Elio Fiorucci aveva capito già tutto
Un ripasso della storia del designer prima di visitare la nuova mostra a Triennale Milano
18 Novembre 2024
Questo autunno, Triennale Milano ospita "Elio Fiorucci", una retrospettiva sulla vita e sull'operato di una delle figure più importanti della moda italiana degli anni '70 e '80. Curata da Judith Clark e progettata da Fabio Cherstich, la mostra è suddivisa in otto sezioni, pensate per mostrare tutta la complessità che si cela dietro il progetto di moda del creativo e imprenditore. L’intera esposizione è attraversata dalla sua stessa voce, un progetto reso possibile grazie all'utilizzo di registrazioni inedite.
Come nasce Fiorucci
@ryanyipfashion To be honest, these tiny little moments in fashion history is the most interesting #fiorucci #studio54 #fashionhistory #fashiontiktok #fashiontok #andywarhol ive always loved the Fiorucci angels and a follower of mine told me a few months back, that his dad (?) traded pieces with Fiorucci before Fiorucci got famous, and his dad now has a pre-fiorucci denim jacket with yellow stitiching, crazy piece of history indeed#greenscreen original sound - Ryan Yip
Nato a Milano nel 1935, cresciuto nel negozio di pantofole dei genitori di Porta Venezia, Elio Fiorucci capisce per la prima volta ciò che vuole fare nella vita dopo un viaggio nella Londra dei Swinging 60s. Apre un negozio a Milano dove propone le novità della scena anglosassone e statunitense, al tempo ancora inedite per l'Italia. Con le sue folgoranti intuizioni, Fiorucci è stato un anticipatore di tendenze: ha creato un nuovo modo di vestire che si faceva beffe del perbenismo formale e del conformismo mentale dei primi anni Settanta, scompaginando il guardaroba con la ventata di novità on the road che aveva conosciuto nella capitale inglese. Nel 1970 dà vita a una collezione propria, distinta dai due angioletti vittoriani che sono ancora oggi l'emblema del suo stile.
L'impatto di Elio Fiorucci nel panorama internazionale della moda
Allo stratega del nuovo spetta il merito di avere introdotto nuovi modi di pensare la moda e il consumo. Abolisce il total look (quel modo di vestire con colori in tinta e accessori coordinati, propugnato per esempio da Emilio Pucci) in nome di una libertà che fa rima con divertimento, gioco, sensualità, contaminazione. Il guardaroba Fiorucci ideale era costituito da un'infinità di pezzi intercambiabili, un puzzle in cui vestiti e accessori si trasformano in tessere da mettere insieme con assoluta autonomia, in totale anarchia, per costruirsi di giorno in giorno secondo lo stile personale. Con Fiorucci la moda esce dagli atelier, si ispira alla strada, detronizza i re dello stile per fare diventare ognuno stilista di sé stesso. Colori e grafiche fanno la loro irruzione su felpe, T-shirt e top, come nelle magliette a grosse righe orizzontali bianche e rosse che portano a lettere cubitali il nome del loro autore: una rivendicazione di paternità del tutto inusuale, almeno fino a quel momento, nel settore dell’abbigliamento. Odierna normalità.
La visione di Fiorucci non era circoscritta esclusivamente al mondo della moda, anzi la sua era una visione completa. È stato l’anticipatore dei nostri odierni concept store, come quello di via Torino, inaugurato nel 1974, che includeva non solo abiti ma anche profumi, oggetti vintage, accessori e persino un ristorante, aperto fino alle due del mattino, dove gli hamburger venivano serviti su piatti Richard Ginori. Nel 1976 arriva oltreoceano, aprendo uno store a New York famosamente scelto da Andy Warhol per il lancio della sua famosa rivista Interview. Nel 1984 Keith Haring cambia la facciata dello store di Fiorucci di Milano con un happening di pittura della durata di due giorni e una notte, ripreso da tutte le televisioni. Fiorucci è stato tra i primi a portare in Italia materiali mai usati prima nella moda, a partire dalla plastica, che nel suo store si è trasformata in in divertenti e coloratissime borse, scarpe e bijoux.
Fiorucci, i jeans e la moda inclusiva
@denimandpasta Sapevi che il primo Jeans Stretch è nato grazie a Elio Fiorucci? Una vera rivoluzione nel mondo del denim, che ha reso i jeans non solo più confortevoli, ma li ha anche trasformati in un’icona di stile nel panorama della moda. Da quel momento, il jeans elasticizzato è diventato un must-have irrinunciabile in ogni guardaroba. #fiorucci #eliofiorucci #jeansstrech #skinnyjeans suono originale - Denim and Pasta
Nella storia del costume, Elio Fiorucci è sinonimo di jeans. Li vende a poche migliaia di lire, a supporto di una moda inclusiva, a portata di tutti. Per quantificare la potenza e diffusione del denim Fiorucci nel mondo si può ricordare il momento in cui Bruce Springsteen, durante una mostra al Metropolitan Museum di New York, alla domanda di scegliere un oggetto simbolo della sua personalità consegna la chitarra e i jeans dei due angioletti. Il denim Fiorucci, come le sue visioni, si è evoluto nel tempo: nel 1982 il brand lancia il primo jeans stretch, mescolando lycra e denim per rendere i suoi cinque tasche più aderenti e seducenti. Fiorucci ne ridisegna le forme sull'anatomia femminile per esaltare la forma del fondoschiena, con un'audacia trasgressiva in linea con lo spirito libero degli anni Settanta. Per questo motivo, Playboy lo ha definito un «benefattore della società». Leggendo in anticipo l'arrivo di subculture italiane come i Paninari, il designer ha rappresentato per l'Italia l'ascesa di una giovinezza senza politica, di una lotta al sistema che preferiva parlare con lo stile personale piuttosto che con le proteste. Rappresentava un cuneo di gaiezza, una boccata d'aria fresca che ha lasciato entrare nel Paese superficialità e frivolezza, capaci di non farsi emarginare dalla turbolenza e dal nuovo. Allo stesso tempo, Fiorucci è stato uno dei primi designer che si è esposto apertamente su questioni socio-politiche come il proletariato di massa, la guerra e ancora il terrorismo. Insomma, molto più che angeli e jeans.