A Guide to All Creative Directors

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I dazi di Trump sono un bel problema per la moda

Molti brand dovranno rivedere i loro prezzi, ma cosa succederà alle vendite?

I dazi di Trump sono un bel problema per la moda Molti brand dovranno rivedere i loro prezzi, ma cosa succederà alle vendite?

La lotta alla sopravvivenza nell’industria della moda è appena diventata più difficile. Se da un lato la crisi dello spending cinese ha fatto degli Stati Uniti il più cruciale mercato per la moda del lusso, i nuovi dazi proposti dal presidente Trump minacciano di rimodellare il panorama della moda sia per i colossi del lusso globale che per i designer indipendenti. Certo, le grandi maison come Louis Vuitton, Gucci ed Hermès dispongono delle risorse per affrontare queste e altre turbolenze economiche, ma i marchi indipendenti si trovano di fronte a un futuro incerto. Questi dazi, destinati ai beni provenienti dall’Unione Europea e potenzialmente estesi a Messico, Canada e altri partner commerciali degli Stati Uniti, potrebbero scatenare uno sconvolgimento del commercio globale con ripercussioni molto forti sulle complesse catene di approvvigionamento, sulle abitudini dei consumatori e sulle strategie dei brand. Il problema principale è legato a costi e prezzi: in altre parole, se inviare merce in America costerà di più è probabile che la moda europea diventerà più costosa – il che potrebbe diventare un problema per quei brand che hanno gonfiato artificialmente i propri prezzi negli ultimi anni; dall’altra prospettiva, i brand indipendenti che non potranno fare affidamento a enormi capitali potrebbero vedere le proprie vendite danneggiate in Europa e i loro costi di produzione lievitare. Ma procediamo con ordine.

I classici nomi del lusso sono leggermente più stabili nella prospettiva di un aumento generalizzato dei prezzi dato che contano sul proprio prestigio e su una clientela fedele per compensare il peso dei dazi. Axel Dumas, presidente esecutivo di Hermès, ha dichiarato agli investitori che in caso di aumento dei dazi, «aumenteremo i nostri prezzi di conseguenza». Anche François-Henri Pinault, CEO di Kering, ha espresso fiducia nella capacità dei suoi marchi di rivedere le strategie di prezzo. Eppure gli analisti avvertono che anni di aumenti significativi hanno già messo alla prova la pazienza dei consumatori: la celebre borsa trapuntata di Chanel è triplicata di prezzo dal 2010, mentre la Keepall di Louis Vuitton è più che raddoppiata, rendendo quella di ulteriori rincari un’idea rischiosa. Secondo UBS, il cui report viene citato da BoF, i consumatori aspirazionali che non sono già stati esclusi dalla barriera dei prezzi potrebbero tirarsi indietro di fronte a nuovi aumenti mentre Erwan Rambourg, analista di HSBC, ha parlato di «avidità inflattiva» che è una traduzione forse troppo elegante per la crasi inglese “greedflation”, termine che indica l’arbitrarietà degli aumenti di prezzo, sottolineando il rischio che strategie di prezzo troppo aggressive alienino la clientela americana, cruciale per le vendite. Infatti, dati recenti sempre citati da BoF mostrano che gli aumenti sono stati frenati: Dior ha mantenuto stabili i prezzi negli Stati Uniti nell’ultimo anno, mentre Louis Vuitton ha registrato incrementi di poco superiori al 2%. Anche Chanel, nota per i suoi rialzi consistenti, ha rallentato al 5,4%.

Per i designer indipendenti la posta in gioco è ancora più alta. A differenza dei grandi gruppi, questi brand si affidano a pochi partner produttivi e lavorano con margini molto più sottili. Stephanie Suberville Rodriguez, co-fondatrice di Heirlome, che si rifornisce da Messico, Cina ed Europa, ha detto a Vogue Business di essere abbastanza preoccupata per il peso aggiuntivo dei dazi: «Stiamo tassando noi stessi su materiali che non produciamo a livello nazionale», ha affermato. Per brand come Sloan, che opera con un modello ibrido tra vendita diretta e all’ingrosso, assorbire i costi extra senza compromettere la redditività sarà difficile. Julia Sloan, fondatrice del marchio, ha rivelato sempre a Vogue che i fornitori hanno già annunciato imminenti aumenti, costringendola a consultazioni urgenti con i partner logistici. L’abolizione dell’esenzione de minimis, che attualmente permette l’ingresso senza dazi di spedizioni inferiori agli 800 dollari, rappresenta un ulteriore ostacolo. Kara Yoo, designer canadese di gioielli, prevede un calo delle vendite dirette negli Stati Uniti se questa norma verrà eliminata e dunque adotterà un modello di consegna con dazio pagato (DDP), garantendo trasparenza sui prezzi ma riducendo ulteriormente i margini.

Nonostante tutte queste complicazioni, l’America rimane un mercato chiave per la moda. Hermès prevede di espandersi in città americane come Phoenix e Nashville, di fatto proclamando che continuerà a investire nel paese. LVMH, guidata da Bernard Arnault, aumenterà con molte probabilità la produzione negli Stati Uniti per attenuare l’impatto dei dazi: già il gruppo possiede tre fabbriche negli USA aperte rispettivamente nel 1990, nel 2011 e nel 2019 oltre ai laboratori di gioielleria acquisiti insieme a Tiffany & Co. seguendo il ragionamento per cui i clienti americani potrebbero comunque apprezzare un prodotto Made in USA anche se i costi dagli stipendi e la questione del controllo qualità rimarranno comunque centrali. Pinault, invece, ha escluso lo spostamento della produzione dall’Europa, ribadendo l’importanza dell’etichetta "Made in Europe." Per i brand indipendenti, l’adattamento sarà invece obbligatorio, specialmente se il loro mercato è americano. In ogni caso, dato che i dazi potrebbero colpire un terzo delle merci importate inclusi abbigliamento, calzature e cosmetici, l’intero settore deve riconsiderare le proprie strategie. Secondo Morningstar, dazi tra il 10% e il 20% potrebbero ridurre significativamente le vendite, soprattutto tra i consumatori aspirazionali. UBS prevede una crescita moderata del 6% per il lusso negli Stati Uniti nel 2025 sostenuta da un dollaro forte e mercati azionari robusti contro un calo dell’1% in Cina. Anche se l’aumento dell’inflazione e il calo della fiducia dei consumatori americani attenuano l’ottimismo. Solo chi saprà innovare comunicando con trasparenza e adattandosi rapidamente potrà navigare le acque agitate che si prospettano all’orizzonte.