilton, probabilmente la prima celebrity post-Hollywood di tutte, e nella cui vicenda si evidenzia il tratto che avrebbe accomunato tra loro tutte le celebrità di questo tipo nel ventennio a venire: Paris era famosa per essere famosa. Un giorno l’ereditiera cantava Stars Are Blind su MTV, il giorno dopo era la star di un reality, poi creava un profumo, poi ne parlavano i tabloid, poi recitava nel film cult-trash La maschera di cera e poi appariva in The O.C. Possedeva un celebrity status ma non era chiaro da dove questo status provenisse di preciso, proprio in ragione del suo essere famosa il mondo restava a guardare anche quando usciva in tuta per andarsi a bere un caffè. Alla stessa maniera, l’intera carriera di Kim Kardashian, forse la più post-Hollywoodiana delle celebrity post-Hollywoodiane e che proprio all’ombra di Paris Hilton ha mosso i suoi primi passi, si sviluppa in una singolare confluenza di social media, reality show, moda, tabloid ma non si potrebbe stabilire di preciso quale esattamente sia l’ambito più dominante. C’è chi non ha visto una singola puntata del suo reality ma sa tutto di lei per averla vista sui social, c’è chi compra tutte le collezioni di Skims, chi invece la segue sui social per i suoi outfit.
È chiaro che ci troviamo in una congiuntura storica in cui tutte le tradizionali categorie si stanno rimescolando. L’osmosi tra media digitali, editoria, moda, musica, cinema e streaming, la progressiva ed estrema segmentazione del pubblico in mille nicchie e sotto-nicchie, la possibilità di costruire una carriera e ottenere introiti da deal collaterali come nel caso dei moltissimi celebrity brands o dei podcast, stanno rimettendo in discussione la maniera in cui concepiamo il concetto di celebrity - che diventa sempre meno unificante e univoco e finisce invece per dividersi in nicchie, community e sottocategorie. Se virtualmente chiunque nei primi anni 2000 avrebbe saputo dire chi Leonardo DiCaprio fosse, oggi si troverebbero larghe fasce di popolazione ignare di chi sia Charli d’Amelio, che non hanno mai ascoltato una canzone di Lil Uzi Vert o Olivia Rodrigo, o che ignorano l’esistenza di Jeffree Star che solo su Instagram conta 13 milioni di follower.
Ma la domanda resta: «Ci sarà di nuovo una celebrità universalmente nota come Leonardo DiCaprio?». La risposta più ovvia potrebbe essere Timothée Chalamet – eppure è impossibile non avvertire la mancanza di quel milieu di tante star multigenerazionali capaci di vantare una filmografia costantemente eccellente per decenni e di unire intere generazioni di spettatori come quelle che conoscevamo nei primi 2000. Se un tempo una cerimonia come gli Oscar univa perché era una parata di famosi e famosissimi, oggi si avrebbe difficoltà a riconoscere tutti gli attori sul red carpet, tra protagonisti di miniserie, attori celebri per un singolo ruolo o artisti seguiti da milioni di persone che, fuori dalla propria nicchia, nessuno ha mai sentito. Il problema principale della questione è culturale: ci si potrebbe domandare cosa resterà nel futuro di queste celebrity e soprattutto, a quanto potranno durare queste figure se non producono una legacy professionale che possa sopravvivergli. Le celebrity di oggi costruiscono la cultura pop di domani - ma oggi a una grandissima fama, gonfiata dagli algoritmi social, corrisponde un lascito effimero: qualche campagna di cui ci saremo scordati tra un anno, una serie Netflix vista e scordata in una settimana di binge, la cover di una rivista. Il riciclo di queste figure, tra l’altro, è preoccupante - tanto che nessuno di loro ha la possibilità di lasciare il proprio segno nella cultura.
Paradossalmente, le celebrity sembrano sempre di meno eppure sono sempre di più. Forse queste grandi figure di artisti, attori e cantanti hanno perso la loro capacità di unire le persone in uno scenario social che si basa sul following personale, sul dialogo quotidiano con una community che, per quanto larga, rimane comunque separata dal resto della audience, su un rapporto che tra TikTok giornalieri, chiacchiere su beauty routine o allenamenti in palestra diventa sempre più intimo e aperto. Forse siamo così abituati a vedere queste star nella loro vita quotidiana che non riusciamo più a renderle figure mitologiche nella nostra coscienza collettiva: l’abbondanza di esposizione li banalizza. O forse è il nostro scenario a essere cambiato, i nostri canali di intrattenimento diventati troppi per essere riempiti da un gruppo relativamente piccolo di A-Listers. La moltitudine di queste celebrity post-Hollywood ci dà non solo la misura di quanti siamo, ma anche di come e quanto la nostra cultura sia stata frammentata e dispersa nel suo allargarsi verso gli sconfinati e piatti orizzonti del futuro digitale.