
Le t-shirt-slogan sono l'ultima forma di protesta alle Fashion Week
Sempre più designer le indossano sotto i riflettori per mostrare dissenso
28 Febbraio 2025
Ciò per cui non si può protestare a voce viene sempre più spesso detto per mezzo di una t-shirt: sembra questo il nuovo strumento preferito dei designer durante la Fashion Week. Complice un contesto in cui le tensioni politiche si sono aggravate, con i governi di destra che adottano decisioni dannose soprattutto per comunità LGBTQ+, molti stilisti usano il momento sotto i riflettori per esprimere il proprio dissenso. Un esempio emblematico è il designer newyorkese Conner Ives che dopo aver presentato la FW25 alla London Fashion Week, una celebrazione gioiosa sulle note di Donna Summer e Marvin Gaye, si è presentato per il saluto finale indossando una t-shirt bianca con la scritta "Protect the Dolls". L’origine della parola “dolls”, che in gergo si riferiscono alle donne trans, trovano radici nella cultura delle ballroom della fine degli anni ‘80. «Sono stato cresciuto e supportato da donne incredibili e meravigliose. Non sarei qui ora se non fosse per le “dolls”», ha raccontato il designer a Dazed. Non è una coincidenza che queste parole siano state pronunciate solo tre giorni dopo che Hunter Shafer (attrice e modella transgender con cui il designer ha precedentemente collaborato) ha annunciato che, contro la sua volontà, il suo genere sul passaporto è stato modificato a seguito di un ordine esecutivo di Trump. Il presidente degli Stati Uniti già da gennaio aveva dichiarato che, dal suo assedio in ufficio, il governo avrebbe riconosciuto solo i generi maschile e femminile, con i documenti che dovranno coincidere con il sesso assegnato alla nascita, un vero attacco verso la comunità trans (per cui l'identità sessuale non corrisponde al sesso biologico). Conner Ives ha deciso perciò, sfoggiando la t-shirt, di non lasciar passare in sordina un tema importante per lui importante, nonostante il clima rilassato della sfilata.
Conner Ives non è l’unico designer ad aver indossato una maglia per sottolineare il proprio disappunto: sempre alla London Fashion Week, Ashish Gupta ha calcato la passerella con una t-shirt dal chiaro messaggio antifascista. La maglietta bianca era stampata con quattro pugni, simbolo d’opposizione, che andavano ad assumere in maniera provocatoria la forma di una svastica. Una scelta forte rimarcata anche nella sua collezione con, ad esempio, un gilet colorato che recitava “Fashion not Fascism” e una felpa con la frase “Slut for Socialism”. Patricio Campillo, alla New York Fahion Week, era apparso con la scritta “El Golfo de México” sul petto dopo aver dato vita ad uno show omaggio alle sue radici messicane. Anche questa t-shirt è comparsa non a caso, ma come risposta a Donald Trump, che pochi giorni prima della sfilata aveva manifestato la sua intenzione di rinominare la baia “Gulf of America”. Ancora prima Willy Chavarria aveva deciso di utilizzare il suo debutto alla fashion week francese per ricordare come la moda sia intrinsecamente politica: con la sua collezione FW 2025, Tarantula, ha sottolineato come inclusività, diversità e intersezionalità, siano i cardini portanti del suo brand. Per l’occasione Chavarria ha ringraziato il pubblico indossando l’esclusiva felpa con la frase “How We Love Is Who We Are” (realizzata in collaborazione con Tinder e l’organizzazione non governativa Human Rights Campaign), che invitava a riflettere sulle oltre 570 leggi anti-LGBTQ+ introdotte nel mondo nell’ultimo anno.
I creativi, molti dei quali appartenenti all’universo queer, ricoprono un ruolo centrale in un momento storico particolarmente cupo, in cui a pagare il prezzo maggiore sono soprattutto le minoranze. Ai designer non resta che utilizzare la propria arte come forma di protesta, lanciando molte volte messaggi politici di grande rilevanza. Come esempio si guardi all’ultima collezione di Collina Strada che ha portato in passerella i temi della femminilità ,dell’essere queer e della disabilità, argomenti spesso marginalizzati, trattandoli con grande empatia. La moda si fa specchio del nuovo contesto sociale e diventa spazio di espressione politica : se perciò non è una novità che uno stilista indossi una maglia dai toni audaci, oggi questo gesto, soprattutto di recente, viene visto in una luce nuova. Così anche quella che sembra una semplice t-shirt può trasformarsi in un manifesto di resistenza, seppur quasi latente. Resta da vedere se anche le passerelle Milano Fashion Week appena iniziata, oltre a quelle la settimana della moda di Parigi che la seguirà subito dopo, continueranno a dare voce all’ondata di dissenso, che ora più che mai sembra non accennare a placarsi.