La moda fa il 5% del PIL Italiano
Forse è il momento di fare il punto della situazione sul Made in Italy
12 Dicembre 2024
Il 2024 è stato un anno - per mancanza di termini tecnici - tremendo per il settore del lusso e della moda. La crisi del lusso ha avuto un effetto significativo sulle entrate dei più grandi brand, con colossi come LVMH e Kering che hanno continuato a registrare perdite durante l’anno. In un panorama grigio e tetro come questo, le buone notizie assumono ormai le sembianze di oasi in mezzo al deserto. Secondo un nuovo report di Cassa Depositi e Prestiti, il settore della moda si conferma uno dei motori trainanti dell’economia del paese, contribuendo al 5,1% del PIL italiano e generando un valore complessivo di 75 miliardi di euro, con oltre 1,2 milioni di addetti. Non solo la moda si aggiudica la leadership a livello nazionale, ma globalmente l’Italia si conferma primo produttore mondiale di alta moda, fornendo il 29% dei materiali ai gruppi europei e attirando i due terzi delle maison del lusso per le loro produzioni. Tuttavia, non è un segreto che il Made in Italy stia affrontando un periodo di crisi. Dati preoccupanti indicano un aumento delle chiusure e un crescente ricorso alla cassa integrazione nella filiera artigianale italiana. Nel 2023, il settore ha esportato circa 65 miliardi di euro, pari al 10% dell’export nazionale, con il 55% delle vendite destinate ai mercati extra-UE. Sono stati i primi mesi del 2024 ad essere i peggiori, infatti è stata registrata una contrazione del 5,3% nelle esportazioni, con una perdita di 1,8 miliardi di euro. Mentre le grandi aziende riescono a mantenere stabili i profitti, le piccole imprese soffrono maggiormente, penalizzate dalla frammentazione e dall’elevata competitività del mercato. Il primo trimestre del 2024 ha visto un calo dei ricavi del 10%, seguito da un ulteriore calo del 7% nel secondo trimestre, colpendo in modo particolare i settori chiave della filiera.
studying italian fashion is always so fascinating to me, it’s deeply tied to the culture and everyday life even in the most subtle ways (like how italians WILL look you up and down), i was happily surprised when i moved to rome and they had fashion shows playing in the metro https://t.co/4AEXlJBftn
— RINA. (@LAVIDAPRADA) September 20, 2024
Nonostante le difficoltà, secondo il report di CDP, il Made in Italy resta sinonimo di successo globale. Tre sono i pilastri fondamentali dietro il successo della tradizione artigianale italiana. In primis, la qualità superiore dei materiali, che garantisce un’eccellenza difficilmente replicabile. Al secondo posto, il DNA dei luxury brand italiani: grazie al talento dei designer e a reti distributive capillari, marchi come Prada e Miu Miu continuano a registrare bilanci positivi, crescendo anche in un panorama globale apocalittico. Infine, la capacità di innovare attraverso collezioni creative e una forte connessione con il patrimonio culturale locale rafforza il legame tra tradizione e modernità. Un esempio evidente è rappresentato dalle Maison che scelgono l’Italia come sfondo delle loro sfilate Couture: dopo l’evento di Louis Vuitton sul Lago Maggiore nel 2023, Dior ha scelto Roma per presentare la collezione Cruise del prossimo maggio.
@sara_insidefashion a brevissimo gli aggiornamenti #madeinitaly #manevalelapena #abbigliamento #sostenibilità suono originale - saraheyfooreal
Tuttavia, i punti di forza non bastano a bilanciare le molteplici difficoltà che hanno colpito il settore nell’ultimo anno. Il contesto geopolitico globale e la transizione energetica continuano a mettere sotto pressione la supply chain, aggravando ulteriormente le sfide. Basti pensare che la crisi attuale è stata pesantemente fomentata dalla contrazione della domanda nella clientela cinese, oltre alle svariate crisi economiche che hanno colpito i paesi occidentale. Inoltre, la competizione tra fast fashion e lusso evidenzia una delle questioni centrali del mercato odierno: la sostenibilità. Secondo il report, il 76% dei consumatori di lusso richiede impegni etici dai marchi, spingendo l’industria a integrare criteri di eco-design e a rispettare normative che vietano, ad esempio, la distruzione dell’invenduto. Sebbene i grandi gruppi abbiano già intrapreso percorsi virtuosi, molte piccole e medie imprese devono ancora colmare un ampio divario. Questo è particolarmente critico se si considera che il 79% della produzione italiana è realizzato da micro, piccole e medie imprese. Forse è giunto il momento di dare maggiore attenzione ai veri protagonisti del Made in Italy.