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Cos'è il "luxury shame" e perché spaventa la Cina

Una crisi che nasconde una trasformazione più profonda, ideologica persino

Cos'è il luxury shame e perché spaventa la Cina Una crisi che nasconde una trasformazione più profonda, ideologica persino

Il “luxury shame” è un fenomeno socio-culturale in cui le persone appartenenti alla classe medio-alta, durante periodi di crisi economica, tendono a vergognarsi di mostrare i propri beni materiali per paura di essere giudicate negativamente da chi ha minori risorse economiche. Questo fenomeno è stato inizialmente identificato durante la crisi finanziaria del 2008 negli Stati Uniti, quando i ricchi cercavano di attirare il meno possibile l’attenzione su di loro. In Cina, il luxury-shame ha iniziato ad addentrarsi nel discorso popolare del paese lo scorso maggio, dopo che il governo di Pechino ha preso una forte posizione per contrastare l’ostentazione del lusso, sia sui social che offline. Nella stessa settimana, influencer come Wang Hong Quanxing (soprannominato il “Kim Kardashian cinese”), Baoyu Jiajie e Bo Gongzi sono stati oscurati su Douyin e XiaoHongShu (rispettivamente le versioni cinesi di TikTok e Instagram) per aver focalizzato i loro contenuti sull'opulenza. Una notizia abbastanza scioccante per la maggior parte degli utenti della rete, dato che questi creator erano tra i nomi più seguiti della scena social cinese. Allo stesso tempo, però, il quotidiano Beijing News ha riportato che le ragioni del Partito erano ben fondate, sostenendo che «una volta che il materialismo inizia a diffondersi, può avere una cattiva influenza sugli adolescenti. Perciò, questa tendenza al lusso su Internet deve essere fermata.» E sebbene non si sia totalmente fermato, nel 2024 il lusso in Cina sta vivendo un forte momento di crisi, le cui cause sono molteplici. Tra i principali fattori non si possono ignorare quelli macroeconomici: inflazione, crisi immobiliare e del lavoro e una generale riduzione della spesa globale. Le persone, ovunque, faticano a spendere come una volta, specialmente per beni di lusso. Ma se in Occidente la disoccupazione è una questione cruciale da anni, in Cina è diventata una problematica recente. Dopo 30 anni di boom economico, il Paese si trova per la prima volta a fronteggiare una grave crisi occupazionale tra i giovani sotto i 40 anni. In un contesto in cui i brand di alta moda hanno puntato fortemente sulla clientela cinese, il “luxury shame” riuscirà a dettare le nuove regole del mercato? La Gen-Z potrebbe giocare un ruolo chiave in questo cambiamento.

@danstravelguide Online influencers known for their luxurious lifestyles are disappearing from Chinese social media amid a government crackdown on conspicuous displays of wealth. The accounts of multiple users who posted about their luxurious lifestyles are blocked #china #socialmediaban #news #breakingnews Quirky Suspenseful Indie-Comedy(1115050) - Kenji Ueda

Con la morte della logomania e dello streetwear e l’ascesa del quiet luxury, i trend nei comportamenti dei consumatori sono cambiati. Se un tempo in Cina il monogramma era un simbolo imprescindibile di ricchezza, ora il Paese ha abbracciato la semplicità e l’eleganza dell’ “if you know, you know”. Aaron Lau, fondatore e CEO di Gusto Collective, società specializzata in brand-tech e marketing, ha affermato che i clienti sono diventati più attenti e selettivi, indirizzandosi verso marchi che offrono un valore riconoscibile e duraturo. I grandi gruppi di lusso nell’ultimo anno hanno registrato gravi perdite nel mercato cinese: Kering e LVMH hanno rispettivamente registrato un calo del 25% e del 14%. Molti dei brand dei due mega-gruppi del lusso sono stati al centro dell’attenzione durante la crisi dei direttori creativi di quest’ultimo anno, influenzando la già scarsa stabilità creativa. Tuttavia, il dato è in contrasto con le due “power-house” del lusso, Hermès e Chanel, che, continuando imperterrite nella loro visione storica, la loro ascesa in Cina. Mentre Gucci aveva riportato un calo del 28% nelle vendite nel Paese, Chanel ha registrato una crescita a due cifre in Asia, pianificando un’espansione di negozi e flagship in tutta la regione. La ragione? Come riportato sui social media cinesi, la Gen-Z del dragone d’oro è diventata meno incline a spendere i propri risparmi su articoli di tendenza, preferendo investire in pezzi che mantengono il loro valore nel tempo

Gracie Chen, ex fashion editor di Hypebae China, ha dichiarato che «la Gen Z cinese si sta orientando verso uno stile più rilassato e sobrio, allontanandosi dall’opulenza», lasciando intendere che l’interesse verso il lusso non è sparito, ma sta semplicemente mutando forma. Brand come The Row, Jil Sander, Lemaire e Bottega Veneta nell’ultimo anno hanno ricevuto un boom di popolarità sul territorio cinese; infatti, Bottega Veneta, nel 2023, ha aumentato le vendite in-store del 5% grazie alle performance nel mercato cinese. Sui social media, i trend riflettono chiaramente questo cambiamento: l'hashtag #quietluxury ha accumulato più di 16 milioni di visualizzazioni su XiaoHongShu. Gli utenti, tra outfit del giorno e ispirazioni di stile, mostrano come vestirsi in maniera semplice ed elegante, pur investendo in brand di lusso. Un altro trend ultra-popolare nell’ultimo anno, sempre nel macro ombrello del quiet luxury, è lo “stile rilassato da ragazza bianca” (“白女松弛感”), dove i netizens del Paese di Mezzo hanno iniziato a romanticizzare la tipica ragazza occidentale, con activewear di nicchia per andare a fare pilates, smoothie in mano e una borsa semplice ma neutra. Un look che va a contrastare la tradizionale ostentazione del lusso rappresentata da marchi come Dior e Louis Vuitton. Secondo Antonin Ficatier, Editorial Director di YPulse, compagnia focalizzata sulle ricerche di mercato, «la Gen Z cinese è più incline a investire in esperienze e oggetti che portano gioia, piuttosto che in beni di lusso vistosi».

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È inutile negare che questo cambiamento sia stato influenzato dalle misure di Pechino; infatti, molti individui ad alto patrimonio netto stanno preferendo lasciare la Cina continentale per investire e migrare nelle economie forti di Singapore o del Giappone, ma anche nelle aree del sud-est asiatico con grande potenziale nel lusso, come la Thailandia. Allo stesso tempo, però, il panico intorno al “luxury shame” e alla crisi del lusso in Cina sembra sempre più fondato su un’ansia momentanea, dato che seppur lenta il mercato cinese continua a registrare una crescita annuale. Trovare la strategia giusta per i brand di lusso resta un terno al lotto: c’è chi preferisce andare sul sicuro e chi, in un momento di tale insicurezza, punta sull’all-in.