H&M sarà in grado di riposizionarsi sul mercato?
Il gigante svedese prova a seguire Zara, ma non è detto che ci riesca
02 Dicembre 2024
L’industria dell’abbigliamento è in subbuglio. Ora che i grandi brand di moda, dopo aver interrotto le seconde linee e alzato all’inverosimile i prezzi, si sono isolati nel segmento del lusso, ostaggio delle proprie stesse policy, brand grandi e piccoli stanno correndo per riempire il middle market, ovvero quel segmento di clienti intermedi che spendono sopra la media del fast fashion (ma sotto quella del lusso) e che in passato alimentavano una larghissima parte delle vendite della moda. I primi tra questi brand sono sicuramente i fast fashion e gli ultra-fast fashion della grande distribuzione, che infatti provano a migliorare la propria immagine con campagne piene di top model, fotografi leggendari e collaborazioni di alto livello. Ultimamente Zara è il brand che ha meglio sfruttato questo momento, ma adesso anche lo svedese H&M ci sta provando. Da poco il brand ha annunciato una collaborazione con Glenn Martens, ne ha fatta uscire una con lo svedese Rotate e ha celebrato con una serie di eventi il 20esimo anniversario della sua strategia di collaborazioni con designer iconici; ci sono state diverse nuove aperture in India e in Repubblica Domenicana, arriverà a breve in Brasile, è sbarcato sulle piattaforme cinesi Douyin e Pinduoduo e aperto uno store in Svezia dedicato solo alla linea beauty; ha poi collaborato con Charli XCX rilasciando anche una capsule e venduto il proprio business di outlet Afound alleggerendo la propria struttura aziendale. Tutti segnali che il marchio sta provando ad affermarsi non solo come una potenza commerciale ma anche come brand prestigioso e desiderabile. Ma ci riuscirà?
Nello statement relativo ai primi nove mesi dell’anno, il CEO del brand Daniel Ervér ha detto che quest’anno bisognerà attendersi margini più bassi del 10% a causa della ben nota crisi dei consumi, ma che i costi affrontati oggi dal gruppo daranno i frutti nel lungo termine: «Il 2024 è un anno in cui stiamo gettando le basi per la crescita futura. Stiamo aumentando il ritmo dei miglioramenti nella nostra offerta ai clienti e stiamo eliminando ciò che non rafforza i nostri marchi e non contribuisce alle nostre vendite e alla nostra redditività. [...]Stiamo rafforzando il marchio H&M investendo nei prodotti, nell'esperienza di acquisto e nel marketing e stiamo già vedendo che gli sforzi iniziati stanno avendo effetto». Potremmo riassumere il report a disposizione dicendo, di base, che il brand non è cresciuto né decresciuto a fronte di spese di marketing al rialzo a differenza, poniamo, di Inditex, le cui vendite sono salite del 7,2% a metà anno. Il problema però sembra più complesso: se Zara infatti pare essere riuscita nella sua risalita e dunque compete con brand più high-street come ad esempio COS (di proprietà di H&M), l'azienda svedese si è ritrovata in questi anni a misurarsi contro giganti ancora legati al vecchio concetto di fast-fashion come Shein e Primark. La situazione ora appare più fragile dato che, come racconta il Financial Times, quando a giugno le vendite mensili sono calate del 6% rispetto all’anno precedente, si è verificata una caduta delle azioni del 13%, un chiaro segnale di quanto gli investitori siano nervosi riguardo alla capacità del gruppo di raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati. Considerato che il business in realtà non corre rischi esistenziali, la chiave per la crescita sarò capire in che termini elevare il brand sul mercato.
Uno dei punti critici per il brand è la capacità di distinguersi in un mercato sempre più affollato: i normali basics non bastano più e la vecchia clientela si divide tra l’ultra-fast fashion cinese e il secondhand. Competere sul prezzo con aziende come Shein e Temu non è pensabile, dato che il prodotto ne risentirebbe in termini qualitativi e dunque di desiderabilità, per questo si sta puntando sul prestigio dei design, sul miglioramento del prodotto e sull’esperienza shopping. Lo stesso CEO ha però giustamente notato che “migliorare il prodotto” è una buona idea sulla carta ma la sua implementazione è difficile, dato che non si può trovare una ricetta magica. Lo scorso mese BoF ha parlato proprio di una ristutturazione interna del team di design scrivendo: «Un'importante modifica apportata di recente al team di design è stata la rimozione dei livelli decisionali per facilitare la specializzazione e la collaborazione. Questo cambiamento offre ai team di design e creativi la libertà, la responsabilità e l'autonomia di orientare le collezioni nella direzione che ritengono più opportuna per il marchio, dall'ideazione all'esecuzione». Il pezzo di BoF procede poi a intervistare diversi membri del team creativo, ma senza approfondire in termini pragmatici cosa sia stato cambiato e come: possiamo presupporre che l'ultima collezione autunnale di H&M sia stata la prima a essere il prodotto del “nuovo ordine” portato al brand dal CEO Ervér, che quest’anno è apparso anche da BoF Voices per annunciare la collaborazione con Martens – un’altra asserzione di prestigio.
H&M are re-releasing pieces from their past Designer collabs! pic.twitter.com/ivlgwD6gE8
— Outlander Magazine (@StreetFashion01) October 22, 2024
Il problema centrale rimane comunque nella sfida che H&M si è posta. Il gruppo di H&M calcola i suoi fatturati in milioni mentre Inditex è già arrivata ai miliardi, inoltre ha speso parecchio capitale nell’adeguarsi a un mercato dove i negozi devono essere luoghi sempre più coinvolgenti, dove la concorrenza è agguerritissima e la creatività meno necessaria della capacità di intuire i trend prima degli altri. Quanto tempo ci vorrà a tornare in pari? A fronte di collaborazioni di successo con Mugler e Rabanne e nonostante i periodici problemi che emergono dal lato della sostenibilità (spesso contraddittorie: ad aprile un report ha collegato il cotone di H&M e Zara alla deforestazione in Brasile; a settembre il gruppo ha stretto un patto contro suddetto problema) il problema centrale rimane la percezione. Se, dopo anni di “sonno”, Abercrombie&Fitch è riuscito a riprendersi non senza fatica e nel terzo trimestre dell’anno ha registrato 1,2 miliardi di dollari in vendite, e se tanti altri nomi come Gap o J.Crew stanno provando a risalire la china, H&M resta il retailer dalla situazione più ambigua. Riuscirà a far capire al pubblico che è cambiato?