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Cool Chit Chat and the californian adventure

Californication

Cool Chit Chat and the californian adventure Californication

California, 12 sudatissime ore di volo.

L’ho fantasticata all’inverosimile, non ci si prepara mai troppo bene per un viaggio del genere. Per informarsi prima della partenza di documentazione ce n’è, tipo 50 anni di storia di televisione e cinema, e prima ancora libri su libri, Beat Generation e compagnia bella.

Atterri e rimani sconvolto, tutto è enorme. Ma incredibilmente simile a come lo immaginavi.

Dawson’s creek, O.C., Beverly Hills, tutti nascono su quella costa tra San Francisco e San Diego. A vedere dal vivo quei luoghi non sembra neanche uno sforzo creativo così esagerato. Voglia di immergersi in una nuova realtà e carpirne l’essenza. Aprire la mente ad ogni suggestione.

San Francisco

Nebbia dalla mattina al primo pomeriggio e poi lo splendore della baia. Alcatraz come un piccolo neo di malinconia. Si mangia granchio e si scalano le vie di saliscendi. Collinette accostate che si godono una vista splendida, e quest’anno pure l’America’s Cup. Biciclettata fino a Sausalito, gli Hamptons di San Francisco, e ritorno in traghetto. 

Poi prendi la macchina e si parte, giù fino a sfiorare il Messico.

Palo Alto-Santa Cruz-Monterey

Il Big Sur, in bilico tra terra e cielo, e cominci a capire. Spiagge intricate e vegetazione foltissima alternata ad aree più brulle. Giri la testa e un branco di leoni marini compare sulla battigia.

Onde-vento-sole per 100 miglia e alla fine ci si riaffaccia alla civiltà

Santa Maria-Santa Barbara-Los Angeles

Città prototipo americano, moduli ripetuti di negozi e ristoranti. Ma basta una colazione in un vero locale anni ’50 e ci si sente di nuovo amici di Fonzie. Celebrano gli spagnoli come loro avi, ma ora sono i messicani immigrati che festeggiano. Un enorme patriottismo americano, onnipresente, che forse cela un gap di radici culturali solide. Il loro Rinascimento è ora, o si è appena concluso, per lasciare spazio ad altre realtà.

Passare da città abitate da americani all’iperturistica Los Angeles è uno shock. In fila per calpestare le stelle, distesi a terra per toccare le impronte delle mani e respirare l’aria di Hollywood. Stupirsi delle ville di Bel Air e impiegare quasi due ore di free way a 14 corsie per uscire dal tessuto urbano e ritrovarsi tra le più brulle colline. 

Malibù-Santa Monica-Venice Beach

Lì ti chiedi cosa puoi fare per raggiungere quel paradiso. Oceano, spiaggia bianca e una riviera di villoni tutti vetri, integrati nel paesaggio. Nulla stona.  Da italiani se ne esce orgogliosi, qualsiasi attività, con ambizione di dettare tendenza e vendere, ha richiami made in Italy. Dal cibo alla moda, passando per le auto. 

Idee confuse e mille input, è la nazione dei paradossi. Basi militare grandi come città e comunità hippie nascoste tra le montagne, obesi e fanatici del fitness, Hamburger al burro e ristoranti vegani, pick up galattici e fixie da seimila dollari, marijuana semi-legalizzata e poliziotti ovunque. 

Faccio appena in tempo a chiedermi cos’è il vero American dream che San Diego compare all’orizzonte, ultima tappa.

Niente itinerari turistici, immersione nella real life.

È lì che capisci tutto, quando abbassi la guardia.

Spiaggia di La Jolla, i surfisti e le onde. Aspettano quella giusta, si fanno cullare dal vento, nuotano in direzione del rischio e cercano di cavalcare la potenza. Adrenalina pura. 

Forse è proprio lì l’essenza, aspetti l’onda giusta e nel frattempo stringi legami con chi ti sta attorno. Aspettare il momento con religioso rispetto, è il Pacifico l’avversario da fronteggiare. Apprezzare ogni istante che ti viene regalato, con un infinito senso di appartenenza.

Che viaggio è senza la giusta playlist?