A Guide to All Creative Directors

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Cosa ne sarà di Jil Sander?

Dopo l’addio di Luke e Lucie Meier, pensiamo al futuro

Cosa ne sarà di Jil Sander? Dopo l’addio di Luke e Lucie Meier, pensiamo al futuro

Negli ultimi cinque anni, molti degli investimenti del gruppo OTB si sono rivelati scommesse vincenti. Renzo Rosso ha scommesso su John Galliano quando nessun altro lo avrebbe fatto, vincendo; ha scommesso su Glenn Martens per il revival-bomba di Diesel e ora per Maison Margiela, vincendo anche qui; ha scommesso su Francesco Risso come successore di Consuelo Castiglioni da Marni, vincendo una terza volta; e ha scommesso su Luke e Lucie Meier per la direzione di Jil Sander che ieri, dopo aver guidato il brand dal settembre del 2017, data del loro debutto con uno show di fronte alla torre di Assicurazioni Generali. Ma quel capitolo del brand è ormai concluso: già i rumor su una loro uscita circolavano abbondantemente da dicembre e ieri, dopo il loro show d’addio, è arrivato l’annuncio ufficiale. Presto, Jil Sander dovrà accogliere un nuovo direttore creativo (alcuni rumor parlano già di Daniel Lee) che riesca a pilotare il brand attraverso la sua nuova fase. Già nel 2022, infatti, Renzo Rosso aveva espresso la sua volontà di trasformare Jil Sander nel «marchio italiano più lussuoso. Non c’è un solo metro quadrato di pelle che usa che costi meno di 100 dollari» e per far ciò non era solo necessario determinare una sorta di cesura nel tragitto del brand ma anche supportare questo innalzamento sul mercato attraverso una nomina capace di galvanizzare l’attenzione intorno al brand. Tre settimane fa Serge Brunschwig, ex-CEO di Fendi, ha assunto il controllo operativo del brand preludendo a un prossimo cambio di marcia e di strategia – e le aspettative per il futuro includono, presumiamo, non tanto un’enorme evoluzione nell’offerta già eccellente del brand ma nella sua percezione.

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«Scommettiamo su Jil Sander», aveva detto a metà febbraio a MFF il CEO di OTB, Ubaldo Minelli. «Crediamo molto in questo brand. Da quando è stato acquisito nell’aprile 2021 abbiamo investito oltre 70 milioni di euro». Certo, nella stessa intervista Minelli aveva smentito che i Meier sarebbero andati via e anche se smentire questi gossip è la prassi dei dirigenti, ma è impossibile non leggere in filigrana alle diverse dichiarazioni fatte sul brand negli ultimi anni le ambizioni che OTB ha per il brand: trasformarlo nella risposta di Renzo Rosso a Bottega Veneta ed Hermès. Per farlo, serviva un peso massimo come Brunschwig, veterano di LVMH che servito sotto gli Arnault dal remoto 1995 e che adesso porterà la sua esperienza da Jil Sander - il che sicuramente implicherà da un lato un aumento degli sforzi del brand nel campo del celebrity dressing e dei red carpet, seguendo l’onda già inaugurata da Prada e di recente da Brunello Cucinelli i quali hanno iniziato a investire molto negli abiti da sera e nei custom per le celebrity, ma anche nel creare il prossimo prodotto iconico per il brand iniziando dal lancio della linea di profumi e sicuramente da un futuro lavoro fatto sui gioielli. Sotto la direzione creativa dei Meier, il brand ha trovato una nuova stabilità: se negli ’90 e fino all’acquisizione da parte del gruppo Prada, la fondatrice Jil Sander ne aveva fatto una storia di enorme successo; nell’era dei molti passaggi di mano, con le entrate e uscite intermittenti della stessa fondatrice che diede l’addio definitivo nel 2013, il breve periodo di Raf Simons, poi quello di Rodolfo Paglialunga, l’immagine del brand era apparsa più instabile. Dall’arrivo dei Meier, però, c’è stata una decisiva solidificazione della proposta del brand che poi è entrato con tutti i crismi nell’apparato di un vero gruppo del lusso con l’acquisizione da parte di OTB del marzo 2021.

Ora, quando parliamo di “stabilità” del brand non ci riferiamo semplicemente ai meri dati finanziari ma, come dicevamo, alla percezione che se ne ha e all’accoglienza che riceve. In questo, l’investimento di OTB è stato molto fortunato in quanto, pur essendo un brand noto per il suo minimalismo, Jil Sander possiede un’identità estremamente malleabile che riesce a mantenere la sua integrità anche quando il minimalismo viene meno. Negli ultimi anni infatti i Meier avevano interpretato il minimalismo del brand non come una riduzione degli elementi costituivi dell’abito ma come una tensione verso una purezza di forme che però accoglieva una gran quantità di dettagli e lavorazioni che in effetti di essenziale o anonimo avevano ben poco. Ma, per l’appunto, questo approccio rientrava nella natura profondamente versatile di un brand la cui stessa founder non era poi così avversa all’ornamento e alla decorazione. La stabilità estetica e identitaria portata dai Maier ha contribuito a fare di Jil Sander un brand che non solo è amato ma che soprattutto è rispettato – risultato che non è per nulla scontato oggi come oggi. Tra gli insider della moda, infatti, e specialmente a Milano, Jil Sander è apprezzatissimo e presente nel guardaroba di qualunque fashion worker. I Meier hanno avuto una mano relativamente leggera con il brand, la cui estetica non si è mai confusa con quella dei direttori creativi a differenza di quelle realtà che, dopo il successo di una certa direzione, non riescono più a emanciparsi dal suo imprinting – e questo sempre grazie a quella malleabilità di cui parlavamo, che adesso rende una futura transizione creativa oltre che un movimento upmarket non solo possibile ma soprattutto pensabile. Molti altri brand non possiedono questo privilegio.

Al di là di un potenziamento del business delle licenze, con il lancio dei profumi e (sempre una nostra supposizione) un ulteriore push nella categoria di occhiali e di tutti gli altri e vari prodotti, la missione più importante del prossimo direttore creativo del brand sarà creare un nuovo best-seller. In effetti, tra tutte le molte e interessanti iniziative dei Meier, nel mezzo di prodotti e di collaborazioni misurate ed eccellenti, l’unico tassello che manca nel mosaico del brand è il classico “hero product”, la punta di diamante commerciale capace di diventare un’icona immediatamente e per anni. Di solito questo prodotto è una borsa, ma può anche benissimo essere una scarpa o una certa categoria merceologica iper-specifica come la maglieria in mohair lo è per Marni, per fare un esempio, o i cardingan zip-up lo sono in misura minore per Maison Margiela. È chiaro comunque che le ambizioni per il futuro di Jil Sander sono molto vaste – ma nell’aria non si sente incertezza. Come dicevamo, Renzo Rosso è uno che le scommesse le vince.