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Secondo la nuova classifica di Lyst i consumatori sono stufi del lusso

Nel nuovo ranking trimestrale, le novità sono parecchie

Secondo la nuova classifica di Lyst i consumatori sono stufi del lusso  Nel nuovo ranking trimestrale, le novità sono parecchie

Difficilmente nella classifica trimestrale di Lyst appaiono cambiamenti sismici: capita più spesso che la geografia della moda descritta dal report muti piano piano, un po’ come succede in natura. Non è stato così nell’ultimo trimestre. In primo luogo perché, anche di fronte a una Top 3 stabile che ha visto Miu Miu tornare in testa scambiandosi di posto con Loewe, il lusso propriamente detto e i brand del blocco LVMH e Kering hanno perso visibilmente terreno; in secondo luogo perché una frotta di nuovi player è entrata di prepotenza in classifica. L’ingresso più sorprendente è sicuramente Alaïa, che con un enorme salto di 12 punti è il quinto brand in posizione e un aumento delle ricerche del 51%. Nuovi ingressi sono anche Toteme, Victoria Beckham, Ralph Lauren e Chloé. Un altro brand già presente ma che ha fatto un gran balzo è Coach, che grazie alla sua proposta di lusso accessibile sta accelerando la crescita della sua reputazione e (presumiamo) delle vendite. Secondo Lyst, inoltre, c’è stato un aumento del 109% delle vendite per i brand “premium contemporary” ovvero marchi giovani e alternativi al lusso tradizionale rappresentati da tre brand (non presenti in classifica) come NN.07, Stone Island ed Entire Studios. Positivi sono anche i dati per Gucci e Valentino, unici brand di grandi gruppi in risalita, mentre Balenciaga, Versace, Moncler e Louis Vuitton hanno tutti perso il proprio posizionamento scivolando in giù nella classifica. Ottima invece la performance di The Row che è salito di sette posizioni, forte di un nuovo negozio a Parigi e nuovi e importantissimi finanziatori.

Interessante, per una sommaria diagnosi dei consumi, la classifica dei prodotti più cercati: a fronte di prodotti di lusso come le ballerine di Alaïa e la borsa Arcadie di Miu Miu, il resto della classifica è dominato dalla categoria del lusso accessibile. Le Speedcat di Puma e le Wallabee di Clarks Original, le borse di Coach e Longchamp, tutte sotto i 600€; i biker boots di Ganni, gli occhiali da sole Tom Ford e i pantaloni di The Frankie Shop. L’item più costoso è una giacca di Toteme da 730€, cifra con cui ci si può permettere al massimo un paio di jeans da un brand di lusso – se si è fortunati. Al di là di alcuni punte di diamante, dunque, sembrerebbe che gli item che il pubblico globale di moda vada cercando non siano più prodotti di lusso ma provengano invece da brand relativamente nuovi o comunque che sono stati rivitalizzati di recente e che propongono prodotti di qualità ma a prezzi tutto sommato accessibili. Il dato è abbastanza sorprendente nella categoria delle borse: se quella di Miu Miu rimane l’unico esempio di borsa di lusso propriamente detto in classifica, la presenza della Brooklyn di Coach e della Pliage di Longchamp testimonia che la clientela ha iniziato a trovare valide alternative a quelle che dieci o venti anni fa avrebbe potuto acquistare risparmiando un po’, magari per un’occasione speciale. Secondo Lyst la Gen Z ha giocato un ruolo in questo sommovimento causato, in breve, dalla loro “mano invisibile” che con un processo lento e collettivo sposta le priorità della richiesta.

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Che considerazioni trarre, dunque, dalla classifica del terzo trimestre? Il quadro dipinto è quello di un’industria del lusso in stato di profonda transizione, le cui correnti portano in alto i brand capaci di rompere la barriera che separa l’aspirazionalità dei social dalla concretezza degli acquisiti – una barriera che per molti brand tradizionali sembra sempre più difficile da abbattere. Il lusso tradizionale, appesantito dai suoi prezzi, sta perdendo presa sul pubblico. Non aiuta il fatto che le maison di lusso non siano apparse in grado di dimostrare, non tanto la loro eccellenza, quanto la loro superiorità a brand come Coach, Ganni o Toteme ma anche The Frankie Shop: è tutto lo stesso cotone, la stessa pelle, lo stesso scamosciato – nulla, oltre al branding, giustifica una spesa tanto proibitiva quanto quella richiesta dal lusso e dunque, in risposta, le preferenze e le curiosità dei clienti si spostano e premiano altri produttori e soprattutto altri prodotti. Questo, comunque, è solo il primo tempo del match: la partita più dura si giocherà nei tre mesi finali dell’anno, quelli di Natale, dove tutti i brand grandi e piccoli cercheranno di conquistare la porzione più larga possibile di consumatori.