
Che fine hanno fatto le it-bag?
Spoiler: c’entrano i prezzi
07 Febbraio 2025
Sono ormai passate un paio di stagioni da quando è stata incoronata l’ultima it-bag, a dir la verità è anche un po’ difficile ricordarsi quale sia stata effettivamente l’ultima borsa così virale da spopolare ovunque. Se escludiamo il panorama del lusso, la borsa in nylon di Uniqlo è stata senza dubbio l’unico modello che, negli ultimi anni, ha ottenuto un successo tale da entrare nell’immaginario collettivo. Eppure, anche in quel caso, parliamo di una mania di almeno tre anni fa per la tracolla a mezzaluna (che continua a essere un accessorio essenziale e funzionale, ma senza più quell’aura di “must-have”). Per quanto riguarda le Maison, l’impressione è che le ultime borse che hanno lasciato una vera impronta sul panorama della mods abbiano già qualche stagione sulle spalle, basti citare la Cagole di Balenciaga, la Jackie di Gucci o la Jodie di Bottega Veneta. Non si tratta di mancanza di lanci, un esempio lampante è quello delle nuove Beau e Aventure di Miu Miu, amatissime fra gli insider durante le fashion week, ma che non riescono a conquistare davvero il mainstream. Come capire quando un modello si “sdogana” oltre la cerchia degli insider? Basta vedere se arriva la cosiddetta pioggia di dupe: se non c’è la copia di Zara o di altre catene Inditex, probabilmente non siamo di fronte alla nuova borsa suprema. Tra i pochi candidati forti al titolo di it-bag c’è la Margaux di The Row, subito replicata da Cos, Zara, Reformation e persino Coach. Tuttavia, il prezzo dai 5000 ai 6000 euro la rende inavvicinabile a gran parte dei consumatori, relegandola a una fetta di pubblico ristrettissima (e lasciando i dupe come unica alternativa concreta). Perché, quindi, sembra non nascere più una it-bag in grado di conquistare tutte le fasce di mercato?
Come prevedibile, la principale “colpevole” di questa mancanza di nuove hit nel mondo delle borse è l’impennata dei prezzi. Più un articolo diventa economicamente inaccessibile, più è difficile che riesca a trasformarsi in fenomeno di massa. Non a caso, uno studio recente di The Independents prevede che, nei prossimi due anni, gli acquisti di borse di lusso subiranno un calo del 13,69%. Questo dato riflette un cambiamento importante, se un tempo la borsa di lusso era un simbolo di status, oggi lo status si lega più a esperienze e sempre meno a un semplice cartellino. Non vuol dire che i valori materialistici siano improvvisamente scomparsi, ma sta nascendo un desiderio di lusso più “colto”, che può trasformarsi in investimenti alternativi (arte, viaggi, alta ristorazione). D'altro canto, l’aumento di prezzo non è stato un segreto bramato nell’industria. Business of Fashion ha riportato che, dal 2019 al 2024, la Galleria Saffiano di Prada è aumentata del 111%, la Speedy 30 di Louis Vuitton del 100%, la GG Marmont di Gucci del 75% e la 2.55 (versione large) di Chanel del 91%. A peggiorare la situazione non sono stati solo i prezzi ma anche la costante crescita delle collezioni – da due a ben cinque o sei l’anno, come sottolineato da The Atlantic – che ha reso il mercato estremamente frammentato, con nuovi modelli sfornati a ritmo forsennato, che finisce per disorientare i consumatori e creare un senso di saturazione. Quando a ogni stagione si aggiunge una variante o un re-style, è più difficile affezionarsi davvero a un modello e considerarlo “intramontabile”.
Lo scetticismo nei confronti delle borse di lusso si riflette chiaramente nelle performance finanziarie. Fashion United segnala che, nel terzo trimestre del 2024, la divisione Fashion & Leather Goods di LVMH ha registrato vendite in calo (9,2 miliardi di euro, contro i 10,3 del secondo trimestre e i 10,5 del primo). Kering non è da meno: nel report semestrale 2024 ha evidenziato un rallentamento per le categorie Shoes e Leather Goods dei marchi secondari (Alexander McQueen, Balenciaga, ecc.), dovuto alla minor disponibilità di spesa in alcuni mercati. Non a caso, per cercare nuovi sbocchi, i brand nell’ultimo anno stanno puntando su segmenti alternativi, come la piccola pelletteria: bag charm e accessori mini che riscuotono un certo successo sui social grazie a tendenze come la “birkinification” o la “chaotic customization”, utili a rinnovare almeno in parte l’offerta. Secondo Vogue Business, chi acquista un piccolo pezzo di lusso (per esempio un portachiavi, un rossetto o un porta carte) deve comunque sentirsi speciale e non “di serie B”. È proprio l’attenzione all’esperienza che rende un marchio come Hermès ancora imbattibile: ogni cliente – che acquisti una Kelly o un semplice prodotto beauty – riceve la stessa attenzione one-to-one, esce dal negozio con la inconfondibile confezione arancione, e vive un momento esclusivo. In altre parole, chi si rivolge a un brand di lusso desidera comunque sentirsi parte di quel mondo, a qualsiasi livello di prezzo.
Il revival delle it-bag del passato è un’altra strategia che i brand stanno adottando da qualche anno a questa parte per cercare di smuovere il mercato. Dalla Re-edition Nylon 2005 di Prada alla Tote Y di Saint Laurent, una moltitudine di brand cercano di suscitare nostalgia per convincere ai clienti di compare. Tra gli ultimi c’è stato Balenciaga, per esempio, che da poco ha rilanciato la sua Le City Bag (o Motorcycle Bag dei primi anni 2000), riproponendola attraverso campagne che richiamano l'iconoclastia del Y2K: Paris Hilton, i paparazzi e la City bag. Come nota ancora The Atlantic niente è un caso, in un settore dove la creatività sembra un po’ arenata, attingere dal passato è un modo per generare vendite immediate senza correre troppi rischi. Tuttavia, c’è un rovescio della medaglia: molti consumatori, stanchi di loghi e design visti e rivisti, stanno esplorando il mercato del vintage, dove è possibile trovare modelli realmente unici o pezzi storici che evocano l’epoca delle vere it-bag (come la Baguette o la Birkin).
Balenciaga 'Le City' bag campaign — insanely iconic selection of paparazzi images of Y2K fashion it-girls: Paris Hilton, Tyra Banks, Alek Wek and more. pic.twitter.com/MxscEGnTHC
— La Mode Unknown (@LaModeUnknown) February 1, 2025
Non che la borsa iconica sia destinata a scomparire: è più corretto dire che, nel contesto attuale, è sempre più difficile per un singolo modello ergersi a fenomeno globale come accadeva in passato. Con prezzi in continua ascesa, un’offerta ipertrofica e un consumatore sempre più disilluso, l’it-bag fatica a nascere e, quando lo fa, rischia di svanire rapidamente. Nel frattempo, i brand provano a cavalcare la nostalgia – magari rilanciando design storici a prezzi ancora più elevati – o a creare “mini-lussi” per intercettare chi non può più (o non vuole più) spendere cifre a quattro zeri. Forse non è la fine del concetto di borsa desiderabile, ma certo è la fine di un’epoca in cui un singolo modello riusciva a diventare il simbolo di uno status condiviso. Oggi l’idea di status appare più sfaccettata e si declina in direzioni diverse, soprattutto in un panorama del lusso dove le esperienze, l’arte e i beni di nicchia stanno diventando i veri identificatori dell'élite. E chissà, poi magari la prossima it-bag verrà lanciata in questo fashion month appena iniziato.