«La musica napoletana non è una moda»: intervista ai The Kolors
The Kolors sul set si sentono completamente a loro agio: per Stash, Alex e Dario. Gli shooting e le interviste non sono un lavoro, ma momenti in cui sfogarsi ed evadere dalla routine, che soprattutto ultimamente è densa di impegni. Scrutando il loro sguardo e provando ad analizzare cosa si cela dietro la loro immagine, sembra che la formula magica che li ha condotti allo status di cui godono oggi sia proprio la maniera ottimistica e spigliata di vivere i momenti che la vita riserva. Gli ultimi mesi della musica italiana sono stati dominati dalla musica de The Kolors: dal 5 maggio, con l’uscita di ITALODISCO, fino al debutto sanremese di UN RAGAZZO UNA RAGAZZA, la band napoletana composta da Antonio Stash Fiordispino, Alex Fiordispino e Dario Iaculli ha scalato le classifiche mondiali - basti pensare che proprio ITALODISCO conta oggi ben 125 milioni di streaming, da sommare ai 2 milioni totalizzati dalla versione in lingua inglese. L’ascesa del trio al successo,che oggi ha oltrepassato i confini nazionali, non è stata affatto indolore, perché ha richiesto sacrifici e il perfezionamento del loro stile, ormai super riconoscibile. Tutto ciò che Stash e la band avevano sempre sognato si è avverato, andando ben oltre le aspettative più ottimistiche. «Fino a qualche mese fa non avremmo minimamente immaginato uno scenario del genere. Se pensiamo a com’è cambiata la nostra vita, a tutto ciò che abbiamo ottenuto oggi in termini di risultati, è davvero incredibile», ci spiega Stash. «Uno degli aspetti più assurdi è il modo in cui impieghiamo il nostro tempo, le attività che facciamo: ora siamo qui a fare questa intervista, anni fa, in questo momento, probabilmente saremmo stati presi a preparare i cavi per un concerto in programma il giorno dopo o la sera stessa. ITALODISCO e UN RAGAZZO UNA RAGAZZA ci hanno regalato ciò che non avevamo ottenuto in anni di carriera. È bellissimo, soprattutto perché il percepito del nostro percorso artistico ha guadagnato valore, e la gente ha iniziato a credere davvero tanto in noi».
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Il successo, solitamente, porta con sé uno switch totale: nuove prospettive, aspettative più rosee, ritmi sfrenati. Per i The Kolors è cambiato il contorno, con un’audience che è cresciuta a dismisura, ma non la visione globale del progetto. Dopo Sanremo la band si è calata a tutti gli effetti in una nuova dimensione, esplorando nuovi orizzonti e possibilità future. Quanto ottenuto è il frutto di innumerevoli sacrifici, che iniziano precisamente dal 2005, anno in cui la band si è spostata dalla Campania alla Lombardia per scalare la grande piramide dell’industria musicale italiana. «Noi siamo andati via da Napoli nel 2005, al tempo eravamo ancora in fasce. Abbiamo vissuto più tempo a Milano che a Napoli. Per questo motivo, come potete sentire, il nostro accento è diventato un po’ milanese, è l’accento dei Navigli (ridono, ndr)», raccontano divertiti i tre componenti della band, riflettendo sul legame tra appartenenza territoriale e musica. «Le nostre radici artistiche sono ancora ben piantate a Napoli, anche se dal punto di vista musicale l’influenza non l’abbiamo subita dal neomelodico, quanto piuttosto dal genere urban, al massimo urban-funk. Sono davvero tanti gli artisti che ci hanno ispirato e che, di conseguenza, ci hanno reso ciò che siamo oggi: I Napoli Centrale, James Senese, Pino Daniele ma soprattutto Tullio De Piscopo, un artista che fortunatamente conosciamo molto bene e con cui trascorriamo molto tempo, in studio e non. Il fermento attuale che c’è dietro la musica napoletana, però, è in realtà diametralmente opposto a quelle che sono le nostre radici culturali, ma ovviamente ci riempie il cuore di orgoglio sapere che ogni giorno, sempre più persone, scoprono la musica che nasce sul territorio napoletano. La verità è che puoi vivere anche 15 anni in Svizzera, ma se sei nato e cresciuto a Napoli la porterai per sempre nel tuo cuore».
Eppure, lasciare Napoli non ha interrotto la simbiosi tra la città e la band, come ad esempio, ll’amicizia con Geolier. «Un nostro fratello, siamo felicissimi per il suo successo», dicono subito tutti e tre. Negli ultimi tempi, oltre all’ascesa della musica jazz-funk, disco ed elettronica dei Nu Genea e dell’alternative R&B di Liberato, è stato il rap a sventolare in alto lo stendardo di Napoli. Le rime di Vettosi, J Lord, Enzo Dong, Lele Blade hanno contribuito a esaltare un patrimonio musicale a dir poco ricco. «Secondo noi la musica napoletana non è una moda, però è chiaro come la gente abbia scoperto, finalmente, che Napoli è davvero un “mondo” a parte.
C’è stata una scoperta del napoletano come dialetto credibile, specialmente quando viene espresso nel contesto dell’urban. Ti viene da credere al napoletano, è un dialetto che, accostato a determinate metriche, diventa predisposto a raccontare il vero».
I The Kolors, durante il percorso che li ha condotti al successo, hanno seguito un altro binario, ampliando il ventaglio di offerta artistica che può offrire Napoli al giorno d’oggi. Riportando in auge il pop rock italiano hanno chiuso il cerchio di un panorama di artisti che si è delineato e rafforzato step dopo step. Parallelamente ai passi mossi dai The Kolors, è cresciuta anche la considerazione attorno al loro prodotto artistico, trovando quello che ora viene definito il sound The Kolors. «Per una band il vero obiettivo da raggiungere è la riconoscibilità, trovare un’identità sonora. Lo stesso discorso non vale per un artista o un interprete singolo: per una band l’ostacolo più tortuoso sta nel trovare un timbro sonoro, una via per fondere diversi sound. Il drumming, il basso e la chitarra ora suonano alla perfezione, ma non è sempre stato così», spiega Stash, paragonando il lifestyle odierno della band a quello di un tempo. «All’inizio della nostra carriera, quando ancora ci davamo appuntamento in sala prove per le nostre session, ci ponevamo quotidianamente l'obiettivo di perfezionarsi trovando una peculiarità stilistica che un giorno ci avrebbe reso unici, che ora abbiamo trovato. Prima di partecipare a Sanremo ci è capitato di leggere, per la prima volta, su varie testate nazionali - che avevano ascoltato in anteprima la traccia in gara - di “sound The Kolors”. È stato uno dei momenti più felici della nostra carriera, soprattutto perché nell’ultimo anno, per la prima volta, ci siamo sentiti liberi di dire la nostra nel nostro stile, senza seguire alcun tipo di tendenza».
In un attimo, il fermento nato attorno ai The Kolors si è espanso a macchia d’olio, e tanto è bastato per far sì che i loro orizzonti e la loro l’ambizione si estendessero all’estero «Innanzitutto vogliamo far bene in Italia.
Il concerto in programma al Forum di Assago il 3 aprile speriamo sia un evento unico, stiamo concentrando tutte le nostre energie affinché gli spettatori possano vivere uno show indimenticabile.
Senza i nostri fan non saremmo qua e per questo ci sentiamo in dovere di restituire loro qualcosa», spiega Stash, a cui della scaramanzia sembra importare ben poco. «Di tanto in tanto fantastichiamo sui nostri sogni, chissà un giorno magari saremo sul palco del Reading Festival, Glastonbury, Coachella. A parte gli scherzi, siamo davvero ambiziosi, probabilmente faremo il primo concerto su Marte (ridono, ndr)».
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Prima che i The Kolors potessero iniziare a sognare in grande, ne hanno vissuti di ambienti formativi, cercando visibilità nel competitivo contesto dei talent show. Sono passati nove anni dalla partecipazione dei The Kolors ad Amici di Maria De Filippi: un fondamentale trampolino di lancio per la pubblicazione del primo grande singolo, Everytime, che raggiunse la prima posizione della classifica iTunes. I talent show, così come il Festival della canzone italiana, sono un amplificatore molto importante per raccontare in mondovisione la propria arte, e anche una scuola che sa educare gli artisti che verranno. «Quando abbiamo fatto i provini, noi avevamo un’idea totalmente diversa di quello che in realtà è davvero Amici. Non sapevamo quali opportunità potesse offrire, non pensavamo che fosse il palcoscenico giusto per iniziare a farci conoscere, e forse è stata proprio la nostra genuina incosapevolezza a farci vincere il talent show. Amici si è rivelato essere molto di più: innanzitutto dietro le scene c’è un tipo di lavoro dispendioso ma davvero formativo», spiegano i The Kolors, soffermandosi, in seguito, anche su aspetti perlopiù tecnici. «Inizi a capire tante cose: noi con Amici abbiamo appreso cosa significasse far funzionare il pop. Durante le esibizioni nei primi locali ci perdevamo in assoli e suite lunghissime, Amici ci ha dato la possibilità di tradurre il nostro linguaggio, di farlo arrivare alla nonna e ai nipotini, perché alla fine noi venivamo da una cornice underground».
Il percorso dei The Kolors è da insegnamento per tutte le band il cui obiettivo è far successo sviluppando un proprio linguaggio, diventando riconoscibili soprattutto per quello. The Kolors continueranno a surfare l’onda su cui, con grande merito, si sono ritrovati: di fronte a loro c’è un futuro roseo all’insegna del pop: «Continueremo a realizzare hit come ITALODISCO e UN RAGAZZO UNA RAGAZZA, rafforzando il “sound The Kolors”. Siamo severi con noi stessi, vogliamo sempre alzare l’asticella perché vogliamo offrire sempre qualcosa di bello che possa intrattenere un pubblico in continua crescita».
Photographer Isabella Sanfilippo
Stylist Giuseppe Magistro
Make up Anna Maria Negri
Hair stylist Gabriele Marozzi
Set designer Andrea Semeghini
Interview Andrea Mascia