L'oppressione dell'opulenza secondo la SS25 di ERD
Henri Alexander ci racconta la genesi della collezione
02 Ottobre 2024
La gabbia, come metafora dell’alienazione che anima il singolo nel desolante panorama postmoderno, è un tema che ha fatto ingresso nell’immaginario di Henri Alexander già da qualche mese. Un simbolo che si è trasformato per ben presto in ossessione nella mente del designer di Atlanta, che ha scelto di trasformare la sede parigina della casa d’aste più rinomata al mondo (Sotheby’s) nel set di The Experiment, installando una serie di gabbie - una versione della semplificata della “stainless steel (synthesizer) prison unit” lanciata dal brand lo scorso marzo - per presentare la collezione SS25 di Enfants Riches Déprimés. Tra opulenza e oppressione, cuciture grezze e costumi d’epoca, un gioco di contrasti borderline ha dato voce al controsenso più esplicito generando una sorta di perverso cortocircuito: ragazzi ricchi che criticano il capitalismo tramite abiti che solo ragazzi altrettanto ricchi possono permettersi. Della collezione, in una stanza dai muri in marmo dai toni violacei e moquette color crema, Alexander ha detto: «Tutto per me è molto personale. Le mie collezioni sono personali, le mie collezioni sono emotive. Riguardano ciò che sto attraversando. Scelgo tutto giorno per giorno mentre lavoro alla collezione, creo qualcosa, aggiungo, modifico, capisco che mi serve qualcos'altro. La mia ossessione del momento, qualunque cosa mi ossessioni in quel periodo, si manifesta nella collezione».
Mentre nelle rispettive gabbie, guardie fittizie rasavano le teste dei prigionieri, la collezione alternava completi sartoriali dal taglio strutturato, giacche napoleoniche, gilet e loden a maglie in lamé e shorts inguinali, accompagnati da guanti in latex e scaldamuscoli, cravatte sdrucite e bracciali in pelle. La pelle, in tutte le sue sfaccettature, si fa portavoce di questa macabra esplorazione dell'assimilazione forzata, del rifiuto e dell'oppressione silenziosa che sottende l'esistenza moderna. Trench realizzati sovrapponendo cinture dai tintinnanti cinghie d’argento hanno lasciato spazio al feticismo delle tute intere, un gioco di dominazioni culminato con un omaggio a Secretary di Steven Shainberg, in cui una giovanissima Maggie Gyllenhaal con entrambe le mani ammanettate a un'asta, deve servirsi delle sue sole labbra per svolgere le sue mansioni d’ufficio. Per arricchire la narrativa o forse per confonderci ancora di più in un gioco fittissimo di reference, giovani baronetti dal viso volutamente emaciato sfilano nelle loro culotte sdrucite dai toni pastello, una abito celeste abbinato a scarpette a punta evoca la corte punk di Maria Antonietta targata Sofia Coppola. Si aggiungono un vestito in seta color crema, con dettagli di lingerie trompe d’oeil, abbinato alle vertiginose platform ormai caratterizzanti del brand. Una gabbia più piccola, questa volta indossata al polso di una delle modelle, ha traportato un topo vivo, prima di cedere la scena a Renata Litvinova, attrice e regista russa, volto noto della moda e amica intima dei fratelli Gvasalia e Lotta Volkova, in un avvolgente abito nero in seta drappeggiato.
Alexander, interrogato se ci fosse un significato più letterale e autobiografico dietro all’uso estensivo delle gabbie nella costruzione della narrativa attorno alla collezione, risponde con una risata: «Penso che il mio brand sia davvero basato sulla repressione, ma non faccio necessariamente le cose per qualche significato nascosto. Come artista, non è il mio metodo. Ho una sensazione che mi spinge a fare qualcosa e lavoro esclusivamente seguendo l'istinto. Sono sicuro che ci potrebbe essere una sorta di esplorazione psicoanalitica». Di una cosa possiamo essere certi: il designer ha saputo sublimare un passato fatto di collegi svizzeri e centri di disintossicazione in un immaginario per “punk elitari” che negli anni si è arricchito di giacche da motociclista DIY da 7.000 dollari, maglioni con illustrazioni decadenti di Lou Reed o personaggi di Les Miserables di Hugo, tee strappate con lo stemma Le Rosey e pacchetti di Parliament Lights. Oggi, il brand e Alexander stesso hanno acquisito una consapevolezza ulteriore, non solo spingendo il design verso una maestria sartoriale sempre più elevata, ma costruendo una narrazione lucida attorno ai temi che hanno, sin dal principio, stabilito i riflettori sul progetto. Il lavoro di ERD mette in discussione la schiavitù autoimposta che intratteniamo nella nostra ricerca di autonomia e successo, creando una collezione che è una metariflessione sui falsi idoli che animano la nostra spasmodica ricerca di autodeterminazione. Dopotutto tra le sue ossessioni Alexander non cita solo le gabbie, ma la loro negazione sistematica, parla di anarchia.