Che fine fanno i vincitori dei premi di moda?
Da un grande premio derivano grandi aspettative
16 Dicembre 2024
Emergere nel panorama complesso della moda oggi non è affatto semplice. Il talento, di certo, non manca, considerando il numero crescente di studenti che ogni anno si iscrivono alle facoltà di Fashion Design in ogni angolo del mondo. Se in passato il fulcro della formazione creativa era quasi esclusivamente Londra, con la Central Saint Martins a incarnare la Mecca per aspiranti designer, oggi le opportunità si sono diffuse, e istituti di alto livello si trovano ovunque. Tuttavia, anche il diploma più prestigioso non rappresenta garanzia di successo o di ascesa verso i vertici del settore. Ed è proprio qui che entrano in gioco i premi di moda, strumenti essenziali per i designer emergenti che, oltre a offrire visibilità mediatica cruciale, mettono in palio risorse economiche decisive per lanciare o consolidare un giovane brand. In un settore così competitivo, dove emergere significa farsi notare tra migliaia di colleghi altrettanto talentuosi, il supporto di una piattaforma riconosciuta può trasformare un’idea promettente in un progetto sostenibile. Di competizioni di moda ce ne sono davvero molte: alcune hanno un raggio più locale, altre impatto internazionale, ma solo poche possono vantare il prestigio necessario per lasciare un segno tangibile nella carriera di un designer, come l’International Woolmark Prize, l’ANDAM Prize e L’LVMH Prize. Ma vincere un premio garantisce davvero un posto tra i giganti del settore? La risposta, per quanto ambivalente, è generalmente negativa. La disparità tra chi arriva a dirigere una grande Maison e chi invece si dedica al proprio brand indipendente è evidente. Allo stesso tempo, non si può negare che molti dei grandi nomi del lusso, sia passati sia attuali, abbiano iniziato proprio vincendo le “statuette” più note della fashion industry. Questi premi, quindi, restano un tassello fondamentale per alimentare un sogno e, talvolta, per renderlo realtà.
International Woolmark Prize
Il Woolmark Prize, istituito negli anni ‘50, ha da sempre avuto l’obiettivo di promuovere l’uso della lana Merino australiana, incoraggiare l’innovazione e sostenere i giovani talenti del design. Questo prestigioso riconoscimento ha offerto una piattaforma per reinterpretare la lana attraverso una visione contemporanea, celebrando la creatività e l’artigianalità. Tra i suoi vincitori più celebri si annoverano figure che hanno segnato la storia della moda, come Valentino Garavani, Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld. Dopo il rilancio del premio nel 2012, il Woolmark Prize ha ampliato il suo focus, includendo la sostenibilità e le nuove tecnologie, offrendo ai partecipanti non solo visibilità ma anche risorse per crescere. Gabriela Hearst, vincitrice nel 2017, ha sfruttato il premio per consolidare il proprio marchio per poi diventare direttrice creativa di Chloè dal 2021 al 2023. Marco Rambaldi, finalista del 2023, rappresenta la freschezza della moda italiana. Sempre finalista dell’edizione scorss, Rhuigi Villaseñor presentando il suo brand RHUDE ha trovato nella competizione un’importante vetrina per il rebranding del marchio. Un aspetto interessante del Woolmark Prize è la sua capacità di scoprire e promuovere talenti emergenti da diverse parti del mondo. Ad esempio, nel 2023, il premio è stato assegnato al nigeriano Lagos Space Programme al danese A.ROEGE HOVE, evidenziando l’impegno del concorso nel riconoscere e celebrare la diversità culturale nel design della moda.
ANDAM Prize
Il premio ANDAM (Association Nationale pour le Développement des Arts de la Mode), nato nel 1989, ha avuto un inizio a dir poco iconico: il primo vincitore, Martin Margiela, presentò il suo brand omonimo, Maison Margiela, lasciando un segno indelebile nella storia della moda con il suo approccio decostruzionista. Durante quella presentazione, Margiela scelse un parco giochi abbandonato come location per la sfilata, rompendo le convenzioni dell’epoca e includendo bambini del quartiere tra il pubblico, a sottolineare la sua visione democratica della moda. Fu proprio in quell’occasione che introdusse le iconiche Tabi, calzature con la punta divisa ispirate alle tradizionali scarpe giapponesi, che da allora sono diventate un simbolo della sua estetica rivoluzionaria. Da allora, il premio ha continuato a sostenere talenti emergenti, molti dei quali sono poi diventati nomi di punta del settore. Tra gli alumni più celebri, Jeremy Scott, vincitore nel 1998, che ha in seguito fatto il suo debutto sulle passerelle parigine per poi arrivare da Moschino nel 2013. Nel 2011, Anthony Vaccarello ha conquistato l’ANDAM Prize finendo poi nel 2016 da Saint Laurent come direttore creativo. Un altro nome degno di nota è quello di Iris Van Herpen, vincitrice nel 2014, che ha portato la moda in una nuova dimensione grazie all’uso pionieristico della tecnologia, come la stampa 3D, e al suo approccio visionario alla couture. Y/Project, invece, premiato nel 2017, ha dimostrato come il design concettuale e trasformabile possa convivere con un appeal commerciale, sotto la guida di Glenn Martens, che oggi è anche direttore creativo di Diesel (e possibile successore di John Galliano a Margiela).
LVMH PRIZE
Congratulations to Hodakova on being the first Swedish designer to win the LVMH Prize! pic.twitter.com/rKa1dhpPuk
— highsnobiety (@highsnobiety) September 14, 2024
C’è qualcosa nel panorama della moda che non venga inglobato da LVMH? A quanto pare no. Nel 2014, per volontà di Delphine Arnault, il più grande colosso del lusso ha creato l’LVMH Prize. Negli ultimi dieci anni, molti designer destinati a influenzare il futuro della moda hanno ottenuto questo riconoscimento, che non solo offre 400.000 euro ma comprende anche due anni di mentorship da parte del gruppo. Nel 2016 ha trionfato Wales Bonner, seguita da Marine Serre nel 2017. Entrambe hanno saputo sfruttare l’occasione per consolidare la loro posizione nel settore, diventando protagoniste del dialogo tra moda e streetwear. Wales Bonner ha portato avanti collaborazioni di rilievo con Adidas, reinterpretando le iconiche Samba e rendendole che it-sneakers del 2023. Marine Serre, invece, ha continuato a plasmare il panorama contemporaneo grazie al suo approccio sostenibile e visionario, integrando elementi sportivi nelle sue collezioni, come dimostrato nella sua sfilata FW 2024, in cui ha fuso sportswear e abbigliamento serale con una sensibilità unica. Nel 2020, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, LVMH ha eccezionalmente deciso di premiare tutti i finalisti, fra cui Casablanca, Chopova Lowena e Peter Do (quest’ultimo è stato il direttore creativo di Helmut Lang dal 2023 al 2024). Nel 2022 è stata la volta di S.S. Daley, mentre l’edizione più recente ha visto emergere Hodakova. Tutti questi nomi, oggi, compaiono stabilmente nei calendari delle Fashion Week internazionali, testimonianza di come il premio sappia realmente individuare i talenti capaci di passare dallo status di emergenti a quello di protagonisti. Certo, non tutti raggiungono lo stesso livello di notorietà, ma a differenza di altri riconoscimenti, l’LVMH Prize è riuscito negli ultimi anni a fornire ai vincitori le certezze necessarie per eccellere - in un modo o nell’altro.
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Nonostante il prestigio e l’attenzione che i premi portano, non tutti i vincitori sono riusciti a costruire una carriera solida o a consolidare la propria presenza nel settore. Il mondo della moda, per quanto possa offrire visibilità immediata, resta un ambiente estremamente competitivo e volatile, dove il talento da solo non basta. Diversi designer premiati in passato, come Thomas Tait, vincitore della prima edizione dell’LVMH Prize nel 2014, non sono riusciti a mantenere lo slancio iniziale. Dopo aver ottenuto il riconoscimento, Tait ha faticato a tradurre l’interesse iniziale in un business stabile e ha progressivamente abbandonato i riflettori del settore. Un altro esempio è Grace Ling, finalista nel 2022, che, nonostante la creatività riconosciuta e le ottime premesse, non è riuscita a raggiungere una posizione di rilievo comparabile a quella di Marine Serre o Wales Bonner. Anche Simon Porte Jacquemus (vincitore del Karl Lagenferd Award LVMH del 2015), pur avendo trovato il successo con il proprio marchio, ha inizialmente affrontato difficoltà simili, dimostrando che persino i designer che poi ce la fanno non sono immuni a battute d’arresto. Tuttavia, molti dei meno fortunati si sono trovati a dover affrontare la pressione economica di un mercato spietato senza le risorse strategiche necessarie per capitalizzare il premio ricevuto. Le critiche più comuni rivolte a questi premi riguardano la mancanza di supporto a lungo termine: sebbene la somma in denaro e la mentorship fornita siano elementi importanti, non bastano a garantire un successo duraturo in un sistema che richiede un costante aggiornamento e capacità di adattamento. L’esperienza di designer come Hood by Air, che dopo un riconoscimento iniziale è finito in pausa per anni, dimostra quanto sia complesso sopravvivere in un panorama così competitivo, anche con un premio prestigioso alle spalle.