
Shein è in crisi?
Le cose non vanno benissimo per il titano del fast-fashion
25 Febbraio 2025
Il Financial Times ha riportato ieri che Shein, il colosso della fast fashion con sede a Singapore, sta affrontando una serie di sfide finanziarie e operative proprio mentre si prepara per la tanto attesa quotazione alla Borsa di Londra. Secondo le fonti citate dal giornale, nonostante le vendite di Shein siano cresciute del 19% raggiungendo i 38 miliardi di dollari nel 2024, gli utili sono scesi drasticamente a 1 miliardo di dollari, registrando un calo del 40%. Questo apparente paradosso tra l’aumento delle vendite e la diminuzione dei profitti è dovuto a una combinazione di fattori. In primo luogo, i costi operativi sono aumentati sensibilmente. La concorrenza con Temu ha spinto Shein a intensificare l’utilizzo del trasporto aereo per garantire consegne rapide, facendo lievitare le spese logistiche. Allo stesso tempo, per mantenere la propria quota di mercato, l’azienda ha incrementato gli investimenti in marketing e promozioni, riducendo così i margini di guadagno. La competizione con Temu non si è limitata ai clienti: quest’ultima ha sottratto a Shein anche alcuni fornitori cinesi, costringendo l’azienda a sostenere costi produttivi più elevati. A complicare la situazione, a fine 2023 Shein ha tentato di diversificare oltre il settore moda, una strategia che si è rivelata inefficace e ha compromesso la redditività, inducendo l’azienda a tornare rapidamente al proprio core business. Ma le spese extra non si sono fermate qui.
Sul piano geopolitico e normativo, infatti, le pressioni sono aumentate. Negli USA, il presidente Trump ha revocato l’esenzione daziaria "de minimis", che permetteva l’importazione senza tasse di merci con valore inferiore a 800 dollari – revoca per ora sospesa, ma che potrebbe portare ad aumenti dei prezzi al dettaglio per i consumatori statunitensi mentre l’imposizione di un dazio aggiuntivo del 10% sulle importazioni cinesi sta ulteriormente pesando sui costi operativi, considerata la forte dipendenza di Shein dalle fabbriche cinesi. Il che ha portato Shein a riorganizzare le operazioni per far fronte a possibili dazi aggiuntivi, comportando ulteriori costi logistici e legali. In parallelo, i tentativi prolungati di quotarsi in borsa hanno generato spese considerevoli in consulenze legali e processi di conformità, con l’ulteriore incertezza legata all’eventualità di dover ripresentare i documenti per l’IPO. Infine, Shein ha investito somme ingenti in attività di lobbying per ottenere il favore delle autorità di Stati Uniti, Regno Unito e Cina. L’assunzione di consulenti politici di alto profilo, come l’ex consulente di Trump Kash Patel che adesso è il nuovo capo dell’FBI (e ha lasciato l’incarico in vista della sua nomina), ha comportato ulteriori oneri finanziari. Nel suo più recente round di finanziamento del 2023, l’azienda era stata valutata circa 66 miliardi di dollari ma tra redditività in calo e la cautela degli investitori, alcune parti interessate stanno spingendo per una revisione della valutazione a circa 30 miliardi di dollari. E anche se dimezzare la valutazione potrebbe facilitare la quotazione, una cifra del genere rappresenterebbe un significativo ridimensionamento delle ambizioni finanziarie di Shein che voleva completare la quotazione nella prima metà del 2025, ma potrebbe non riuscirci.
"Shein profits slump in fresh challenge to long-planned London IPO"
— Paul do Forno (@dofornop) February 24, 2025
net profit decreased 40% to $1bn in 2024 YoY as it suffered a difficult final quarter and battled competition from rival Temu, two people with knowledge of the matter told the Financial Times.
Sales for… pic.twitter.com/7jjT3LELZA
Il calo dei profitti arriva in un momento difficile per Shein, la cui valutazione in borsa è considerata tra le più importanti degli ultimi anni ma anche una delle più problematiche. Shein aveva inizialmente cercato di quotarsi a New York alla fine del 2023, ma la resistenza normativa della Securities and Exchange Commission (SEC) statunitense ha costretto l’azienda a spostare la propria attenzione su Londra. In Inghilterra, però, dopo aver presentato i documenti riservati per l’IPO lo scorso anno, c’è stata l’introduzione di nuove regole di quotazione e la scadenza di luglio 2025 per il periodo di transizione rischia di costringere Shein a ripresentare la documentazione, posticipando ulteriormente la quotazione alla seconda metà dell’anno. Pur trattandosi di una formalità burocratica, la necessità di una nuova presentazione indica le difficoltà che l’azienda sta avendo nel portare a termine l’offerta pubblica. Un eventuale ritardo nella quotazione non solo influirebbe sulla capacità di Shein di raccogliere capitali freschi, ma potrebbe anche esporre l’azienda a ulteriori evoluzioni normative che renderebbero ancora più complessa una futura IPO. I prossimi mesi saranno determinanti: la capacità dell’azienda di stabilizzare i margini, ottenere le approvazioni normative e riguadagnare la fiducia degli investitori sarà fondamentale per la riuscita di una quotazione che però moltissimi avversano e per la tenuta complessiva dell’azienda che, strano ma vero, potrebbe forse rivelarsi un fuoco fatuo se regolamentazioni e tensioni diplomatiche rimarranno le stesse. Un eventuale fallimento nel superare questi ostacoli potrebbe ridimensionare di molto sia l’ambizione globale di Shein che il suo predominio nel mercato dell’ultra-fast fashion.