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Anche Samuel Ross collaborerà con Zara

L’esodo dei creativi della moda verso il fast fashion prosegue

Anche Samuel Ross collaborerà con Zara L’esodo dei creativi della moda verso il fast fashion prosegue

Dopo aver venduto la sua quota in A-Cold-Wall a febbraio a Tomorrow Ltd, Samuel Ross ha annunciato che la sua prossima partership sarà con Zara, che porterà Ross nel roster di collaboratori illustri del marchio fast fashion la cui più recente aggiunta era stata Stefano Pilati, recentemente approdato con una sua collezione nel brand spagnolo. Questi accordi rappresentano interessanti dinamiche del mercato: al di là dell’ovvio riposizionamento sul mercato cercato da Zara legandosi a nomi “alti”, c’è anche la crescente tendenza di designer resi per un modo o l’altro periferici dall’industria della moda che provano a rilanciarsi o ad aprire nuove fasi della propria carriera affidandosi ai consumer brands della grande distribuzione. Dopo la separazione da A-Cold-Wall, infatti, Samuel Ross ha trascorso un periodo concentrandosi su progetti artistici e consulenze, come quella per Beats by Apple prima di lanciare una nuova linea di menswear, SR_A, che sarà ora la protagonista del lancio co-firmato con Zara per release continuative bi-annuali di nome SR_A Engineered by Zara. Questi accordi, come si diceva, riflettono la strategia di Zara di rilanciarsi verso un pubblico che desidera un’estetica premium, pur mantenendo prezzi bassi. Zara, da parte sua, sta spingendo verso un rebranding che l’ha portata a competere più direttamente con nomi prestigiosi come quelli del gruppo LVMH, cavalcando il desiderio dei consumatori di massa di avere capi esclusivi e di qualità a prezzi accessibili. La strategia, di base, si muove sulla stessa falsariga impostata anni fa da NikeLab che creò una linea di sole collaborazioni con creativi di alto profilo per inserirsi in un segmento high-end da cui era, anche reputazionalmente, esclusa.

Se ci si pensa bene, infatti, un cliente abituale di Zara può recarsi in negozio a vedere cosa c’è di nuovo sapendo che, due o tre volte l’anno, potrà trovare un capo più “firmato” o particolare degli altri in un’edizione limitata, fidelizzandosi. Inoltre le collaborazioni con designer di alta moda, come anche Clare Waight Keller che ora è direttrice creativa di Uniqlo, aiutano Zara e altri colossi del fast fashion a elevare la propria immagine, rendendo più fluido il confine tra lusso e moda accessibile e avvicinandosi alle aspettative dei clienti più giovani (che ormai includono anche i professionisti trentenni e non solo studenti universitari) che a oggi si ritrovano del tutto esclusi dal mercato della moda di lusso convenzionale a causa di prezzi assolutamente proibitivi. Designer come Pilati e Ross hanno indubbiamente una visione innovativa e ben definita che può rivelarsi estremamente attraente per i consumatori di fast fashion che cercano qualcosa di diverso dai soliti capi “usa e getta.” Ed è indicativo che le collaborazioni, oggi, sembrino aver superato l’idea del lancio limitato e occasionale per trasformarsi in un modello di business in cui le contaminazioni di stile rappresentano un’opportunità continua e duratura. Per il fast fashion, questo tipo di operazione contribuisce a ridefinire il significato di lusso accessibile, offerto a un pubblico più ampio ma con standard qualitativi che riflettono, almeno in parte, l’estetica e l’approccio dei grandi nomi del design contemporaneo.

Queste partnership non rappresentano solo un vantaggio per i marchi di fast fashion, ma riflettono anche un fenomeno interessante: il recupero dei creativi che, a causa della crescente competitività e della selettività del settore del lusso, si sono trovati esclusi o relegati ai margini di esso. Samuel Ross ha conosciuto una grande fama durante l’era di Virgil Abloh, di cui era un “discepolo”, ma l’implosione della bolla streetwear avvenuta dopo la morte del designer ha trascinato lui e A-Cold-Wall lontano dall’epicentro della moda; e così è stato anche per Clare Waight Keller che invece dopo i suoi pochi anni da Givenchy, a causa di vendite bassa, è stata messa alla porta e lo stesso in fondo è successo a Stefano Pilati che, oltre a al piccolo progetto personale Random Identities, non collabora con un grosso brand dal 2016 eccettuati saltuari camei nella moda istituzionale come il suo lavoro con Fendi e la sua apparizione allo show di Louis Vuitton. Con l’ascesa di nuove priorità di mercato, molti designer, pur avendo uno stile e una creatività indiscutibili, hanno trovato difficoltà a mantenere un proprio spazio stabile nel lusso, un settore in cui l’innovazione va di pari passo con una domanda estremamente variabile. Per i brand di fast fashion, collaborare con questi designer rappresenta un’opportunità di differenziarsi rispetto alla concorrenza, offrendo al contempo una vetrina ai creativi che hanno saputo portare la propria visione nel mondo del lusso ma che potrebbero aver perso rilevanza in un contesto così instabile.