Alla moda piace di nuovo il boho-chic
Ma ai consumatori?
06 Dicembre 2024
Seduta su un prato verde con sigaretta alla mano, nel nuovo editoriale di Interview Magazine l’attrice Lily-Rose Depp guarda in camera indossando un vestito baby-doll in seta firmato Chloé, sorretto sotto il seno da un nastro di pizzo. Il look della star è puramente boho-chic: un’estetica nata alla fine dei primi anni 2000 al Coachella, tra piume e lunghe collane di perle, che però trova ispirazione nella libertà d’espressione dei figli dei fiori degli anni ’70. Dopo anni di latitanza, alla Paris Fashion Week FW24 il boho-chic ha ricominciato a fare rumore, in particolare grazie al primo show di Chemena Kamali in quanto nuova direttrice creativa di Chloé. Tra balze, alti zoccoli in legno e hobo bag, la designer ha offerto al pubblico un viaggio indietro nella storia del brand, dalla direzione artistica di Karl Lagerfeld negli anni ’70 a quella di Stella McCartney e Phoebe Philo nei primi anni 2000 (quando Kamali lavorava negli uffici stile della maison). La particolarità del neo-boho-chic è che il trend è partito dalle passerelle e non dai social media, a differenza di altri movimenti estetici contemporanei come l’indie sleaze e il coquette-core. In quanto impostata “dall’alto”, e non dalla strada o dai democratici spazi online, la tendenza ha corso il rischio di rimanere chiusa in nella bolla dell’high fashion, eppure non è stato così: su Google, le ricerche per boho-chic sono aumentate del 59% rispetto all’anno scorso, mentre su TheRealReal l’interesse per Chloé è salito del 37% a sole 24 ore dalla sfilata. Dal primo show di Kamali, ha detto una rappresentante della piattaforma di resale a Vogue Business, le vendite per i capi vintage Chloé sono aumentate del 130% di mese in mese. È possibile che, dopo anni di trend nati su TikTok a Instagram, la moda sia finalmente tornata a fare tendenza?
«Il trend del boho chic sta vivendo una nuova evoluzione grazie alle recenti ondate di trend come l’indie sleaze o il new wave», afferma il buyer Luigi Vassallo. «Stiamo assistendo a una riscoperta di un’estetica legata alla musica e all’arte: vissuta, autentica, quasi malconcia». Effettivamente, le origini del boho chic risalgono a un’epoca in cui a dettare le mode erano artisti dallo spirito libero come Janis Joplin, Stevie Nicks e Bob Dylan, che tra vestiti svolazzanti e accessori eccentrici hanno plasmato l’immaginario hippie degli anni ’70. E nei primi anni 2000, quando il boho chic è tornato a fare tendenza, a portarlo in prima fila a eventi come il Met Gala e il Coachella sono stati di nuovo gli artisti, come Florence Welch, le gemelle Olsen o Harry Styles ai tempi dei One Direction. Diventa chiaro, quindi, che la fascinazione della moda per l’estetica boho-chic non siano tanto i vestiti di per sé, quanto la storia che vi si è costruita attorno negli anni. «Possiamo sicuramente dire che il trend sta funzionando tra i consumatori - aggiunge il buyer - la fusione tra tutti questi trend attrae un pubblico che cerca autenticità e narrazione personale nei propri look. Il boho-chic non è solo una questione estetica, ma un modo per esprimere un’identità individuale attraverso capi che evocano storie, esperienze e senso di libertà».
Mentre qualche anno fa il trend del boho-chic corrispondeva spesso a quello che oggi senza rigor di dubbio verrebbe accusato di appropriazione culturale, come l’utilizzo di codici stilistici legati alla cultura nativo americana, il neo-boho-chic è calibrato nel minimo dettaglio per apparire politicamente neutro. Oltre a Lily-Rose Depp e al suo babydoll dress, altre attrici che hanno indossato le creazioni di Chloé nelle loro uscite stampa sono state estremamente caute: Daisy Edgar-Jones è stata paparazzata in slip dress color panna e zoccoli in pello e legno marrone; Sienna Miller, it-girl storica dell’estetica, agli show del brand ha optato per un paio di pantaloni a zampa rosa e una giacca azzurra con maniche a palloncino. In passerella e sui red carpet, oltre a balze di seta e hobo bag capienti si notano poi una quantità infinita di frange, di denim lavorato e di camoscio (che secondo il trend forecasting di Tagwalk dominerà il 2025). Aggiungendo alla fantasia bohemienne di Chloé, poi, brand come Chanel e Ralph Lauren hanno portato ai propri show look interamente ricoperti di collane di diverse lunghezze, un layering di gioielli presente anche nella prima collezione di Alessandro Michele per Valentino, anche se in maniera più tirata. Tra gli altri brand che hanno preso dal boho chic per le loro ultime collezioni troviamo poi Isabel Marant, che ha scelto i colori della terra, accessori in animalier e stivali in pelle larghi e cascanti, e Rabanne, che ha portato stampe abbinate nei modi più inaspettati. Persino Burberry e Saint Laurent, che fino a poco tempo fa vivevano di un’estetica puramente anni ’80, per l’ultima Fashion Week si sono lasciati un po’ andare al fascino dei flower child, tra gonne svolazzanti lunghe fino ai piedi e pizzi colorati.
Per la prima volta in mesi (se non anni), le passerelle sono riuscite a dettare una moda prima che ci riuscissero i social media. Si tratta pur sempre di un’estetica nostalgica, come l’indie sleaze e il y2K, eppure questa volta la tendenza sembra perspirare aria fresca. Forse perché, al contrario dei precedenti, è obbligata ad allontanarsi dalle proprie radici politicamente ambigue e a reinventarsi secondo i canoni della cancel culture; forse perché oltre a Chloé - boho chic per natura - il genere non corrisponde a una firma o a un’altra: come sottolinea Vassallo, il boho-chic può essere interpretato in maniera totalmente personale, persino con l’utilizzo di accessori o indumenti vintage senza etichetta, il che rende il look di volta in volta originale. È ovvio che, una volta diventato nuovamente mainstream, è possibile che il boho-chic torni a sembrare ripetitivo, ma può anche darsi che, sorprendentemente, i consumatori riescano a renderlo autentico. Come dovrebbe essere lo stile di ognuno, del resto.